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Disturbo da stress post traumatico: intervenire col modello metacognitivo

La terapia metacognitiva, nel disturbo da stress post traumatico, lavora sui processi di pensiero ripetitivi e disfunzionali relativi ai ricordi traumatici

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 24 Mar. 2016

Il modello metacognitivo ha allargato la propria riflessione teorica, empirica e applicativa anche al disturbo da stress post traumatico. In particolare, l’approccio metacognitivo propone che i sintomi traumatici siano funzionali nel periodo immediatamente successivo all’evento stressante-traumatico.

Il modello metacognitivo (Wells, 2009) ha allargato la propria riflessione teorica, empirica e applicativa anche al disturbo da stress post traumatico. In particolare, l’approccio metacognitivo propone che i sintomi traumatici siano funzionali nel periodo immediatamente successivo all’evento stressante-traumatico, in quanto sarebbero parte di un processo naturale di adattamento (in inglese, Reflexive Adaptation Process -RAP) che influenza la cognizione e l’attenzione allo scopo di identificare e utilizzare nuove strategie di coping.

 

Il rimuginio nel disturbo da stress post traumatico

Normalmente tale percorso evolve senza ostacoli e la persona esce dal circolo ansioso dal momento in cui i processi cognitivo-attentivi cessano di focalizzarsi su stimoli minacciosi. Vi sono dei casi in cui però l’evoluzione adattiva di questo percorso viene bloccata quando la persona continua a rimuginare su stimoli potenzialmente minacciosi o connessi all’episodio traumatico.

Il rimuginio appartiene alla sindrome cognitive-attenzionale (CAS). Nel caso del disturbo da stress post traumatico, tale stile cognitivo consiste in una perseverazione ripetitiva del pensiero, dell’attenzione e dei ricordi allo scopo di trovare significati, monitorare e prevenire simili minacce future.

Secondo il modello metacognitivo, i sintomi del disturbo da stress post traumatico si manterrebbero perché la sindrome cognitivo-attenzionale non consente un’attività cognitiva flessibile e libera dall’incombenza del monitoraggio degli stimoli minacciosi. E sarebbero proprio le credenze metacognitive (come ad esempio, ‘Analizzare continuamente ciò che ho sbagliato nel passato mi aiuterà a prevenire cose negative in futuro‘) a spingere verso il rimuginio. Inoltre alcune credenze metacognitive negative relative all’incontrollabilità dei pensieri concorrono a un’aumentata percezione di minaccia sia nel presente che nel futuro.

 

Il modello metacognitivo nel trattamento del disturbo da stress post traumatico: uno sguardo alla letteratura

A livello empirico diversi contributi dimostrano la rilevanza della metacognizione nel mantenimento del disturbo da stress post traumatico, avendo questa anche secondo alcuni autori un ruolo predittivo dei sintomi post-traumatici (si vedano ad esempio Bennett and Wells2010; Guthrie and Bryant2000; Holeva et al.2001; Roussis and Wells2008).

Dal punto di vista clinico, il modello metacognitivo propone un trattamento focalizzato sulla sindrome cognitivo-attenzionale, sui relativi processi di pensiero e sulle credenze metacognitive disfunzionali, con l’obiettivo di flessibilizzare la rigidità della sindrome cognitivo-attenzionale. Di nuovo, il target del trattamento, non sono i contenuti traumatici bensì i processi mentali cognitivi e attentivi che sottostanno l’intrusitività e la perseveranza ripetitiva maladattiva di tali stati mentali.

In aggiunta a precedenti ricerche preliminari, il recente studio di Wells, Walton, Lovel & Proctor (2015) consiste in un trial controllato in cui viene messa a confronto la terapia metacognitiva (MCT) con la terapia di esposizione prolungata (PE) su un campione di 32 pazienti con diagnosi di disturbo post traumatico da stress insorto da almeno tre mesi. Il protocollo di terapia di esposizione prolungata implica nella sua essenza principale una serie di graduali esposizioni in immaginativo e in vivo, con riflessioni psicoeducative riguardo l’evitamento e i circoli viziosi ad esso correlati nel mantimento del distress a lungo termine e della sintomatologia post-traumatica.

D’altra parte, la terapia metacognitiva – anche nel caso del disturbo da stress post traumatico – mira a lavorare sulla sindrome cognitivo-attenzionale, sui processi di pensiero ripetitivi e sulle credenze metacognitive disfunzionali relative alle funzioni mnestiche e ai ricordi traumatici.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti per otto settimane a un’ora di terapia individuale di tipo metacognitivo o espositiva. Tra le misure di outcome impiegate vi sono la Impact of Events Scale (IES; Horowitz et al.1979) che misura il livello di intrusività ed evitamento, e la Post-traumatic Stress Diagnostic Scale (PDS; Foa 1995) che valuta la sintomatologia del PTSD secondo i criteri del DSM-IV. Lo studio dimostra che entrambe le tipologie di trattamento – confrontate anche con un gruppo di pazienti in lista d’attesa- sono efficaci, e cioè sono in grado di migliorare i sintomi del disturbo da stress post traumatico, e anche i livelli di ansia e depressione.

Nella fase di post-test la terapia metacognitiva risulta essere anche maggiormente efficace (con maggiori dimensioni dell’effetto) rispetto alla terapia espositiva; tuttavia nel follow-up si riscontrano elevate percentuali di recupero e miglioramento della sintomatologia per entrambe le terapie analizzate. Dunque entrambi i protocolli, secondo la ricerca, si possono definire empiricamente efficaci per il trattamento del disturbo da stress post traumatico. Ulteriori studi dovranno dimostrare la replicabilità dei risultati secondo cui la terapia metacognitiva portebbe pure a un maggiore e più rapido miglioramento sintomatico per questa tipologia di disturbo, oltre che verificarne l’efficacia confrontandola anche con altre terapie che lavorano sul trauma.

 

 

Congresso Internazionale Terapia Metacognitiva Milano 2016

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Linda Confalonieri
Linda Confalonieri

Redattrice di State of Mind

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