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Report dal seminario “La Palla Di Neve” – Milano, 25 Novembre 2017

Il seminario La palla di neve ha affrontato il tema della depressione in persone autistiche, attribuibile al sentirsi rifiutati, svalutati o non rispettati

Di Ilaria Cosimetti

Pubblicato il 30 Nov. 2017

Il 25 novembre, a Milano, David Vagni, dottore in Fisica e Psicologia e Vicepresidente di Spazio Asperger Onlus, ha tenuto un seminario sulla depressione nella popolazione autistica (Asperger o Autismo Lieve).

 

Il titolo scelto, “La palla di neve”, è una metafora della traiettoria di sviluppo che un bambino con autismo segue nel diventare adulto: così come una palla di neve in discesa libera si carica di altro materiale e accresce il suo volume, anche un autistico nel suo percorso di crescita trascina con sé non solo quanto dettato dal suo background genetico, ma anche gli influssi dell’ambiente che lo circonda e le risposte elicitate dal suo stesso comportamento. In tal senso lo sviluppo di sintomi ansiosi, o di veri e propri disturbi dell’umore o di personalità, può essere facilitato da un contesto di per sé poco accettante e facilitante quanto da comportamenti da parte della persona autistica che generano ulteriori feedback negativi da parte dell’ambiente.

Caratteristiche come l’ impulsività, la rigidità cognitiva e una marcata difficoltà di regolazione emotiva, molto diffuse nella popolazione autistica, rendono più complicato adattarsi ad un contesto sociale generatore spesso di feedback negativi con il conseguente rischio di sviluppo di patologie psicologiche secondarie.

Vagni porta tutti a riflettere sul delicato passaggio alla vita adulta, come momento critico nella vita di un autistico. Pur non escludendo la possibilità che in alcuni casi questo periodo della vita apra la porta ad un’evoluzione positiva in termini di benessere psicologico, il più delle volte costituisce la perdita di importanti fonti di rassicurazione: l’allontanamento da casa comporta il rinunciare a molte comodità e il doversi confrontare con molte persone sconosciute e la fine del percorso di studi impone di reinvestire le risorse prima destinate alle abilità accademiche in competenze sociali sempre più articolate. Non è difficile immaginare come tutto ciò costituisca una possibile fonte di stress.

Buona parte del seminario viene poi dedicata al tema del bullismo, dal momento che il 95% dei ragazzi autistici è vittima di prese in giro proprio per le caratteristiche tipiche della loro condizione, peculiarità che li rendono tra l’altro vittime ideali per la loro difficoltà di decifrare le intenzioni altrui, di riconoscere le responsabilità individuali in un contesto sociale complesso e di conseguenza saper riportare fedelmente un evento di bullismo.

Alta è anche la percentuale di autistici che hanno sofferto di depressione in adolescenza o in età adulta: circa ⅔ ha manifestato, attraverso modalità peculiari, tra cui per esempio il cambiamento nell’interesse assorbente o intense reazioni di rabbia, sintomi compatibili con una diagnosi di depressione.

Le ragioni di questa alta incidenza sono verosimilmente attribuibili al sentirsi socialmente rifiutati, svalutati o non rispettati, il ritrovarsi spesso mentalmente esausti a seguito degli sforzi che la vita sociale impone loro, l’interiorizzazione di maldicenze, la resistenza al cambiamento, la fatica nel tollerare esperienze sensoriali specifiche e una certa difficoltà nel proteggersi dal contagio emotivo. A tutto ciò può aggiungersi una difficoltà di riconoscimento dei propri stati emotivi se non quando particolarmente intensi e una scarsa padronanza dei meccanismi di riparazione emotiva.

Dopo questa panoramica sulle caratteristiche che assume la depressione negli autistici, Vagni introduce molto sommariamente le caratteristiche della psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) adattata a questa specifica popolazione, descrivendola nelle sue fasi principali, dalla valutazione della natura del problema, attraverso l’educazione affettiva, fino alla ristrutturazione cognitiva, raccomandata solo per i “più razionali”, e alla promozione di un cambiamento comportamentale che permetta di gestire costruttivamente la propria emotività. Viene ovviamente sottolineata l’importanza di adattare la terapia al profilo cognitivo specifico del paziente, con particolare attenzione al grado di alessitimia, al profilo linguistico e sensoriale.

Da psicoterapeuta cognitivo-comportamentale avrei desiderato un approfondimento maggiore riguardo alle tecniche e strumenti specifici per indagare e gestire i disturbi dell’umore quando associati a una condizione autistica ma per soddisfare questa curiosità pare dovrò attendere maggio 2018 per il prossimo evento formativo sul tema a Roma.

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