expand_lessAPRI WIDGET

Lo sviluppo della moralità nel bambino – Introduzione alla Psicologia

Piaget e Kohlberg si sono occupati di definire le fasi dello sviluppo della moralità nel bambino e i meccanismi che vi sottendono.  

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 04 Feb. 2016

Lo sviluppo della moralità nel bambino comprende sia il giudizio morale sia il comportamento morale. Si tratta di un campo molto ampio che rientra più specificamente tra i processi di socializzazione, ma investe anche problemi che riguardano dimensioni più interne del funzionamento della persona, e in particolare le interazioni tra affetti, esperienza sociale e processi cognitivi che portano alla coscienza morale individuale.

INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA RUBRICA DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA IN COLLABORAZIONE CON LA SIGMUND FREUD UNIVERSITY DI MILANO 

Lo sviluppo della moralità: introduzione

Lo sviluppo della moralità nel bambino rappresenta una tematica importante sia dal punto di vista psicologico che da quello sociale e comprende sia i meccanismi che sottendono la formazione della moralità sia i fattori che la influenzano. Capire come si genera la moralità nel bambino aiuta a comprendere meglio se stessi nell’interazione sociale e aiuta a orientare i criteri educativi quando si esercita il ruolo di genitore o di insegnante o, in generale, di educatore.

Lo sviluppo della moralità: definizione

Lo sviluppo morale nel bambino comprende sia il giudizio morale sia il comportamento morale. Si tratta di un campo molto ampio che rientra più specificamente tra i processi di socializzazione, ma investe anche problemi che riguardano dimensioni più interne del funzionamento della persona, e in particolare le interazioni tra affetti, esperienza sociale e processi cognitivi che portano alla coscienza morale individuale.

Gli studi sullo sviluppo della moralità

I primi studi sistematici in questo campo risalgono a Jean Piaget, che si è interessato prevalentemente alle forme e allo sviluppo del pensiero e del giudizio morale nel bambino. Inoltre, importanti contributi provengono dalla prospettiva psicoanalitica, fin dai tempi di Freud. In questo caso, ad essere indagati con particolare interesse erano i processi di ordine relazionale-affettivo che sono alla base dell’acquisizione del controllo morale e del comportamento.
Le odierne teorie della sociobiologia, sostengono che le emozioni alla base del comportamento altruistico o pro-sociale sarebbero il prodotto di un’evoluzione di forme di altruismo reciproco, praticate dagli uomini in rapporto alla necessità di difendersi, di proteggersi dai nemici e di condividere. Contributi rilevanti provengono anche dalla prospettiva comportamentista, che si è evoluta nella prospettiva del social learning.

Le prime due teorie sullo sviluppo della moralità

Due le prime principali teorie sullo sviluppo della moralità, che risultano essere per certi aspetti collegate: la teoria di Piaget e quella di Kohlberg, che si collocano nell’ampia prospettiva cognitivo-evolutiva.

 

Lo sviluppo morale secondo Piaget

Piaget si focalizzò sulla morale dei bambini studiando il modo in cui giocano per capire come si evolve il concetto di bene e di male. Scoprì, in questo modo, che la moralità può considerarsi un processo evolutivo: i bambini cominciano con lo sviluppo di una morale basata sulla stretta aderenza alle regole, dettata dalla convinzione che a un’azione errata segua automaticamente una punizione, e successivamente, attraverso l’interazione con altri bambini, scoprono che un comportamento strettamente aderente alle regole può talvolta essere problematico. Quindi, sviluppano uno stadio autonomo di pensiero morale caratterizzato dalla capacità di interpretare le regole criticamente e selettivamente basandosi sul mutuo rispetto e sulla cooperazione.

Piaget ritiene che il ragionamento morale esplicito del bambino sia una sorta di presa di coscienza dell’attività morale. Questa presa di coscienza va intesa come una ricostruzione delle nozioni già sviluppate effettuata anche in base alle nuove capacità cognitive.
Uno degli aspetti fondamentali di questa teoria è la distinzione tra due forme di moralità, che pur essendo prevalenti in successive fasi dello sviluppo, possono convivere in varie forme: il realismo morale e il relativismo morale.

La prima forma, il realismo morale, prevalente fino agli otto anni, collegata con una prospettiva egocentrica del mondo e con il predominare di un modo di pensare “realistico”: la validità dei principi, rigidi e immutabili, è determinata dall’autorità di chi li ha emanati ( es. i genitori), e dalla capacità di questi ultimi di far rispettare tali principi con adeguate sanzioni in caso si trasgressione.

