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Terapia della bambola: una terapia non farmacologica per la gestione dei sintomi comportamentali della demenza senile

La terapia della bambola o doll therapy può essere utilizzata nel trattamento della demenza senile in quanto attiva i sistemi di accudimento ed esplorazione

Di Michela Quaglia

Pubblicato il 04 Apr. 2016

Aggiornato il 11 Ott. 2019 14:36

Per indagare l’efficacia della terapia della bambola, nella ricerca di Pezzati R. e collaboratori (2014) è stata utilizzata come riferimento la teoria dell’attaccamento di Bowlby. L’ipotesi proposta dai ricercatori è che l’esperienza emozionale della persona esposta a sedute di terapia della bambola attivi i sistemi di accudimento e di esplorazione.

Michela Quaglia, OPEN SCHOOL PTCR MILANO

 

Introduzione

L’età media della popolazione è aumentata considerevolmente negli ultimi decenni. Il calo delle nascite, associato all’aumento dell’aspettativa di vita, della seconda metà del Novecento ha avuto come conseguenza una notevole crescita del mondo degli anziani. Si prevede che in Europa, in termini assoluti, il loro numero raddoppierà passando da 85 milioni nel 2008 a 151 milioni nel 2060 (European Commission and the Economic Policy Committee, 2009).

In particolare, la popolazione italiana dal 2001 al 2011, ha subito un forte incremento demografico, crescendo di più di due milioni di unità, grazie al miglioramento della speranza e della qualità della vita. In particolare, secondo le stime dell’Istat (Rapporto annuale 2012) se nel 2001 gli ultrasessantacinquenni costituivano circa il 18% della popolazione, oggi raggiungono il 20,3% del totale e nel 2043 oltrepasserano il 32%.
Proprio l’invecchiamento della popolazione è il fenomeno che la società di oggi si trova a fronteggiare: una situazione del tutto nuova rispetto al passato.

Così come sono aumentate le aspettative di vita, sono anche aumentate le possibili cause di disabilità, motivo per il quale la qualità della vita della popolazione anziana e i suoi determinanti costituiscono oggetto di grande interesse da parte dei soggetti sociali e della comunità scientifica. L’invecchiamento è sempre accompagnato da alcuni aspetti comuni come la malattia e il decadimento fisico, psichico e cognitivo. Tra le cause di disabilità si annovera un esponenziale incremento di patologie invalidanti a carattere progressivo quali le demenze: le più diffuse sono la malattia di Alzheimer e la demenza vascolare. Carattere comune di tali patologie è il progressivo e ingravescente calo delle abilità cognitivo-comportamentali che si accompagna, nelle fasi più avanzate, a una totale perdita nell’autonomia delle attività quotidiane e all’aumento dei disturbi comportamentali.

La demenza colpisce una persona su venti di età superiore ai 65 anni e una su cinque di età superiore agli 80: in tutto il mondo ne sono affette circa 35,6 milioni di persone. Si prevede che entro il 2050 questo numero salirà a oltre 115 milioni.
Un recente studio pubblicato su Nature, ha stimato che la popolazione europea affetta da demenza raddoppierà nei prossimi 40 anni passando da un totale di 10 milioni a quasi 19 milioni (Abbot, 2011).

 

Terapie non-farmacologiche e la terapia della bambola

L’aumento della popolazione anziana e dei problemi legati all’invecchiamento ha colto impreparati tanto le famiglie quanto le strutture preposte agli interventi socio-sanitari: la diffusione delle demenze si presenta come un fenomeno sociale drammatico, un fenomeno che incide pesantemente sulla vita del singolo malato e della sua rete familiare.
La limitata efficacia delle terapie farmacologiche e la plasticità del cervello umano sono le ragioni più importanti del crescente interesse per le terapie non farmacologiche che, oltre a rappresentare una valida alternativa all’approccio farmacologico, incrementano di fatto il numero di opzioni terapeutiche.
Alla luce di queste motivazioni, negli ultimi anni, i servizi attivi sul territorio richiedono sempre più la loro attuazione in progetti preventivi, riabilitativi e terapeutici (Cilesi, 2009).

