Reign over me: ‘Non mi piace ricordare. Questo non mi piace‘. Ma si può ricordare in condizioni di sicurezza, in una relazione di attaccamento sicuro.
Reign over me è un film del 2007 diretto da Mike Binder, in cui vengono affrontati in maniera evidente i sintomi di un disturbo da stress post traumatico con manifestazioni dissociative.
Reign over me, la trama del film
Charlie, il protagonista, ha perso la moglie e le sue tre figlie nella tragedia delle torri gemelle e da quel momento vive solitario, chiuso in se stesso, sperso, senza alcun lavoro e vagando per la città con un monopattino elettrico. Ha con se sempre un paio di cuffie per ascoltare la musica, colleziona dischi e passa il tempo a rimbiancare e ristrutturare la cucina ogni paio di mesi. Un giorno, Alan, un amico dei tempi dell’università, lo vede casualmente e sarà proprio lui ad aiutare Charlie ad affrontare la sua sofferenza. Alan è un dentista affermato, taciturno a casa e si sente costretto da obblighi familiari. Con Charlie, Alan rivive la spensieratezza e la libertà, oltre che un’amicizia ritrovata.
Charlie ha un blocco traumatico, con sintomi di evitamento del ricordo, dei pensieri, delle emozioni e delle conversazioni associabili all’evento, evita persone che gli ricordano l’esperienza traumatica come i genitori di sua moglie, oltre che avere un forte senso di alienazione.
Gli aspetti psicopatologici di Charlie, in Reign over me
Il protagonista ha sviluppato una fobia degli stati interni; ha paura dell’intimità, di vivere e sentire emozioni intense, di contattare quelle sensazioni legate al trauma. Per evitare di affrontare, sceglie di non ricordare, perché non gli piace ricordare. Non riesce a gestire le sue emozioni e le manifesta in modo inappropriato ed esagerato rispetto alle circostanze, ai contesti e alle situazioni.
L’intolleranza alle emozioni negative si evince anche nel suo comportamento; ne sono un esempio l’aggressione di Charlie verso il suo amico nel momento in cui gli accenna della sua famiglia e della perdita dei suoi cari. Diventa aggressivo quando si riattivano memorie del passato in merito alla sua professione di dentista, allo stesso modo, in aula di tribunale, alla visione delle foto della sua famiglia, mette in atto una serie di movimenti ripetitivi e oscillatori segno di una iperattivazione senso-motoria che cerca di placare, estraniandosi dalla realtà e dal vissuto doloroso tramite la musica che ascolta con le sue immancabili cuffie.
Reign over me, il trailer:
Non tutte le persone che hanno subito una perdita sviluppano un disturbo da stress post traumatico, esistono differenze individuali come il temperamento, l’ambiente sociale, lo stile di attaccamento, aver vissuto eventi stressanti nel passato, l’assenza di supporto sociale che costituiscono possibili fattori di rischio tali da innescare il processo traumatico.
La risposta al trauma di Charlie in realtà, potrebbe avere riacceso memorie passate legate alla perdita. Il lutto dei suoi genitori quando era piccolo, potrebbe essere considerato un fattore di vulnerabilità per lo sviluppo di un PTSD in età adulta.
Trauma e attaccamento
Nel bambino, si interrompe il processo di sicurezza e vicinanza fornito dalle figure di attaccamento, fondamentale per lo sviluppo di un senso di sé organizzato e coerente. Bowlby aveva identificato in bambini separati dalla figura di attaccamento, tre fasi: protesta (il bambino piange alla separazione dalla fda, vive sentimenti di rabbia, collera e ansia), disperazione (se la protesta fallisce nel tentativo di riottenere vicinanza e prossimità con la figura di riferimento, come nel caso della morte del genitore, il bambino vive un forte senso di disperazione), distacco (apparente recupero e graduale investimento nelle relazioni e sul mondo esterno). Questa è la fase dell’accettazione della realtà e la formazione di nuovi legami di attaccamento.
Allo stesso modo, in età adulta, la perdita del partner, maggiore figura di attaccamento, innesca diverse reazioni simili a quelle che vive il bambino quando si separa e perde la figura d’attaccamento.
Si verificano sentimenti di rabbia, collera, disperazione, disorganizzazione, ritiro sociale e un disagio pervasivo caratterizzato da un senso di solitudine, dolore e colpa. Se il disagio diventa intenso e pervasivo intacca il funzionamento psicologico dell’individuo che sfociano in sintomi post traumatici.
Questo è quello che accade a Charlie, la non accettazione della perdita dei suoi familiari, lo porta a una scarsa modulazione emotiva, autodistruttività, comportamenti impulsivi, disperazione, problemi relazionali e alessitimia. Diventa incapace di prendersi cura, di riconoscere e identificare correttamente le proprie emozioni e sensazioni. Perde completamente contatto con bisogni e stati emotivi delle persone intorno a lui; come accade quando Alan gli comunica la perdita di suo padre.
Nel momento in cui Charlie riesce ad accedere e a rievocare l’esperienza traumatica, mette in atto diverse reazioni senso-motorie che si manifestano con immagini intrusive, flashback e comportamenti impulsivi.
Questa fase, dolorosa di per sé, è l’inizio della presa di consapevolezza del suo malessere e segnerà l’inizio di un percorso psicoterapeutico che affronterà solo con il sostegno di Alan e della terapeuta.
Grazie alla relazione di amicizia, vissuta inizialmente con diffidenza, tradimento e abbandono e successivamente sperimentando il piacere, la condivisione di interessi e l’efficacia, Charlie recupera la dimensione interpersonale. Viene elaborato il trauma solo quando il protagonista si sente al sicuro e vive la relazione come supportiva. Sembra evidente come l’esperienza traumatica possa essere affrontata solo nel momento in cui c’è una sensazione di sicurezza e fiducia nell’altro.
Tutto ciò che ci è più caro ci può essere strappato;
ciò che non può essere tolto è il nostro potere di
scegliere quale atteggiamento assumere dinanzi
a questo avvenimento(Victor Frankl)