Nella presente ricerca sperimentale si considerano “Opera d’Arte” solamente le opere in grado di suscitare sentimenti ed emozioni positive e si è tentato di dimostrare come la semplice loro visione sia in grado di migliorare il benessere psichico di soggetti anziani depressi che le osservano.
Lavinia Costanzo, Edmondo Pasini
Premesse Teoriche: anziani e depressione
Uno dei problemi dell’assistenza a soggetti anziani depressi è la difficoltà della terapia delle forme depressive che si manifestano con una sintomatologia del tutto simile a quelle giovanili; si tratta di una reazione ad una situazione esistenziale, scarsamente reagente alle comuni terapie farmacologiche, determinata dal conflitto tra le proprie aspettative di vita e il vissuto soggettivo e obiettivo della propria esistenza.
Un grado di pessimismo, più o meno accentuato, costante in moltissimi anziani depressi, è causato soprattutto dall’insicurezza del proprio futuro riguardo le personali condizioni fisiche e socio-economiche; tuttavia vogliamo sottolineare che negli anziani depressi la causa della distimia è spesso la frequente diminuzione, e possibile perdita, dei rapporti affettivi sia famigliari che sociali (Cargnello D., 2016). La vita affettiva, priva di sollecitazioni emotive positive, risulta povera, quindi insoddisfacente; si crea una solitudine affettiva causata da una condizione esistenziale che determina uno stato melanconico-depressivo.
L’importanza degli affetti è una constatazione comune e, scientificamente, è sostenuta dall’Analisi Esistenziale, o Antropoanalisi, che considera gli affetti l’elemento base per il benessere; pertanto, in una prospettiva di Igiene e Salute Mentale, occorrerebbe incrementarli. Tuttavia non è facile creare degli affetti ma si può tentare di suscitare delle emozioni positive, che sono la base degli affetti, inducendo a migliorare il sentimento del volersi bene, contrastando “l’aggressività introiettata” caratteristica della depressione.
Esistono varie modalità di “volersi bene” in modo socialmente accettato (escludendo egoismo e narcisismo accentuati per le loro componenti spesso antisociali) e, tra esse, abbiamo voluto considerare solamente il desiderio di contornarsi di “cose belle” quale una delle manifestazioni più evidenti. Infatti, senza entrare nelle discussioni filosofiche riguardo il concetto di Bellezza, possiamo limitarci a considerarla la percezione positiva (ossia che provoca una sensazione piacevole) di una realtà rispetto a un confronto cosciente o inconscio con un modello di riferimento. Lo studio del comportamento umano ci insegna che da sempre l’umanità ha desiderato contornarsi di “cose belle” e che “il concetto di Bello”, pur tenendo conto della soggettività, è universale (Klineberg O., 1940); infatti, ad esempio, in nessuna civiltà e cultura non era (e neppure ora è) considerata bella una donna con occhi piccoli, naso lungo, bocca larga, orecchie grandi.
Pertanto “Bello” sarebbe ciò che piace e, soprattutto, suscita spontaneamente, ossia senza intervento di volontà o intelligenza, un sentimento di benessere psicologico.
Oltre a bellezze naturali, quali i fiori, l’umanità sempre in tutte le culture ha ritenuto che anche alcune opere costruite dall’uomo stesso possono “essere considerate belle” e sono state definite “Opere d’Arte”. Rimanendo nel campo figurativo-oggettuale teoricamente qualsiasi manufatto umano potrebbe essere considerato “Opera d’Arte” e non essere ritenuto semplicemente un prodotto costruito su criteri tecnici per uso spesso pratico; tuttavia, abbiamo considerato semplicisticamente che possa definirsi “Opera d’Arte” qualsiasi prodotto umano che non solo dovrebbe essere giudicato bello ma, soprattutto, deve suscitare in chi lo contempla un’emozione, possibilmente positiva.
Art Therapy: l’effetto delle Opere d’arte sugli anziani depressi
Nel caso della presente ricerca sperimentale ci siamo riferiti all’Arte Figurativa considerando “Opera d’Arte” solamente le opere in grado di suscitare sentimenti ed emozioni positive e abbiamo tentato di dimostrare come la semplice loro visione sia in grado di migliorare il benessere psichico di coloro (in questo caso soggetti anziani) che le osservano. Se questa visione è poi accompagnata da opportuni stimoli i risultati sembrano essere ancora più immediati.
