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L’accoglienza ai rifugiati: cosa ci dice la ricerca empirica?

I bisogni di salute dei rifugiati differirebbero notevolmente da quelli delle persone del paese ospitante, purtroppo c'è ancora poca ricerca in merito.

Di Giovanni Maria Ruggiero, Sandra Sassaroli

Pubblicato il 10 Giu. 2016

Aggiornato il 09 Giu. 2021 15:01

Cosa sappiamo davvero dei migranti e dell’accoglienza che riusciamo a fornire? C’è poca ricerca sui bisogni dei rifugiati e richiedenti asilo, in particolare sul loro accesso alle cure mediche appropriate.

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La ricerca arriva principalmente dal Canada, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda. Poco si sa sulla salute dei rifugiati in arrivo e sui percorsi di assistenza sanitaria (Gabriel, Morgan-Jonker, Phung, Barrios, & Kaczorowski, 2011). Le linee guida (Pottie et al., 2011) ci informano che gli immigrati dovrebbero essere dotati di vaccinazione e screening medico di routine. C’è un grande bisogno di continuare a fornire servizi di assistenza ai rifugiati per la formazione professionale, l’accesso al mercato del lavoro e la consulenza per i traumatizzati (Maximova & Krahn, 2010). Una meta-analisi ha evidenziato che le molteplici dimensioni dell’integrazione dei rifugiati non possono essere comprese senza tener conto di una vasta gamma di fattori di stress pre e post-migrazione (Porter & Haslam, 2005; Ringold, Burke, e Glass, 2005).

I bisogni di salute dei rifugiati potrebbero differire significativamente da quelli delle persone del paese ospitante a causa della precedente esposizione a malattie esotiche e la mancanza di accesso alla prevenzione sanitaria, come ad esempio, le vaccinazioni (Hobbs, Moor, Wansbrough, & Calder, 2002). Inoltre vanno valutate le cause della migrazione -forzata contro volontaria- le condizioni familiari e finanziarie e la conoscenza della lingua. Nel 2001 Burnett e Peel hanno descritto alcuni degli ostacoli che i richiedenti asilo affrontano nell’accesso ai servizi sanitari nel Regno Unito. La prima difficoltà è comprendere la procedura di registrazione con un medico di medicina generale. La lingua è la barriera più importante che ostacola i rifugiati nell’accesso ai servizi sanitari.

Purtroppo, mentre la ricerca descrive con una certa ricchezza la situazione in Canada, Australia e Nuova Zelanda, molto meno si sa su cosa accada nei paesi europei e mediterranei, che sono attualmente la zona di massima migrazione e disagio. In Canada, i rifugiati ricevono un pacchetto finanziato dal governo federale che comprende qualche copertura medica, paramedica e dentistica, più laboratori medici o infermieristici di radiografia e vari servizi finanziati a livello locale. Studi australiani e neozelandesi hanno esplorato gli ostacoli incontrati dai rifugiati nell’accesso ai servizi sanitari, e le sfide affrontate dai fornitori. Il problema principale sono gravi esigenze di salute fisica dei rifugiati a causa della malnutrizione, della povertà, degli abusi, del sovraffollamento dei campi profughi e dell’inadeguata fornitura di assistenza sanitaria.

La seconda sfida sono i problemi di salute mentale e il disagio psicologico dei rifugiati, che hanno sperimentato o testimoniato la tortura, la violenza, lo stupro e la morte. Inoltre, alcuni rifugiati possono non descrivere loro problemi nei servizi di consulenza specifica per alleviare il trauma, perché nella loro cultura il silenzio e l’oblio sono i meccanismi di gestione più comuni (Burnett & Peel, 2001).

 

 

Accogliere i rifugiati: le sfide degli operatori

Un altro filone della letteratura affronta le sfide che devono affrontare gli operatori. Gli operatori sanitari devono affrontare una serie di sfide quando lavorano con i rifugiati, tra cui la lingua, la pressione del tempo e le differenze culturali (Burnett & Peel, 2001). Gli operatori hanno bisogno di una formazione specifica per sapere prendersi cura dei rifugiati e degli immigrati. Dovrebbero conoscere la storia degli immigrati. Domande semplici, come ad esempio “Come vi aiuterebbe un farmacista nel vostro paese?” possono fare la differenza quando si inizia una valutazione di un paziente immigrato (Pottie et al., 2011).

La letteratura dice che i farmacisti sono spesso i primi operatori sanitari che aiutano i nuovi arrivati ​​con i loro bisogni di assistenza sanitaria e anche in questo caso le linee guida confermano l’importanza delle farmacie per la cura degli immigrati e rifugiati (Ingar, Farrell, e Pottie, 2013). Un’altra prima linea di assistenza primaria è fornita dagli Istituti caritatevoli, società senza scopo di lucro progettate per fornire servizi sanitari di base a prezzi accessibili e adeguati (Lawrence & Kearns, 2005). L’assistenza sanitaria è un processo fondamentale per consentire ai gruppi di rifugiati una piena integrazione nei paesi ospitanti (Mortensen, 2008).

Far fronte a disturbi emotivi e mentali è una competenza primaria per gli operatori sanitari per aiutare i nuovi arrivati. I problemi di salute emotiva e mentale mettono sotto pressione i servizi di cure primarie e secondarie locali, dato che l’isolamento sociale e la solitudine dei rifugiati ha portato a problemi emotivi, sociali e mentali. Molti ostacoli possono impedire un adeguato accesso ai servizi sanitari. Vergogna o paura di ciò che la famiglia e gli amici potrebbero pensare, paura di essere giudicati da parte dei fornitori di trattamento, paura dell’ospedalizzazione e difficoltà logistiche sono ostacoli significativi per l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria (Day, 2016; Drummond, Mizan, Brocx e Wright , 2011).

Gestire la sfida di lavorare in un programma con i rifugiati e gli immigrati richiede molte abilità. Non può essere trascurato il bisogno di corsi specializzati, progettati per preparare le persone a lavorare nel campo dell’assistenza umanitaria (Harrel-Bond, 2002; Walkup, 1997). Al momento attuale i medici di base hanno poche risorse, sia a livello individuale che a livello strutturale, per fornire cure efficaci e gestire le condizioni di salute per i rifugiati (Johnson, Ziersch, e Burgess, 2008). La competenza transculturale è necessaria per offrire una valutazione e un trattamento completi e fa la differenza in termini di soddisfazione del paziente (Koehn, 2005). Per misurare il grado di integrazione dei rifugiati e degli immigrati l’uso di misure adeguate di acculturazione è fondamentale (Deyo, Diehl , Hazuda, e Stern, 1985; Marín, Saboga, Vanoss Marín, Otero-Sabogal, e Pérez-Stabile, 1987).

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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