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Dislessia: come adattare le risorse glottodidattiche per l’apprendimento della lingua straniera

Per i bambini affetti da dislessia risulta più difficile apprendere una lingua straniera ed è opportuno sapere quali risorse possono essere attivate

Di Guest

Pubblicato il 23 Gen. 2017

Aggiornato il 08 Dic. 2017 15:47

È evidente che l’ambiente scolastico, pur non causando il disturbo, ha comunque un ruolo fondamentale nel determinare l’adattamento dello studente con dislessia, il suo stato psicologico e la qualità del suo apprendimento finale. Lo studio di una lingua straniera pone lo studente con dislessia di fronte a sfide complesse, ma il disturbo non preclude affatto questo apprendimento. Spesso, gli scarsi risultati dello studente dipendono da una complessa rete di fattori socio-relazionali e didattici esterni al disturbo.

Valentina Lorusso, OPEN SCHOOL PTCR MILANO

I Disturbi specifici dell’apprendimento

La dislessia evolutiva è un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA). Questo acronimo si riferisce a un gruppo eterogeneo di condizioni che include, oltre alla dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia. I DSA interessano l’acquisizione e l’applicazione di abilità scolastiche, tra cui la lettura, la scrittura e il calcolo.

I DSA sono accomunati dall’assenza di deficit sensoriali e neurologici. Inoltre, chi ne soffre ha ricevuto opportunità scolastiche, sociali e relazionali ragionevolmente buone. Spesso i metodi didattici tradizionali non funzionano con i DSA, ma non possono comunque essere definiti causa del disturbo; casomai, un metodo didattico non adeguato può esasperare difficoltà pre-esistenti. Nei DSA, quindi, le difficoltà di lettura, scrittura e calcolo non possono essere attribuite a limitazioni degli organi di senso, a ritardo mentale o a condizioni ambientali sfavorevoli come assenza di scolarizzazione, grave trascuratezza o maltrattamento (De Grandis, 2007).

Per la natura delle abilità che coinvolgono, i DSA compaiono durante i primi anni della scuola primaria e rendono particolarmente faticoso e frustrante l’apprendimento, interferendo così con il proseguimento degli studi.
Siccome le abilità di lettura, scrittura e aritmetica hanno basi comuni, i DSA possono essere associati. È di solito presente una diagnosi primaria, mentre le altre difficoltà compaiono con intensità inferiore. In questi casi il disturbo, coinvolgendo abilità diverse, ha un impatto negativo maggiore sul percorso scolastico e sui progressi dell’alunno, soprattutto se gli insegnanti adottano esclusivamente metodi didattici tradizionali (Cornoldi, Zaccaria, 2011).

La dislessia evolutiva è una difficoltà selettiva della lettura e in Italia colpisce circa il 4% dei bambini in età scolare. Chi soffre di dislessia mostra capacità cognitive adeguate, come accertato dai test diagnostici.

 

L’apprendimento della lingua straniera da parte dei bambini con dislessia

L’apprendimento di una lingua straniera costituisce un compito particolarmente complesso e sconfortante per gli studenti dislessici (Crombie, 1997), come dimostrano le voci sia degli allievi che degli insegnanti. Le interviste agli studenti con dislessia mostrano come le difficoltà percepite in un contesto L2 siano estremamente eterogenee e varino sia per qualità che per intensità. Gli alunni della scuola primaria e secondaria infatti lamentano problemi in parte diversi, legati a compiti o abilità specifiche, come per esempio la memorizzazione, l’acquisizione del lessico, le abilità produttive, la riflessione metalinguistica e l’ambiente educativo in generale (Daloiso, 2014). Ogni alunno con dislessia presenta quindi, nonostante la diagnosi comune, difficoltà in parte diverse. Il fatto che l’impatto dei DSA sull’apprendimento delle lingue straniere vari da studente a studente complica l’adeguamento dei materiali didattici e la comprensione del disturbo da parte degli insegnanti.

I problemi nello studio in generale, e nell’acquisizione di una lingua straniera in particolare, sono estremamente pervasivi perché hanno effetti negativi non solo sull’apprendimento in sé, ma anche sul piano emotivo e relazionale (Nijakowska, 2010).

