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“Ehi, hai mangiato dal mio piatto!”: comportamenti alimentari alterati nella demenza frontotemporale

Una review dei ricercatori SISSA si è occupata dei comportamenti alimentari alterati nella demenza frontotemporale e dei meccanismi cerebrali coinvolti.

Di Redazione

Pubblicato il 20 Lug. 2016

Aggiornato il 08 Feb. 2024 15:08

Iperfagia, fissazioni alimentari per un solo cibo, persino ingestione di oggetti non edibili: la demenza frontotemporale è associata a una vasta varietà di comportamenti alimentari alterati, che peggiorano la situazione già difficile del paziente. Una review condotta da ricercatori della SISSA, mette in ordine la conoscenza in questo campo, con particolare attenzione ai meccanismi cerebrali che potrebbero essere coinvolti nei sintomi.

 

Questa conoscenza è utile anche per comprendere i disordini alimentari nelle persone sane. La rassegna è stata pubblicata sulla rivista Neurocase.

La ‘Banana lady‘ descritta da Andrew Kertesz (‘The Banana Lady and Other Stories of Curious Behavior and Speech’, 2006) mangiava solo banane e beveva litri e litri di latte ogni giorno. Continuava a chiedere al marito di assicurarsi che in casa ci fossero sempre abbastanza latte e banane.

Dopo la sua morte, l’analisi del cervello confermò la diagnosi già fatta dai medici: la donna era affetta da demenza frontotemporale, una demenza senile seconda per incidenza solo alla malattia di Alzheimer. I comportamenti alimentari alterati sono molto frequenti in questa malattia al punto da rientrare anche nei criteri diagnostici.

Una review sistematica condotta da Marilena Aiello, ricercatrice della SISSA, in collaborazione con Vincenzo Silani (IRCCS Istituto Auxologico di Milano) e Raffaella Rumiati, professoressa e coordinatrice del laboratorio iNSuLa (Neuroscienza e Società) alla SISSA, ha messo in rassegna le ricerche fatte in questo campo, fornendo un quadro complessivo utile a stabilire lo stato dell’arte in questo ambito oltre a suggerire nuove linee di ricerca:

Abbiamo messo insieme quello che appariva come un’immagine frammentaria, focalizzandoci sul tipo di disturbi e sulle ipotesi sui meccanismi cerebrali alla loro base – spiega Aiello – Questo potrà essere utile anche per capire i comportamenti alimentari alterati nelle persone sane

I disturbi descritti dalla letteratura sono molteplici: si va dal semplice aumento dell’appetito, alla sovralimentazione incontrollata, dall’assenza del senso di sazietà, fino ai cambiamenti nelle preferenze alimentari, in certi caso molto singolari, come per la Banana lady descritta sopra. Si può arrivare addirittura all’ingestione di oggetti.

Si osservano anche altri comportamenti legati all’alimentazione piuttosto stravaganti, come quello di rubare il cibo dal piatto degli altri.

Naturalmente questi comportamenti sono problematici, sia a livello sociale, ma anche per quel che riguarda la salute del paziente che tende ad aumentare di peso – precisa Aiello – anche se in ogni individuo si possono osservare conseguenze diverse. C’è anche chi perde peso, perché si alimenta con una gamma ristretta di cibi in maniera ossessiva.

Dall’analisi degli studi messi in rassegna si identificano alcune zone cerebrali collegate, in particolare la corteccia orbito-frontale e un probabile coinvolgimento dell’ipotalamo. L’ipotalamo è un’area del cervello che regola le interazioni fra la quantità di cibo consumata e l’omeostasi energetica dell’organismo.

L’origine delle anomalie alimentari nella demenza frontotemporale è probabilmente multifattoriale – spiega Aiello – È possibile che sia implicata un’alterazione del sistema nervoso autonomo, caratterizzata da una valutazione alterata dei segnali dell’organismo, come fame, sazietà, appetito. Il danno all’ipotalamo potrebbe causare una perdita del segnale inibitorio, che quindi provocherebbe comportamenti come l’iperfagia.

Ci sono probabilmente anche fattori sensoriali e cognitivi, continua a spiegare Aiello che complicano il quadro:

Per esempio in quei pazienti che mangiano gli oggetti c’è forse un problema di natura semantica, di riconoscimento dell’oggetto e delle sua funzione. 

Tutti questi meccanismi – conclude Aiello – Sono interessanti per comprendere la malattia e mettere a punto terapie ottimali per contrastare questi sintomi. Allo stesso tempo ci svelano alterazioni che per alcuni aspetti potrebbero essere in atto, magari con un’intensità diversa, in individui che hanno comportamenti alimentari irregolari.

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