Una recente concettualizzazione dell’ anoressia nervosa considera le preoccupazioni riguardanti cibo, peso e corpo come una ruminazione specifica del disturbo, focalizzata sul controllo dell’alimentazione, del peso e delle forme corporee, piuttosto che un’esperienza di ampio significato emotivo (Park et al. 2011). Questo suggerirebbe che la ruminazione giochi un ruolo importante nel mantenimento dell’anoressia, in quanto l’esclusivo focus mentale su cibo e alimentazione potrebbe associarsi ad un’emotività meno rilevante.
Ruminazione ed evitamento: i fattori di mantenimento dell’anoressia nervosa
L’assenza di trattamenti evidence-based per il trattamento dell’anoressia nervosa in tarda adolescenza ed età adulta è uno dei maggiori problemi nel campo dei disturbi alimentari. Sebbene le terapie familiari abbiano mostrato buoni risultati nel trattamento di giovani adolescenti, questo approccio è solitamente raccomandato per soggetti entro i 17 anni. Alcuni studi identificano la terapia cognitivo comportamentale (CBT) come trattamento utile nel prevenire ricadute tra i soggetti anoressici che hanno raggiunto il normopeso. Tuttavia, alcune ricerche mostrano che la CBT non sia il trattamento di elezione nel trattamento degli individui sottopeso ( Carter et al., 2009; Pike et al., 2003; McIntosh et al., 2005).
Per poter sviluppare trattamenti efficaci sembra indispensabile identificare gli elementi centrali che alimentano e mantengono il disturbo di anoressia nervosa.
La ruminazione è una strategia di evitamento cognitivo che si ritrova in molti disturbi psicologici e psichiatrici. Viene definita come una forma negativa di attenzione focalizzata su di sé, caratterizzata da passività. E’ una modalità di pensare improduttiva, in cui le problematiche presenti vengono analizzate in modo grossolano, globale e catastrofico, che quindi non consente la predisposizione di un piano di risoluzione e azione concreto.
Si rileva con elevata frequenza negli stati depressivi, dove la ruminazione prende la forma di pensieri sulle cause, sui sintomi e sulle conseguenze del proprio stato depressivo, inferendo con l’esperienza diretta di informazioni emotivamente rilevanti e con l’adozione di risposte efficaci.
I criteri diagnostici dell’anoressia nervosa evidenziano il ruolo svolto dalla preoccupazione rispetto al cibo, al peso e alle forme corporee nell’esordio e mantenimento del disturbo. Gli studi comportamentali e di neuroimaging sostengono questo concetto, dimostrando che i soggetti con attuale o trascorsa anoressia nervosa mostrano dei bias attentivi ed un’elevata vigilanza agli stimoli relativi all’alimentazione e al corpo (Brooks et al., 2011; Giel et al., 2011)
Una recente concettualizzazione dell’anoressia nervosa considera le preoccupazioni riguardanti cibo, peso e corpo come una ruminazione specifica del disturbo, focalizzata sul controllo dell’alimentazione, del peso e delle forme corporee, piuttosto che un’esperienza di ampio significato emotivo (Park et al. 2011). Questo suggerirebbe che la ruminazione giochi un ruolo importante nel mantenimento dell’anoressia, in quanto l’esclusivo focus mentale su cibo e alimentazione potrebbe associarsi ad un’emotività meno rilevante. Dal momento che i soggetti con anoressia nervosa tendono ad evitare le esperienze emotive e hanno difficoltà nel tollerare le emozioni, l’effetto “collaterale” della ruminazione, che occupa totalmente la loro attività cognitiva, impedendo l’accesso a contenuti emotivi, può agire da rinforzo positivo, mantenendo il disturbo alimentare (Hambrook et al.,2011).
Anche gli altri sintomi dell’anoressia (come i comportamenti di compensazione e l’eccessivo esercizio fisico) vengono visti come elementi facilitanti l’evitamento emozionale, in quanto, da un lato, prevengono l’insorgere di emozioni negative e, dall’altro, riducono l’intensità e la durata delle reazioni emotive.
La mindfulness per il trattamento della ruminazione e dell’evitamento
La controparte adattiva della ruminazione e dell’evitamento esperienziale è la mindfulness, definita come la capacità di entrare in contatto con il momento presente in maniera accettante e non giudicante. Questa modalità alternativa di prestare attenzione alle informazioni relative al corpo e al sé potrebbe essere parte fondamentale del processo di guarigione dall’anoressia nervosa. Già precedenti ricerche mostrano una relazione inversa tra mindfulness e pensieri correlati al disturbo alimentare (Lavender et al., 2011). Si ricorda che le pratiche mindfulness sono state incorporate tra le terapie cognitivo comportamentali di terza generazione, come la Emotion Acceptance Behaviour Therapy (Wildes et al., 2010), la Dialectical Behaviour Therapy (Palmer et al., 2003), e la Mindful Eating o Mindfulness Based Eating Awareness Training (Kristeller et al., 2010).
Il trattamento della ruminazione, considerato parte integrante del processo di trattamento dell’anoressia nervosa, dovrebbe prevedere lo sviluppo di uno stile cognitivo più adattivo e accettante, o una modalità esperienziale della mente, che possa ridurre l’evitamento cognitivo associato con la psicopatologia del disturbo alimentare e implementare tratti mindfulness nel corso del tempo. A sostegno di queste ipotesi, è stato dimostrato che classi di yoga e movimenti mindfully, possono incrementare la mindfulness e ridurre l’evitamento e la psicopatologia del disturbo alimentare (Carei, Breuner, & Fyfe-Johnson, 2007; Rawal et al., 2009; Wildes et al., 2010).
In aggiunta, vi sono iniziali prove di evidenza a sostegno di altri interventi psicoterapeutici di terza generazione, come l’uso della Dialectical Behavior Therapy o dell’Emotion Acceptance Behaviour therapy, che combinano interventi comportamentali standard con tecniche di consapevolezza emotiva al fine di ridurre l’evitamento esperienziale, che potrebbero rivelarsi utili strumenti nel trattamento dell’anoressia nervosa (Palmer et al., 2003;Wildes et al., 2010).