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Julieta (2016) di P. Almodovar – Recensione del film

Il nuovo film di Almodovar è stato definito come un viaggio interiore che risale il tempo, Julieta è un film sul trauma e sulla dissociazione.

Di Guest

Pubblicato il 05 Lug. 2016

Il film Julieta di Pedro Almodovar attraversa i temi del segreto, del silenzio, del vuoto, della colpa. Temi traumatici per eccellenza. La trama va avanti per flashback sapientemente ricostruiti. 

Melania Continanza

 

Il nuovo film di Almodovar (2016) è stato definito come un ‘viaggio interiore che risale il tempo‘, ‘un film secco, semplice, essenziale, che rifiuta il pastiche hollywoodiano e mette in scena la vita nuda e cruda‘ (M. Gandolfi).

Visto attraverso le lenti di uno psicoterapeuta, Julieta appare anche come un film sul trauma e sulla dissociazione. La scena si apre con la protagonista che sta per trasferirsi dalla Spagna al Portogallo con il compagno (Lorenzo), alle prese con gli scatoloni da riempire, piene di cose e di ricordi.

La parte apparentente normale di Julieta viene presto a contatto con la parte emotiva (Van der Hart et al., 2006), che riemerge da un incontro casuale con Beatriz, amica di infanzia di sua figlia Antía, la quale le riattiva il ricordo, che la convince a restare a Madrid, ritornare sui luoghi del suo passato, ricostruire la sua storia.

Lentamente si delinea la storia traumatica della donna, che è ben rappresentata dalla foto di sé insieme a sua figlia, in pezzi, ricomposta in modo approssimativo. A poco a poco riemerge e viene ricomposta tramite la narrazione, in una lettera aperta che la madre scrive alla figlia e in cui ripercorre le tappe del suo passato. Il film attraversa i temi del segreto, del silenzio, del vuoto, della colpa. Temi traumatici per eccellenza. La trama va avanti per flashback sapientemente ricostruiti: l’incontro casuale con Xoan in treno e l’amore passionale da cui nasce la figlia, il suicidio misterioso di uno strano personaggio conosciuto in treno, l’incontro con la famiglia di origine, la morte di Xoan in una giornata di mare in tempesta.

Julieta non ha commesso nessun crimine, ma non può fare a meno di sentirsi responsabile per il suicidio dell’uomo del treno (prima), e per la morte di Xoan, compagno tanto amato (poi). Essa non riesce a perdonarsi l’accaduto e trasmette come un gene alla figlia il senso di colpa.

Dopo la morte di Xoan, Julieta entra in uno stato mentale che più che depressivo assomiglia a uno shut down dissociativo, in cui la figlia, insieme all’amica Bea, si prende cura diligentemente di lei. Fino a quando, a 18 anni, Antía decide di andare in ritiro spirituale e lascia perdere le tracce di sé alla madre. Julieta la aspetta per tre lunghi anni, tre anni segnati dal rito della torta, ogni anno comprata nel giorno del compleanno della figlia e buttata nell’immondizia, fino a quando un giorno la donna esce dallo stato dorsovagale grazie alla rabbia. Riesce finalmente a tornare a investire sulla sua vita, ma non prima di avere messo sottosopra la casa e agito attivamente la sua emotività.

Julieta è anche un dramma esistenziale, che mette in scena il triangolo drammatico (Karpman, 1968), in cui ciascuno è sia vittima di un destino crudele, che persecutore (Julieta costringe la figlia adolescente ad accudirla durante la depressione, facendole perdere i suoi anni migliori), che salvatore (Julieta va a accudire Ava, la donna con cui il compagno aveva avuto una relazione clandestina).

E’ il dramma della colpa e dell’espiazione, in cui ‘ognuno ha quello che si merita‘, come Julieta che vive nella solitudine e nel vuoto, così Antía, che perde a sua volta suo figlio per annegamento, e così Ava, che finisce i suoi giorni stremata dalla sclerosi multipla. Il dramma che pervade tutti, nessuno escluso, si staglia sullo sfondo di una famiglia di origine fortemente trascurante, assente, in cui la madre di Julieta, malata, viene tenuta chiusa a chiave in camera e trascurata dal marito.

Il finale lascia intravedere una possibilità di cambiamento. Attraverso la ricostruzione e l’elaborazione del trauma, e grazie all’incontro con una figura positiva, Lorenzo, che fa da base sicura per Julieta (se non così passionale come Xoan, ma discreto, presente, prevedibile), la protagonista intraprende il viaggio verso la figlia, la quale finalmente (dopo la morte del figlio), avendo compreso la sofferenza della madre, le scrive il mittente su una lettera, come a volere essere cercata, e il film si chiude aprendosi all’esplorazione di un diverso futuro possibile.

 

 

GUARDA IL TRAILER ITALIANO DEL FILM JULIETA:

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Karpman, S. (1968). Fairy tales and script drama analysis. Transactional Analysis Bulletin, 7 (26), 39-43.
  • Van der Hart, O., Nijenhuis, E.R.S., Steel, K. (2006). Fantasmi nel sé. Trauma e trattamento della dissociazione strutturale. Trad. it. a cura di V. Ardino e A. Vassalli, Milano: Cortina, 2011.
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