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Profili di Personalità e tipologia di reati: Il pregiudizio del soggetto antisociale

Secondo molti autori la personalità antisociale si associa allo sviluppo nell'infanzia del disturbo della condotta e della devianza.

Di Romina Edith Monteleone

Pubblicato il 27 Feb. 2017

Aggiornato il 05 Lug. 2019 12:43

Personalità antisociale: Per molti autori da un punto di vista psicologico, lo sviluppo del disturbo della condotta e della devianza in genere, ha insorgenza nell’infanzia e può essere riportato a disfunzioni della diade genitore-figlio. Le caratteristiche genitoriali e dello stile familiare vengono interiorizzate, e trasformate in caratteristiche della personalità.

Romina Edith Monteleone, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MILANO

 

La complessa definizione del comportamento antisociale e della devianza

La classificazione di un individuo criminale è un compito difficile, dal momento che ciascuno di essi potrebbe indubbiamente definire una nuova categoria nosografica a causa degli innumerevoli comportamenti clinici; tuttavia è anche possibile trovare caratteristiche comuni in sottogruppi che spiegano alcuni fenomeni che si verificano in soggetti con storie simili (Grisso, 2007).

Il comportamento antisociale, la devianza e la criminalità sono oggetto di riflessioni e studio fin dai tempi di Aristotele. La definizione di disturbo antisociale inizia ad essere delineata fin dai primi anni del XVIII secolo. Se ne interessano diversi studiosi che tentano di delineare le caratteristiche di personalità d’individui che ingaggiano comportamenti pericolosi, distruttivi e dannosi per la società ( Bertozzi A, 2007).

Fino ai primi anni del XVII secolo la tendenza alla distruzione e all’autolesionismo si attribuiva ad un deficit della capacità di ragionare. Nel secolo successivo si notò invece che alcuni soggetti, nonostante le loro facoltà fossero integre, ingaggiavano comportamenti distruttivi ed azioni impulsive. (De Cataldo Neuburger, 2011)

 

Le teorie psicologiche che spiegano la personalità antisociale

Per molti autori da un punto di vista psicologico, lo sviluppo del disturbo della condotta e della devianza in genere, ha insorgenza nell’infanzia e può essere riportato a disfunzioni della diade genitore-figlio. Le caratteristiche genitoriali e dello stile familiare vengono interiorizzate, e trasformate in caratteristiche della personalità.

La teoria psicoanalitica, ad esempio offre secondo Anna Freud (1949) e Masud Khan (1979) una teoria in cui la personalità antisociale, e di conseguenza i comportamenti criminali, costituirebbero una predisposizione personologica; in particolare, i comportamenti criminali verrebbero messi in atto quando le pulsioni libidiche o aggressive dell’Es vincono le spinte opposte verso la conformità sociale dettate dal Super-Io oppure quando le componenti narcisistiche sono così frustate da indurre un passaggio all’atto (Canepa, 1997).

Inoltre studi come Kolbo, Blakely & Engleman (1996) (in Fornari, 2009) ha mostrato che ambienti familiari antisociali hanno un effetto maggiore su: (a) il funzionamento emotivo e comportamentale, (b) il funzionamento cognitivo, (c) lo sviluppo a lungo termine. Secondo gli autori, questi ambienti generano, come adulti, comportamento più aggressivo e antisociale. Il soggetto sviluppa una sorta di alienazione emozionale, cioè, un’alterazione delle emozioni assieme alla perdita di controllo di sé. Sono individui che si mostrano sospettosi ed ostili, e che si sentono maltrattati o trattati ingiustamente. Essi hanno difficoltà di apprendimento dall’esperienza, come evidenziato dalla ripetizione del comportamento criminale; nonostante le sanzioni ricevute.

