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Differenze di genere nelle credenze sulle proprie abilità matematiche: l’influenza sulle scelte accademiche

Secondo un recente studio le ragazze si valutano meno dotate dei ragazzi in ambito matematico, anche in assenza di reali differenze nelle prestazioni

Di Ilaria Loi

Pubblicato il 03 Mag. 2017

Le ragazze hanno la tendenza a valutare le proprie abilità matematiche come inferiori rispetto a quelle dei ragazzi, influenzando il successivo percorso scolastico.

 

Le ragazze valutano se stesse come notevolmente meno dotate dei ragazzi per quanto riguarda le competenze di tipo matematico, anche in assenza di reali differenze a livello delle prestazioni e dei punteggi ottenuti ai test.

Questo è quanto emerso da un recente studio svolto da Perez-Felkner e collaboratori della Florida State University, che si sono chiesti se le differenze nelle credenze possedute da maschi e femmine circa le proprie abilità matematiche potessero essere alla base delle discrepanze di genere rilevate per quanto riguarda la scelta di carriere accademiche di tipo scientifico (ad es. scienze fisiche, ingegneria, matematica, informatica).

Per quanto negli ultimi anni le donne abbiano generalmente oltrepassato gli uomini sia per quanto riguarda il numero di iscrizioni universitarie sia per quanto riguarda il conseguimento effettivo della laurea, questo non risulta essere valido per un ristretto gruppo di facoltà scientifiche, ancora fortemente, e quasi esclusivamente, a prevalenza maschile (DiPrete & Buchmann, 2013).

L’idea generale, tuttora in auge, è che questa discrepanza sia data da un’effettiva minore abilità femminile nel campo delle scienze fisiche o naturali, ma Perez-Felkner e collaboratori hanno notato che, anche mantenendo costanti le variabili inerenti i punteggi ai test sulle abilità matematiche, i ragazzi continuavano a valutare se stessi come più abili, mentre le ragazze come meno abili di quanto non fossero in realtà. Sembrerebbe, quindi, che in generale i ragazzi siano più sicuri di sé quando si tratta di avere a che fare con ambiti matematici impegnativi e stimolanti di quanto non lo siano le ragazze parimenti abili. Più nello specifico, sembra che i ragazzi valutino se stessi il 27% più abili delle ragazze.

In aggiunta, dalle analisi dei dati raccolti, è stato possibile notare come solo il 4.7% delle femmine sembri essere intenzionata ad intraprendere una carriera accademica di tipo scientifico, a fronte del 14.9% della popolazione maschile. Il tasso di intenzionalità femminile, inoltre, è risultato essere correlato alla valutazione delle proprie abilità data dalle ragazze all’inizio delle superiori: a valutazione negativa corrisponderebbe una percentuale di probabilità di intraprendere carriere scientifiche molto bassa (4.7%), mentre, al contrario, a valutazione positiva corrisponderebbe una percentuale più alta, per quanto però questa resti in ogni caso inferiore a quella dei maschi, anche di quelli che si percepiscono come poco portati per la matematica (5.6% per le femmine con percezione positiva vs. 6.7% per i maschi con percezione negativa; 19.1% per i maschi con percezione positiva).

Gli autori hanno potuto valutare il livello di abilità percepita utilizzando i dati provenienti da un precedente studio longitudinale che aveva coinvolto un totale di 16,200 ragazzi provenienti da 750 diversi licei americani a partire dal secondo anno di scuola superiore fino a due anni dopo il diploma, per una durata totale di sei anni di indagine empirica. Tra il secondo e l’ultimo anno di liceo, ai ragazzi partecipanti era stato chiesto di valutare il proprio grado di accordo con affermazioni inerenti la possibilità che tutti possano divenire abili in matematica (definita come growth mindset, ovvero la convinzione che non sia un’abilità innata, ma che si possa imparare) e la certezza di poter capire anche gli argomenti matematici più complessi (Education Longitudinal Study, ELS, Ingels et al., 2014). Perez-Felkner e collaboratori, per la propria ricerca, hanno in seguito selezionato, a partire dai dati dell’ELS, un campione di 4,450 ragazzi che, nei due anni successivi a quello del diploma, si erano iscritti ad un corso di laurea postsecondario.

All’interno della letteratura scientifica sono da tempo presenti evidenze circa le implicazioni a lungo termine che le credenze sulle proprie abilità, ed in particolar modo su quelle matematiche, possono avere sugli studenti e sul tipo di scelte da loro intraprese. Già uno studio degli anni ’90 aveva messo in evidenza come le ragazze avessero la tendenza a valutare le proprie abilità matematiche in modo più negativo di quanto non facessero i ragazzi e come questo avesse delle ricadute sulle successive scelte accademiche (Correll, 2001). Secondo questa ricerca questo sarebbe causato da un meccanismo di tipo culturale per il quale le credenze stereotipiche su ipotetiche differenze di genere influenzerebbero la percezione delle singole persone circa le proprie abilità, indipendentemente dal reale livello di tali abilità.

