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La relazione tra la tendenza a fantasticare e i sintomi depressivi: pensa positivo, ma impegnati!

Tendenza a fantasticare sul futuro può essere sia un fattore di rischio che un fattore di protezione contro una sintomatologia di tipo depressivo.

Di Chiara Manfredi

Pubblicato il 25 Feb. 2016

Aggiornato il 16 Mar. 2016 16:06

Un recente studio ha indagato la relazione tra la tendenza a fantasticare, a sognare ad occhi aperti, e la presenza di sintomi depressivi.

Un recente studio pubblicato su Psychological Science (Oettingen, Mayer & Portnow, 2016) ha indagato la relazione che esiste tra la tendenza a sognare a occhi aperti, a fantasticare,  e la presenza di sintomi depressivi sia considerando queste due variabili nello stesso momento che in una prospettiva temporale più ampia (fino a 7 mesi).

 

Gli effetti della tendenza a fantasticare a distanza di 1 mese

Nello specifico, gli autori hanno svolto 4 studi sul tema. Nel primo, hanno chiesto a 88 partecipanti di fantasticare sulla conclusione di uno scenario solo abbozzato e hanno valutato per ogni partecipante la presenza di sintomi depressivi in due momenti a distanza di un mese uno dall’altro: le analisi dei dati hanno mostrato che più la conclusione immaginata era positiva, minore era il livello di sintomi depressivi nel momento specifico in cui si fantasticava; tuttavia, più una persona fantasticava in modo positivo, più i sintomi depressivi si facevano sentire un mese dopo.

 

Gli effetti della tendenza a fantasticare sull’arco di 7 mesi

Nel secondo studio gli autori hanno seguito la stessa procedura, ma applicandola a 109 bambini di circa 10 anni e valutando un periodo di tempo di 7 mesi anziché uno. Anche in questo caso, la tendenza a fantasticare su scenari positivi è risultata correlata con un maggiore benessere nel momento stesso in cui si fantastica, ma a una maggiore presenza di sintomi depressivi 7 mesi dopo.

 

Diario giornaliero sulla tendenza a fantasticare e risultati sui 6 mesi

Nel terzo studio, al posto della procedura utilizzata in precedenza, è stato utilizzato un diario che valutasse la tendenza a fantasticare di 73 soggetti in modo positivo nel corso della giornata, e di nuovo l’umore e stato valutato all’inizio dello studio e 6 mesi dopo. Ancora una volta, i risultati hanno replicato quanto emerso nei due studi precedenti: la tendenza dei soggetti a lasciarsi andare a fantasticherie positive nel corso della giornata era correlata con minori sintomi depressivi sul momento, ma con maggiori sintomi depressivi nel lungo termine (6 mesi dopo).

 

Gli effetti della tendenza a fantasticare su impegno e risultati accademici

L’ultimo studio ha coinvolto 148 studenti del college, che hanno completato la medesima procedura utilizzata negli studi 1 e 2 per quanto riguarda la tendenza a fantasticare in modo positivo; due mesi dopo gli allievi sono stati sottoposti alla seconda valutazione dell’umore e alla valutazione dell’impegno nelle attività accademiche. Infine, è stato registrato il dato relativo al successo accademico dei partecipanti, in termini di esami sostenuti e votazione finale. Ancora una volta, le fantasie positive erano legate a un umore migliore in un primo tempo, e a maggiori sintomi depressivi a distanza di due mesi.

Inoltre, il successo accademico e l’impegno nello studio erano in grado di mediare parzialmente la relazione tra le fantasticherie positive e i sintomi depressivi. Vale a dire, sembra esserci una linea che porta dalla tendenza a fantasticare in modo positivo a un minore impegno e un minore successo accademico, e da queste difficoltà a una maggiore presenza di sintomi depressivi.

 

La tendenza a fantasticare: dispersione di energie e diminuzione dell’impegno

Come interpretare questi risultati? Gli autori suggeriscono alcune possibilità.

Secondo loro, mentre le aspettative positive sarebbero basate su esperienze passate concrete ed effettivamente avvenute, fantasticare su scenari ideali sembrerebbe sprecare energia e ostacolare il successo sia in ambito accademico che relazionale.

Dall’analisi della letteratura, sembra che fantasticare sul futuro porti a una diminuzione delle energie, valutate sia attraverso questionari che attraverso la misurazione della pressione sanguigna, e a sua volta l’abbassamento di energia porterebbe a minori sforzi e una peggiore prestazione e, di conseguenza, a una maggiore probabilità di sviluppare sintomi depressivi (Kappes & Oettingen, 2001; Strauman, 2002).

Azzardando forse un po’ troppo, nella discussione ai risultati, gli autori ipotizzano che fantasticare sul futuro potrebbe incoraggiare le persone a godersi gli esiti di questi scenari in anticipo, abbassando così l’energia e l’impegno richiesti per raggiungere concretamente l’obiettivo.

Riassumendo, fantasticare in modo positivo sul futuro può essere sia un fattore di rischio che un fattore di protezione contro una sintomatologia di tipo depressivo. Quando le persone sognano a occhi aperti, questo le fa stare meglio, contrastando nel breve termine la tristezza; tuttavia, questo potrebbe anche portare le persone a perdersi sia in termini di energie che di direzionalità verso l’obiettivo, rendendo le fantasie un fattore di rischio per l’immobilità e, di conseguenza, la difficoltà a raggiungere l’obiettivo concretamente nel lungo termine.

Fate attenzione a quello che desiderate, ma soprattutto dopo averlo desiderato andatevelo a prendere!

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SCRITTO DA
Chiara Manfredi
Chiara Manfredi

Teaching Instructor presso Sigmund Freud University Milano, Ricercatrice per Studi Cognitivi.

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