Interessante è il contributo di Piatel (1999) ( in Strano, 2009) dove si determinano 4 tratti centrali di personalità:
a) egocentrismo, che permette di ignorare i giudizi;
b) labilità emotiva e cognitiva che predisporrebbero alla non presa in carico delle conseguenze dell’atto criminale;
c) aggressività quale spinta motivazionale al reato;
d) indifferenza affettiva verso le sofferenza della vittima.

L’autore sottolinea che queste caratteristiche di personalità sono presenti in ognuno di noi. La differenza tra un soggetto che delinque ed un cittadino normale si cela nell’influenza delle variabili ambientali. Quindi vale la pena domandarsi: tutti i reati sono commessi da soggetti antisociali? Le caratteristiche della personalità antisociale spingono verso la criminalità? L’ antisocialità del soggetto è un valido predittore di comportamenti criminali o è un pregiudizio?

Yochelson e Samenow (1977), rispondono con uno studio che evidenzia che delle caratteristiche psicologiche ricorrenti in criminologia, quali la facilità di eccitamento, fantasie di dominio, di potere e di trionfo, paura diffusa e persistente sospettosità, sono presenti nella popolazione normale di controllo.

A questo proposito, particolare attenzione è il punto fatto da Bronfenbrenner (1987) (in Rudas 1997) sul rapporto tra variabili sociali e scale psicopatologiche nella manifestazione del comportamento criminale. Nel suo studio l’autore dimostra come “pesino” di più le condizioni socio-ambientali piuttosto che le caratteristiche di personalità nel comportamento criminale. Tuttavia nello studio lo “Status socio-economico” non è stato considerato nelle indagini perché i partecipanti assegnati ai gruppi di ricerca sono stati privati ​​della libertà, la variabile descritta con maggiore rilievo è attribuibile ad ambienti socialmente rurali o periferici in cui, a seguito di poche opportunità di avanzamento sociale, sono stati in grado di generare una tendenza a sviluppare condotte criminali ammissibili in tali contesti.

Allo stesso modo, Heider (1958) ( in Fornari, 2009) sottolinea che questi contesti possono influenzare la motivazione al comportamento delittivo tramite i grossi incentivi economici esistenti a commettere crimini e l’esistenza di garanzie per profitti illeciti, si pensi ad esempio al traffico di droghe.

In Colombia, ci sono diversi studi che cercano di spiegare il tema del narcotraffico dal punto di vista della personalità antisociale del soggetto, i risultati, pur se a volte contraddittori, consentono di concludere che non sempre la condotta del soggetto criminale si declina da aspetti psicopatologici di personalità antisociali bensì da soprastrutture sociali ed ambientali che condizionano l’operato criminale dell’individuo.

Questi dati sono preziosi per sviluppare ulteriormente modelli di prevenzione, se si vuole ottenere che queste persone vengano reinserite nella società; ed è una cosa vitale per una corretta attenzione alla natura dei problemi delle persone che infrangono la legge.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bertozzi A (2007) Perizie Psicologiche. Deontologia nelle valutazioni forensi. Collana –logos- Vannini Editori, Parma. De Catalgo Neuburguer L (2011) ( Editoriale di) La perizia oggi., in Associazione Italiana di Psicologia Giuridica Newsletter N°4. Canepa G. (1974): Personalità e Delinquenza, Giuffrè, Milano.
  • Fornari U. (2009) : Psicopatologia e Psichiatria Forense, Utet, Torino.
  • Grisso T (2007) Forensic assesment and istruments, Kluwer Accademic, New York.
  • Rudas N., Marongiu P., Pintor G. (1997): “Criminologia e Psichiatria forense”, in: Argomenti di Psichiatria forense. 1 (3), pagina 14-17, ed. La Nuova Italia Scientifica.
  • Strano M., De Risio S., Di Giannantonio M. (2000): “Alcuni contributi psicologici in criminologia”, in: Manuale di Criminologia Clinica, Rossini, Città di Castello.
  • Yochelson S. & Samenow S.E. (1977): “The Criminal Personality”, in The Treatment Process, Jason Aronson, New York.
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