Le terapie non farmacologiche consistono in interventi che agiscono sulla sfera cognitiva, comportamentale, relazionale ed emotiva in pazienti sani (come prevenzione) o con demenza da grado lieve a severo (Cilesi, 2007).
Uno, fra questo tipo di interventi, è la Doll Therapy o Terapia della Bambola: nata in Svezia verso la fine degli anni ‘90 dall’idea di Britt Marie Egedius Jakobsson, psicoterapeuta, che l’aveva pensata per stimolare l’empatia e le emozioni del proprio figlio autistico.
Da allora la bambola “Empathy doll” si è trasformata da semplice giocattolo a strumento terapeutico: grazie alle sue caratteristiche particolari (distribuzione del peso, dimensioni, tessuto morbido, sguardo, capelli sbarazzini, posizione di braccia e gambe, dimensioni e tratti somatici) favorisce l’accudimento attivo da parte dell’anziano con grave decadimento cognitivo e la diminuzione di alcuni disturbi comportamentali, diventando così una risorsa nell’affrontare alcune situazioni problematiche che possono presentarsi durante il decorso della malattia.

 

La terapia della bambola: le ricerche

Per indagare l’efficacia della terapia della bambola, nella ricerca di Pezzati R. e collaboratori (2014) è stata utilizzata come riferimento la teoria dell’attaccamento di Bowlby.
L’ipotesi proposta dai ricercatori è che l’esperienza emozionale della persona esposta a sedute di terapia della bambola, attivi i sistemi di accudimento e di esplorazione. Per verificare questa ipotesi sono stati confrontati un gruppo di pazienti con demenza istituzionalizzati e sottoposti a terapia, con un gruppo di controllo non trattato. Il protocollo sperimentale utilizzato consisteva in 10 sessioni non consecutive, strutturate con l’obiettivo di ricreare una situazione di separazione da una figura conosciuta e l’interazione con l’ambiente, per ricreare parzialmente le fasi prototipiche della “Strange Situation”. Tutte le sessioni sono state videoregistrate e analizzate attraverso una griglia di osservazione. I parametri indagati e valutati erano i seguenti: la dimensione relazionale con l’ambiente, la direzione dello sguardo, i comportamenti di esplorazione e i comportamenti di accudimento.

Dai risultati si è potuto notare che l’applicazione della terapia della bambola abbia promosso e migliorato la dimensione affettiva e relazionale di attaccamento/accudimento e la dimensione attentiva nel comportamento di esplorazione, dei pazienti con una demenza di grado avanzato.
I risultati suggeriscono, quindi, che l’uso della terapia della bambola promuove miglioramenti significativi della capacità di relazione con il mondo circostante.

Altri autori (Braden, Gaspar, 2015) hanno inoltre cercato di valutare l’efficacia di questo trattamento per persone con demenza, che presentano gravi sintomi comportamentali quali: agitazione, confusione, aggressività fisica e verbale, insonnia, apatia, depressione, disinteresse/inattività, wandering, affaccendamento afinalistico…

Tale studio è stato svolto, previa specifica formazione del personale riguardo la corretta somministrazione della bambola terapeutica, in un centro di cura per le demenze senili, ed ha coinvolto 16 donne con Alzheimer da grado moderato a severo.
I risultati dell’applicazione dell’intervento di terapia della bambola sono stati analizzati con un questionario, somministrato agli operatori, diviso in 6 aree di comportamento, osservato prima e dopo il trattamento con la bambola.

I dati fanno emergere una diminuzione statisticamente significativa dei livelli di ansia, aggressività, oppositività, insonnia… e, al contempo, un miglioramento dei livelli di vivacità/attività.
Infine sono migliorate anche le modalità di relazione pre-verbali e non verbali, con una conseguente riattivazione delle relazioni con gli altri ospiti e operatori.
Grazie alla sollecitazione della memoria procedurale, tramite i gesti di cura come la vestizione, il cambio di abiti o ancora attraverso le azioni del cullare o dell’alimentare, sono significativamente migliorate anche le condotte di auto-assistenza e cura personale, messe in atto dalle singole pazienti.

In conclusione, si può vedere come nei vari studi, la terapia della bambola si sia rivelata un intervento non farmacologico di grande valore per la pratica clinica: valido per il miglioramento del benessere della persona e volto a ridurre i disturbi comportamentali e psicologici nei pazienti con demenza.

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