Uno studente dislessico può sicuramente imparare a parlare una lingua straniera, ma l’apprendimento del codice scritto rappresenta un ostacolo. Ciò è vero soprattutto per le lingue non trasparenti, come ad esempio l’inglese, che sono per loro stessa natura estremamente ambigue (De Grandis, 2007). L’italiano è una lingua piuttosto semplice da leggere, perché esiste una chiara corrispondenza tra grafema e fonema e lo stesso gruppo di lettere rappresenta quasi sempre lo stesso suono. Per questo motivo si possono leggere o scrivere correttamente anche parole nuove, mai viste o sentite in precedenza. Molte lingue straniere, per esempio il francese o l’inglese, hanno invece un’ortografia irregolare. In inglese, la relazione tra la rappresentazione grafica e il suono della parola è imprevedibile. Ci sono 26 suoni dell’alfabeto, 45 suoni diversi della pronuncia e circa 150 modi per trascriverli. Questa ambiguità ortografica rende molto complesso l’apprendimento per gli studenti italiani in generale, e quelli dislessici in particolare (De Grandis, 2007).

L’attenzione ai problemi relativi all’acquisizione dell’inglese come lingua straniera riveste un ruolo importante, perché ogni studente affronta questo apprendimento nel suo corso di studi. Come sottolinea Rondot-Hay (2006), gli studenti dislessici che imparano l’inglese sono in un contesto di relativa difficoltà rispetto ai loro compagni. Il processo di apprendimento sarà verosimilmente più lento, ma l’acquisizione della lingua straniera può avvenire con successo. Per quanto riguarda le difficoltà specifiche dell’inglese, Rondot-Hay individua nell’ortografia la barriera principale, con ricadute sulla lettura, la scrittura e la pronuncia dei vocaboli. Gli studenti con dislessia farebbero fatica rispetto alle consonanti silenti (listen, know), i dittonghi pronunciati diversamente (good-blood, mean-steady), le parole omofone (sea-see) e le parole omografe (read-read) (Rondot-Hay, 2006). Queste caratteristiche della lingua, rendono la sua acquisizione difficile per tutti, e per gli studenti con dislessia in particolare.

Anche l’acquisizione del lessico risulta problematica, perché gli studenti con dislessia fanno fatica a memorizzare le informazioni e a automatizzare alcuni processi, come ad esempio il recupero del lessico. Tali difficoltà sarebbero attribuibili a una inefficienza della memoria di lavoro (Reid, 2006).
Tuttavia, come più volte sottolineato, gli studenti con dislessia possono imparare una lingua straniera, quindi gli insuccessi scolastici non sono da attribuire a fattori interni al disturbo, quanto piuttosto a fattori esterni alla dislessia, come gli aspetti emotivo-motivazionali e il metodo didattico.

Da un punto di vista emotivo-motivazionale, gli studenti dislessici affrontano difficoltà nell’alfabetizzazione in lingua materna e tipicamente si aspettano di rivivere le stesse frustrazioni nell’apprendimento di una lingua straniera (Rondot-Hay, 2006). Questo atteggiamento scoraggiato e rinunciatario, tuttavia, non fa altro che rendere ancora più probabile il fallimento. Per altri studenti dislessici, invece, l’acquisizione di una lingua straniera può essere interpretata come una possibilità di riscatto dagli insuccessi scolastici precedenti. Tuttavia, questa rappresentazione è spesso poco realistica e destinata a dissolversi quando compaiono le prime difficoltà (Daloiso, 2014).

Le aspettative degli studenti con dislessia, rispetto allo studio della lingua straniera, costituiscono già un primo fattore da tenere in considerazione per l’interpretazione del loro modo di avvicinarsi alla materia, delle loro reazioni rispetto agli insuccessi e delle loro strategie di coping. Spesso, questi studenti hanno un atteggiamento di rassegnazione di fronte alle difficoltà che può apparire eccessivo, se si considera il singolo episodio di fallimento, ma che in realtà ha radici ben più lontane, perché è determinato dal continuo ripetersi di situazioni problematiche e negative. Una difficoltà contestuale a un compito di apprendimento viene interpretata alla luce dei fallimenti precedenti e, di conseguenza, lo studente si convince di essere senza speranza. Questo atteggiamento, noto come impotenza appresa, limita la spinta motivazionale allo studio della lingua straniera e rende meno probabili i progressi dello studente.