L’idea della ricerca è nata sia da personali esperienze positive con gruppi di anziani condotti a visitare musei in visite guidate e che al termine mostravano un apparente miglioramento del tono dell’umore, sia dalla constatazione che se il gruppo di visitatori era seguito da una guida non solo molto preparata, ma che per alcuni quadri si soffermava su determinati particolari descrivendo quello che riteneva potesse essere lo stato d’animo dell’artista, si otteneva un maggiore interesse, decisamente superiore a quello di visite con guide tradizionali che si soffermavano solo sul dipinto.
Infine una pregressa esperienza condotta in Australia presso la National Gallery of Victoria a Mebourne nel 2014 ha reso possibile sperimentare in prima persona un fortunato esempio di mostra il cui obiettivo era proprio quello di utilizzare l’arte a scopo terapeutico (De Botton A. e Armstrong J., 2013). Selezionando accuratamente solo alcune opere della collezione permanente del museo australiano i due filosofi e autori Alain de Botton e John Armstrong con la collaborazione di Isobel Crombie, assistente al direttore, sono riusciti a creare un percorso di mostra “auto-guidata” in cui le didascalie delle opere in questione, evidenziate da un bollino colorato, interrogavano lo spettatore e lo invitavano a riflettere su alcune questioni che riguardano la vita e le esperienze di ciascun individuo. Anziché soffermarsi sulle origini e sull’autore dell’opera l’enfasi veniva posta sulla potenzialità di quell’immagine di guidare e aiutare il pubblico ad affrontare i problemi e le ansie di tutti i giorni. Alcune delle tematiche prese in considerazione riguardavano l’angoscia e lo stress, l’incomunicabilità di coppia, l’amore e la sessualità, la solitudine e la paura della morte.
Il progetto è stato accolto con grande interesse dai media e dal pubblico e ha permesso al museo di rivitalizzare la collezione permanente e di infrangere la convinzione che ancora molti hanno entrando in un museo, di dover per forza conoscere e seguire concetti accademici e interpretazioni curatoriali per non sentirsi inadeguati e di conseguenza allontanandosi dalla vera funzione dell’arte. Una passeggiata tra i corridoi di un museo, infatti, dovrebbe prima di tutto consentire di scollegarsi dal mondo esterno e dalle sue pressioni per potersi concentrare interamente sull’esperienza che si sta vivendo, e magari risvegliare nello spettatore la sopita creatività e curiosità così presente e viva nel periodo dell’infanzia.
Una ricerca americana, condotta da Harold J. Dupuy, pare rafforzare questa convinzione sostenendo che la cultura, e in particolar modo la fruizione dell’arte, sarebbero capaci di influenzare positivamente la salute psicofisica delle persone. Contemplando un capolavoro non solo l’attività celebrale si intensificherebbe ma verrebbe anche prodotta dopamina, il neurotrasmettitore che regola l’umore, donando una sensazione di piacere. Un ulteriore studio della Norvegian University of Science and Tecnology di Trondheim in Norvegia ha dimostrato, coinvolgendo oltre cinquantamila persone, che l’osservazione di un’opera d’arte fa ridurre l’ansia e lo stress e incrementa la sensazione di soddisfazione per la propria vita.
Il gruppo campione
Il Gruppo Campione è stato costituito da 19 volontari anziani con età compresa tra 71 e 79 anni (15 maschi, 4 femmine), residenti in una Casa di Cura comprendete un Reparto di Soggiorno per Anziani autosufficienti. I soggetti erano tutti in possesso di titolo di studio di scuola media superiore o di laurea e considerati in condizioni fisiche più che soddisfacenti, senza problemi psichici in anamnesi.
Nessuno aveva un partner fisso e non era stato loro assolutamente possibile collocarsi presso parenti; la scelta di ritirarsi in una struttura privata era volontaria, motivata soprattutto dal disagio di essere soli durante la notte e dalla difficoltà di gestirsi in casa dopo esperienze negative con badanti. Coloro che avevano figli residenti abbastanza vicino ricevevano brevi visite quasi settimanali, mentre coloro che avevano solo nipoti o altri parenti ricevevano visite “una tantum”, mediamente ogni due o tre mesi. Quasi tutti avevano l’impressione di “essersi parcheggiati” in una casa lussuosa, dotata di quasi tutti i confort, dove, tuttavia, malgrado i tentativi del Personale di Assistenza per la socializzazione, soffrivano di solitudine e di mancanza di stimoli emotivi. In pratica, per la loro personalità formata dallo stile di vita precedente, ognuno si comportava come fosse ospite di un albergo dove non fosse necessario instaurare rapporti amichevoli con gli altri ospiti.