A proposito della propensione per i domini più scientifici, infatti, la matematica viene comunemente vista come un ambito prettamente maschile (ad es. Hyde et al., 1990a) e questo scoraggerebbe la maggior parte della popolazione femminile dall’intraprendere carriere accademiche quali matematica, scienze o ingegneria, perché non sufficientemente portate, per quanto le evidenze circa una reale differenza di genere in tali abilità siano pressoché nulle (Hyde et al., 1990b). Inoltre, Perez-Felkner e collaboratori hanno anche notato che se da un lato i maschi verrebbero generalmente incoraggiati fin dalla più tenera età a ricercare e perseguire le sfide, contemplando anche il rischio di un potenziale fallimento, dall’altro le femmine verrebbero sollecitate a ricercare la perfezione e ad adeguarsi a standard culturali molto più ristretti, scoraggiando ulteriormente la possibilità di intraprendere percorsi per i quali la società non le giudica abbastanza abili e, di riflesso, per i quali non giudicano se stesse abbastanza abili.

In generale, quindi, questo tipo di credenze di genere circa le proprie abilità risulta essere sufficientemente forte e pervasivo da influenzare la scelta di quali corsi di matematica e scienze intraprendere al liceo, la scelta di quale università sulla base della difficoltà delle facoltà scientifiche e anche il grado con cui gli studenti dichiarano di voler intraprendere e perseguire tali facoltà scientifiche, anche in ottica di future carriere. È così possibile che anche le ragazze tra le più dotate scelgano di non intraprendere un certo tipo di percorso scolastico e professionale solo perché considerato “maschile”.

Secondo gli autori, per poter ovviare a questo tipo di credenze e riequilibrare, così, le differenze di genere a livello di scelte accademiche, si potrebbe incrementare l’accesso a corsi scientifici avanzati nelle scuole superiori, organizzando, ad esempio, camp o attività di tipo informativo che possano sostenere e favorire anche gli interessi scientifici della popolazione femminile, scoraggiando l’adesione a stereotipi culturalmente diffusi non solo da parte delle studentesse, ma anche, e soprattutto, da parte di genitori ed insegnanti.

Perez-Felkner e collaboratori, infatti, hanno anche messo in luce come tra i risultati emerga sì una correlazione tra la valutazione di sé e delle proprie abilità matematiche al secondo anno di liceo e la tendenza a voler scegliere o meno un corso di laurea in ambito scientifico, ma anche la possibilità di modificare la propria inclinazione circa la formazione postsecondaria sulla base di nuove credenze sulle proprie abilità sviluppatesi verso l’ultimo anno di scuola superiore. In questo senso, agire nell’ottica di favorire l’interesse per l’ambito scientifico, fornendo anche maggiori opportunità ed esperienze formative durante gli anni di formazione secondaria potrebbe portare ad un miglioramento nelle differenze di genere per quanto concerne la scelta di future carriere accademiche e professionali.

A tal proposito, però, Hubner e collaboratori dell’università di Tubinga hanno indagato come una recente riforma scolastica tedesca, in vigore dal 2002, possa aver influito sulle differenze di genere per quanto riguarda le credenze sulle abilità matematiche e gli interessi professionali. Tale riforma ha, tra le altre cose, decretato a livello statale che tutti gli studenti delle scuole superiori dovessero necessariamente inserire nel proprio piano di studi corsi di matematica avanzata, proprio nel tentativo di incoraggiare i giovani, e soprattutto le ragazze, ad intraprendere carriere accademiche di tipo scientifico.

Dalle analisi dei dati, effettuate su più di 4,000 studenti sia prima sia dopo la riforma, è però emersa, confrontando i dati post-riforma con quelli pre, la presenza di un divario di genere sempre più grande per quanto riguarda la percezione delle proprie abilità ed inclinazioni in ambito scientifico (le femmine percepirebbero se stesse come ulteriormente meno abili dei maschi), facendo sì che non fosse riscontrabile alcuna modifica a livello delle differenze di genere nei tassi di iscrizione alle diverse facoltà universitarie. La riduzione delle possibilità di scelta del proprio piano di studi tramite obblighi imposti dall’alto non sembrerebbe quindi essere una soluzione efficace al fine di ridurre le discrepanze nelle scelte delle future carriere accademiche incoraggiando anche le donne ad intraprendere percorsi di tipo scientifico.

Infine, potrebbe risultare parimenti interessante indagare l’esistenza o meno di un analogo divario per quanto riguarda la scelta di carriere stereotipicamente considerate come femminili da parte della popolazione maschile (ad es. scienze infermieristiche, ostetricia e psicologia) e, in caso, mettere a punto modalità di intervento per riequilibrare anche tali bias di genere.

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