Nel contesto specifico dell’apprendimento di una lingua straniera, bisogna poi considerare il fenomeno dell’ansia linguistica (Nijakowska, 2010). Si tratta di uno stato ansioso particolare, perché si manifesta nel contesto di acquisizione di una lingua straniera, in presenza di particolari compiti linguistici che interferiscono con la dislessia, tra cui leggere ad alta voce, copiare dalla lavagna, partecipare a una conversazione o condividere i propri elaborati con la classe. È facile immaginare come la lettura di fronte alla classe, essendo l’abilità di lettura il bersaglio del disturbo, possa rappresentare invariabilmente per tutti gli studenti dislessici un compito particolarmente ansiogeno. Tuttavia, come già anticipato, ogni studente riferisce anche difficoltà secondarie più specifiche, per cui è necessaria una buona conoscenza dell’alunno per capire quali compiti lo mettano particolarmente a disagio, in modo tale da favorire un contesto di apprendimento meno imbarazzante e più piacevole. L’esposizione continua a prolungate situazioni ansiogene, infatti, ha come immediate conseguenze l’evitamento e il rafforzamento di una barriera emotiva rispetto allo studio, che impedisce l’acquisizione di nuove competenze (Nijakowska, 2010). Ancora una volta, lo studente non fa progressi perché, per reagire alla frustrazione, si sottrae al compito.

Se si considera quindi l’apprendimento scolastico come un complesso fenomeno che coinvolge non solo aspetti puramente cognitivi, ma anche relazionali ed emotivi, la pervasività della dislessia è tale da compromettere anche il benessere sociale e psicologico dello studente dislessico, soprattutto quando è impegnato in un compito arduo come l’acquisizione di una lingua straniera.

Spesso il contesto scolastico, invece di limitare le conseguenze socio-emotive, non fa altro che esasperarle. Ciò accade quando le difficoltà dei bambini dislessici vengono interpretate dagli insegnanti come forme di pigrizia, svogliatezza e mancanza di impegno. In questi casi, il rischio è che gli studenti facciano propria l’immagine negativa di sé e si convincano di non essere in grado di apprendere la lingua straniera, non impegnandosi dunque in questo compito (Cornoldi, Zaccaria, 2011; Nijakowska, 2010).

 

La sfida dell’accessibilità alle risorse glottodidattiche

È evidente che l’ambiente scolastico, pur non causando il disturbo, ha comunque un ruolo fondamentale nel determinare l’adattamento dello studente con dislessia, il suo stato psicologico e la qualità del suo apprendimento finale. Lo studio di una lingua straniera pone lo studente con dislessia di fronte a sfide complesse, ma il disturbo non preclude affatto questo apprendimento. Spesso, gli scarsi risultati dello studente dipendono da una complessa rete di fattori socio-relazionali e didattici esterni al disturbo.

Dopo aver analizzato gli aspetti emotivi del disturbo e la necessità di creare un clima piacevole e motivante per tutti, è opportuno affrontare il tema dell’accessibilità dei materiali didattici nel contesto dello studio di una lingua straniera.

Daloiso (2014) definisce l’accessibilità glottodidattica come un processo in cui le scelte metodologiche dell’insegnante hanno [blockquote style=”1″]lo scopo di garantire pari opportunità di apprendimento linguistico all’allievo con bisogni speciali, massimizzando l’accesso ai materiali, ai percorsi e alle attività didattiche sul piano fisico, psico-cognitivo, linguistico e metodologico.[/blockquote]

A scuola, l’apprendimento di qualsiasi lingua straniera avviene attraverso l’adozione di un libro di testo, che rappresenta la risorsa didattica principale. Alcuni insegnanti usano anche materiali cartacei o digitali scaricati dal web. In generale, le risorse cartacee sono considerate poco adeguate rispetto ai bisogni specifici degli studenti con dislessia, perché si basano esclusivamente sulla decodifica del codice scritto (De Grandis, 2007).

Tuttavia, adeguare gli strumenti didattici tradizionali non è affatto semplice. La progettazione di materiali glottodidattici universalmente accessibili dovrebbe basarsi sui principi teorici rispetto alle basi neuropsicologiche della dislessia, ma anche sul gradimento degli studenti. Attualmente, non esistono molti studi sistematici volti a indagare l’opinione degli alunni con dislessia rispetto alle risorse glottodidattiche impiegate a scuola, per cui l’adattamento dei materiali di apprendimento si fonda quasi esclusivamente su principi teorici, che non sempre si possono tradurre in altrettante applicazioni operative.