Il Gruppo Campione è stato scelto, infatti, tra i 63 ospiti della Casa che rispondendo ad un questionario sulle loro condizioni generali avevano segnalato di essere tendenzialmente anziani depressi, si dicevano apatici, dicevano di sentirsi piuttosto soli, malgrado potessero essere in costante compagnia e di condurre una vita noiosa. Tali autovalutazioni avevano attirato l’attenzione del personale di assistenza che, malgrado alcuni interventi, non era riuscito a modificare in modo sostanziale l’opinione del gruppo. Anche tentativi di creare “uno spirito di gruppo” non aveva dato alcun risultato, tuttavia tutti erano disponibili a partecipare alla ricerca, mossi da curiosità e da speranza di scacciare la noia.
Metodologia della Ricerca
Il Gruppo Campione è stato invitato a partecipare a visite di musei di quadri condotte con tre modalità differenti:
- Tre visite con guida tradizionale che si limitava a soffermarsi a considerare solo il quadro;
- Due visite con guida che, oltre a considerare il quadro, su una decina di essi si soffermava a descrivere il possibile stato d’animo e le emozioni dell’artista mentre eseguiva l’opera;
- Due visite con guida che si comportava come nel caso precedente, ma che chiedeva, insistendo, senza imporsi, che ognuno esprimesse le proprie emozioni alla vista del quadro. Dato fondamentale era che in questo modo il visitatore non fosse più solo spettatore, ma diventasse attore potendo esprimere i propri sentimenti.
Al termine della visita in tutti i casi ognuno doveva rispondere al seguente semplice questionario:
- La visita al museo mi è piaciuta e vorrei ripeterla: SI NO
- Nel caso abbia risposto SI: mi è piaciuta: 1(poco); 2(abbastanza); 3(molto); 4(moltissimo)
- Al termine della visita mi sento psicologicamente: 1(come prima); 2(poco meglio di prima); 3(decisamente meglio di prima)
- Eventuali commenti, o suggerimenti: ……………………………….
Limiti della ricerca
Come tutte le ricerche sperimentali il limite della presente è rappresentato, oltre che dalla metodologia, soprattutto dalla tipologia del Gruppo Campione che è troppo esiguo (pertanto non rappresentativo di un universo statistico di anziani, soprattutto anziani depressi) e troppo omogeneo perché costituito da soggetti con elevato grado culturale, quindi presumibilmente interessati a recarsi a mostre.
Risultati
Specialmente dopo l’ultima visita il gruppo di anziani depressi è stato invitato a esprimere qualche commento o suggerimento, scrivendolo sul questionario.
Commenti ottenuti: a) 14 giudizi positivi che esprimevano il suggerimento di rifare visite del genere; b) di questi 14 si segnalano 3 aggiunte: 1) “era ora che si studiasse qualcosa di nuovo”; 2) “è piacevole essere interpellati e poter esprimere il proprio parere”; 3) “finalmente siamo considerati e ritorniamo protagonisti”.
Commento dei risultati e Considerazioni Generali
Risultati validi per il Gruppo Campione
Data l’esiguità del Gruppo Campione di anziani depressi non sono state eseguite valutazioni statistiche, tuttavia appare evidente che la semplice visita ad un museo è stata un’esperienza considerata positiva. Inoltre quando la guida si è soffermata per alcuni quadri ad esporre ipotesi riguardo lo stato d’animo dell’artista mentre seguiva la sua Opera è riuscita a suscitare un maggiore interesse e un lieve miglioramento delle condizioni psichiche; tale miglioramento è risultato notevolmente aumentato quando la guida ha coinvolto il gruppo ad esprimere i propri sentimenti, emozioni riguardo il quadro.