Alcune considerazioni di natura generale sulla dislessia porterebbero a pensare che sia opportuno privilegiare le abilità orali rispetto a quelle scritte ma, anche se autori esperti sui DSA in parte sostengono questo principio (Rondot-Hay, 2006), è pur vero che gli studenti con dislessia possono riscontrare difficoltà anche nella produzione orale. La ricerca dimostra infatti che gli alunni con dislessia fanno fatica a rendere automatiche alcune procedure (Reid, 2006), e questo è particolarmente evidente nei compiti che attivano diverse abilità linguistiche contemporaneamente. La comunicazione orale in lingua straniera richiede un certo livello di spontaneità e l’attivazione simultanea di varie sotto-abilità, come la comprensione, la produzione e il recupero del lessico in tempo reale (Daloiso, 2014). Di conseguenza, una didattica basata esclusivamente sulle abilità orali risulterebbe sicuramente incompleta, e comunque non adatta alle esigenze degli studenti con dislessia.

Un altro problema consiste nel fatto che gli insegnanti di lingua straniera, in assenza di linee guida attendibili, tendono a confondere l’adeguamento dei materiali con una eccessiva semplificazione dei contenuti. In questo modo privano lo studente con DSA della possibilità di acquisire le stesse competenze dei compagni, aumentando il divario che c’è con il resto della classe (Daloiso, 2014).

La pianificazione di strumenti compensativi e l’adattamento dei materiali tradizionali in risorse più accessibili dovrebbe partire da ricerche sistematiche rispetto ai punti di forza e di debolezza delle risorse didattiche utilizzate a scuola, raccogliendo in modo rigoroso le opinioni degli alunni con dislessia, per valutare l’effettiva fruibilità dei materiali. Questi dati rappresenterebbero una guida fondamentale per la creazione di nuove risorse didattiche accessibili, la cui progettazione è troppo spesso trascurata o lasciata all’intuito del singolo docente.

Il gruppo di ricerca DEAL, dell’Università Cà Foscari di Venezia (Daloiso, 2014), nel 2013 ha condotto uno studio in cui è stata raccolta l’opinione di 304 studenti con DSA, di diversa età e provenienza geografica, rispetto alle risorse glottodidattiche tradizionali e digitali, per lo studio della lingua straniera. I materiali didattici presi in esame erano il manuale della lingua straniera, le risorse audio e video e le espansioni on-line, ovvero i materiali didattici consultabili dal sito web della casa editrice.

In generale, gli studenti hanno dato un voto mediamente sufficiente al proprio manuale, ma hanno evidenziato alcuni punti di debolezza per quanto riguarda gli aspetti grafico-stilistici, l’organizzazione dei contenuti e le tipologie di esercizi. L’uso poco strategico del font, del colore e del grassetto rende poco accessibile il materiale agli studenti con DSA. Inoltre, gli intervistati hanno indicato che la sezione grammaticale è in assoluto quella meno fruibile, seguita dalle sezioni legate allo sviluppo della produzione orale e scritta. Queste parti sarebbero troppo dense di contenuti, con schemi, esempi e illustrazioni poco chiare. Nella percezione degli studenti, la sezione grammaticale sarebbe poco accessibile perché ha la pretesa di essere esaustiva e sintetica allo stesso tempo. Richiede inoltre uno studio prettamente mnemonico e poco riflessivo rispetto ai fenomeni grammaticali.
Le risorse audio-video sono state valutate come un buon strumento compensativo, perché attivano canali diversi dalla decodifica scritta e risultano quindi meno stancanti. Nell’opinione degli studenti, questi materiali offrono un modello linguistico corretto e permettono una gestione autonoma delle risorse, con possibilità di controllo della velocità della traccia e aggiunta di sottotitoli.

Le espansioni online sono un materiale molto eterogeneo, e spesso non fanno altro che ripetere i contenuti presenti sul libro stesso. Tuttavia, gli intervistati sostengono che queste abbiano una impostazione di solito più accattivante e propongano materiali multimediali che includono immagini, video e risorse interattive.

Un’informazione interessante riguarda il livello di integrazione dei materiali multimediali nella normale attività didattica. I giudizi negativi espressi dagli studenti non riguardano tanto la natura di queste risorse in sé, quanto il loro utilizzo in classe, che è spesso troppo limitato. Gli insegnanti farebbero dunque un uso quasi esclusivo del manuale cartaceo, dando poca importanza a risorse alternative che, nel caso degli studenti con dislessia, rappresenterebbero un valido strumento compensativo, sia per lo studio che per la valutazione.

Secondo il gruppo di ricerca DEAL, l’approccio ai materiali didattici prevede tre fasi, che richiedono abilità cognitive diverse: un primo contatto superficiale con il testo, la comprensione dei contenuti e l’applicazione delle nuove competenze.

Per facilitare il contatto visivo con il manuale dello studente con dislessia, sarebbe utile adattare gli aspetti grafico-stilistici del testo, aumentando il livello di leggibilità. Si tratta di un intervento superficiale, che lavora principalmente sulla presentazione grafica del materiale da apprendere, ma rappresenta una condizione indispensabile per il riconoscimento dei contenuti didattici e la loro successiva rielaborazione. A questo proposito, la British Dyslexia Association (BDA) ha pubblicato una guida con una serie di consigli per la creazione di testi accessibili.

Il lavoro di progettazione di risorse glottodidattiche più fruibili per gli studenti con dislessia richiede, tuttavia, anche revisioni più profonde dei materiali tradizionali, per facilitare le due fasi successive di rielaborazione dei contenuti didattici e applicazione di quanto appreso. Si tratta quindi di riorganizzare i contenuti del manuale di lingua, tenendo presente che gli studenti con dislessia privilegiano stili di apprendimento visivi non verbali, sfruttando quindi gli aspetti iconici del testo (Stella, Grandi, 2011). Per questo motivo, il manuale di lingua dovrebbe adattare la presentazione dei contenuti favorendo ausili iconici come i diagrammi di flusso, i grafici e le reti semantiche.

Gli studenti con dislessia riferiscono che la sezione grammaticale dei loro manuali di lingua è poco accessibile. Le regole grammaticali sono spesso sintetizzate attraverso tabelle, che sono di difficile comprensione per gli studenti con dislessia. A questo proposito, sarebbe più utile sintetizzare il materiale di apprendimento attraverso mappe multimediali in cui inserire parole-chiave, immagini o grafici.

Un altro aspetto interessante riguarda la memorizzazione del lessico. Le nuove parole presenti in una unità didattica sono di solito presentate sotto forma di elenchi in ordine alfabetico. Anche in questo caso, lo studente con dislessia farà fatica a orientarsi all’interno di questo materiale. Sarebbe opportuno stimolare l’apprendimento di nuovi vocaboli attraverso l’impiego di reti semantiche, nel quale vengono rappresentate sotto forma visiva le relazioni esistenti tra le parole. Per favorire l’aggancio mnemonico si potrebbero anche inserire immagini all’interno della rete semantica, soprattutto per le parole concrete.

Infine, i manuali di lingua hanno una parte pratica molto sviluppata, perché l’apprendimento di una lingua straniera non è una conoscenza esclusivamente dichiarativa, ma richiede che le abilità linguistiche vengano poi applicate in attività di comprensione e produzione orale e scritta. Un primo ostacolo riferito dagli studenti con dislessia consiste nella comprensione della consegna. A questo proposito, si fa riferimento a un uso strategico degli aspetti grafici del testo (colore o grassetto per evidenziare solo le parole-chiave della consegna). Una facilitazione, soprattutto per gli studenti principianti, potrebbe essere la presentazione della consegna nella propria lingua madre, per accertarsi che l’esercizio sia ben compreso.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cornoldi, C., Zaccaria, S. (2011). In classe ho un bambino che….L'insegnante di fronte ai Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Firenze, Giunti Universale Scuola.
  • Crombie, M. A. (1997). The Effects of Specific Learning Difficulties (Dyslexia) on the Learning of a Foreign Language in School. Dyslexia, An International Journal of Language and Practice, Volume 3, Issue 1, March 1997, Pages 27–47.
  • Daloiso, M. (2014). Lingue straniere e disturbi specifici dell'apprendimento. Un quadro di riferimento per la progettazione di materiai glottodidattici accessibili. I Quaderni della Ricerca, Loescher Editore.
  • De Grandis, C. (2007). La dislessia. Interventi della scuola e della famiglia. Edizioni Erickson.
  • Nijakowska, J. (2010). Dyslexia in the Foreign Language Classroom. SECOND LANGUAGE ACQUISITION, Series Editor: David Singleton, Trinity College, Dublin, Ireland
  • Reid, G. (2006). È dislessia! Domande e risposte utili. Edizioni Erickson.
  • Rondot-Hay, M. (2006). Teaching English to the Dyslexic Student. First published in New Standpoints, The Modern Language Journal 28 (3), Revised April 2012.
  • Stella, G., Grandi, L. (2011). Come leggere LA DISLESSIA e i DSA. Firenze, Giunti Scuola.
  • http://www.bdadyslexia.org.uk/common/ckeditor/filemanager/userfiles/About_Us/policies/Dyslexia_Style_Guide.pd
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