Considerazioni Generali e Suggerimenti
La visione di quadri accompagnati da una guida che abbia una conoscenza delle dinamiche emotive e sappia presentarle, sia pure come ipotesi riguardanti la vita dell’Artista, è da ritenere utile in qualsiasi situazione (musei, gallerie) poiché il visitatore non viene coinvolto solo sul piano della razionalità, ma anche dell’emotività e affettività che è il più importante per il senso di soddisfazione del visitatore, sia esso un semplice visitatore o un possibile cliente. Sarebbe, pertanto, auspicabile che le guide abbiano, oltre a una preparazione tecnica il più possibile completa riguardo “la vita del quadro” e dell’Artista, anche una preparazione psicologica di base, semplice, ma sufficiente per potere esprimere opinioni e ipotesi psicologiche.
La visione di quadri accompagnati da una guida che chieda anche che i visitatori esprimano pensieri, sentimenti, emozioni alla semplice domanda: “Lei cosa ne pensa, cosa le fa venire in mente la visione del quadro?” è una situazione sicuramente positiva da presentare ad anziani depressi e non solo che vivono in comunità. Infatti permette loro, oltre a provare emozioni nuove, di “sentirsi anche protagonisti di un evento che li riguarda e non semplici spettatori” situazione, invece, comune degli interventi programmati per migliorare le condizioni psicologiche di anziani depressi. In questo caso il quadro diventa simile a una delle tavole del T.A.T. (Thematic Appercecption Test di Murray, uno dei più importanti test proiettivi) e potere esprimere liberamente in gruppo le proprie emozioni è un’esperienza positiva, simile alla psicoterapia di gruppo, che migliora sia il proprio tono dell’umore, sia la socializzazione (nel Gruppo Campione si sono creati alcuni legami amichevoli prima inesistenti).
Si tratta di conclusioni che sono valide per il Gruppo Campione, tuttavia si può ipotizzare che si tratti di un’esperienza utile soprattutto per anziani residenti in strutture extra famigliari ai quali verrebbe proposto di partecipare, se consenzienti, a sedute di gruppo, di circa un’ora durante le quali sono proiettati una decina di quadri e si chiede loro di esprimere “tutto quanto venga loro in mente”. Si fa presente che il costo di tale esperienza è quasi zero poiché la visita al museo sarebbe sostituita da proiezioni “in loco” e limitato per le prime volte alla chiamata di una guida esperta.
Pur tenendo conto dei limiti di questa ricerca sperimentale, si può, tuttavia, concludere che la visione di qualcosa che sia ritenuta bella, nel caso specifico “un’Opera d’Arte”, sia esperienza utile per migliorare il tono dell’umore degli Anziani, soprattutto se anziani depressi e collocati in strutture comunitarie. Logicamente non si tratta di una terapia efficace per ogni forma di depressione, ma di un intervento terapeutico semplice, o anche di prevenzione, non costoso della depressione, soprattutto di quella esistenziale dovuta a solitudine. In pratica si valorizza la vita emotiva/affettiva degli anziani in tutte le situazioni esistenziali proponendo e fornendo emozioni positive, delle quali gli anziani depressi sono carenti, utili per migliorare il tono dell’umore e ristabilire un equilibrio positivo del tono psichico, affettivo ed emotivo.
Quale corollario della ricerca si sottolinea l’importanza e utilità che le guide di gallerie e musei, in qualunque campo operino, possano avere anche una preparazione umanistica con conoscenze di elementi base di psicologia. Questi strumenti potrebbero essere utili per un corretto approccio alle differenti tipologie di visitatore, in un’ottica di attenzione alle sue esigenze e di produzione e adeguata gestione dei risultati ottenuti.
Gli autori della ricerca:
- Dott. Lavinia Costanzo, Specializzata in Management delle attività artistiche e culturali, mediatore culturale e guida museale.
- Prof. Dott. Edmondo Pasini, Spec. Psicologia e Psichiatria. Psicoterapeuta. L.D. Igiene Mentale Università di Milano.
Nota degli autori: Per desiderio esplicito del Gruppo Campione, geloso della propria “privacy”, al punto di affermare di essere ospite in una Casa di Cura, non in una Casa per Anziani, non è possibile citare i due musei nei quali la ricerca è stata condotta, comunque si ringraziano le Direzioni e le Guide che ne hanno permesso l’esecuzione.