In questa prospettiva i comportamenti sono giudicati o giusti o sbagliati, e i bambini ritengono che tutti debbano giudicarli in questo modo.
Invece, nella forma del relativismo morale, descritta anche come morale dell’autonomia, l’intenzione e il contesto assumono un ruolo importante nella valutazione dell’atto. Questa forma di moralità tende a prevalere dopo gli otto anni, anche se può coesistere con manifestazioni della morale eteronoma. I principi non sono più considerati immutabili, ma fondati e mantenuti dal consenso reciproco, e quindi modificabili in rapporto a situazioni e contesti diversi.

Per esempio, nei bambini in cui prevale il realismo morale la bugia è considerata ‘cattiva’ perché può comportare una punizione. Successivamente, per quegli stessi bambini la bugia diventa qualcosa di cattivo di per sé, anche se le punizioni venissero soppresse. Infine, è considerata negativa perché danneggia la fiducia reciproca, quindi la regola è stata internalizzata. Da quanto detto prevale un senso di giustizia derivante dal passaggio da una morale eteronoma ad una morale autonoma. Per questo, se il bambino vive con i fratelli o compagni una vita sociale che favorisce i suoi bisogni di simpatia e cooperazione, questo promuoverà una morale fondata sulla reciprocità e non sull’obbedienza.

 

Lo sviluppo della moralità secondo Kohlberg

Successivamente, la teoria di Kohlberg costituisce, in parte, un’estensione di quella di Piaget , con la quale condivide l’aspetto stadiale, la considerazione centrale dei processi di tipo cognitivo e l’interesse prevalente per il pensiero morale, piuttosto che per lo sviluppo della moralità nelle sue manifestazioni comportamentali. L’estensione consiste in un’articolazione degli stadi, che arrivano a coprire l’età adulta, e in una definizione precisa dei criteri che consentono di collocare le varie forme di giudizio morale nei successivi stadi.

Per Kohlberg è fondamentale il parallelismo tra gli stadi dello sviluppo intellettivo e quelli dello sviluppo del pensiero morale; il possesso delle competenze cognitive di uno stadio è una condizione necessaria ma non sufficiente perché siano presenti le corrispondenti caratteristiche del giudizio morale. Tale teoria si oppone alla concezione che lo sviluppo del pensiero morale sia il risultato di un apprendimento sociale, e ritiene che tale sviluppo derivi da un progressivo ampliamento della comprensione delle caratteristiche delle azioni sociali proprie e degli altri.

Kohlberg si è servito fondamentalmente di interviste in modalità analoghe a quelle di Piaget, proponendo ai suoi soggetti dei dilemmi morali, rappresentati da vicende nelle quali il protagonista può prender diverse decisioni. Kohlberg ha delineato, in questo modo, una serie di stadi di sviluppo morale molto articolati, dall’infanzia all’età adulta. La nozione di stadio è strettamente legata a quella di Piaget : lo sviluppo degli stadi va da un livello inferiore ad un livello superiore e ogni individuo passa da uno stadio a quello successivo (invarianza della sequenza); la sequenza ideata da Kolberg prevede 3 livelli di giudizio morale, ognuno dei quali è diviso in 2 stadi.

Livello preconvenzionale: in questo livello (sotto i 9-10 anni), si considerano le norme che possono comportare una punizione: la motivazione sulla quale si basa la valutazione è legata al rischio di ricevere una punizione, e quindi all’obbedienza all’autorità. La prospettiva socio-cognitiva è quella egocentrica.
Stadio 1: orientamento premio-punizione non si tiene conto di possibili differenze nei punti di vista dai quali si valuta un dilemma morale, né si considerano adeguatamente le intenzioni che determinano un comportamento (valutato soprattutto in rapporto alle sue conseguenze sul piano fisico).
Stadio 2: orientamento individualistico e strumentale: ciò che è giusto o sbagliato diventa più relativo, e non dipende più così radicalmente dalla sanzione dell’autorità.

Livello convenzionale: questo livello (dai 13/14 anni fino ai 20 anni) è caratterizzato dal rispetto di norme che sono state socialmente approvate, e non più dalle conseguenze immediate dell’azione individuale.
Stadio 3: orientamento del “bravo ragazzo”: assume importanza il rispetto delle norme in modo da rispondere alle aspettative positive della comunità della quale si condividono i valori.
Stadio 4: orientamento al mantenimento dell’ordine sociale: le relazioni interindividuali vengono considerate nel contesto di un sistema, le cui regole non devono essere infrante. Le norme morali non valgono soltanto in quanto legate ad un gruppo con il quale si hanno legami affettivi ma sono connesse con il proprio ruolo all’interno della società, le cui leggi vanno rispettate in quanto garantiscono l’ordine sociale.

Livello post-convenzionale (regolato da principi): le norme morali vanno al di là della società nella quale si vive, sono legate ad un sistema di principi astratti e di valori universali.
Stadio 5: orientamento del contratto sociale: le regole morali non sono fisse e immutabili ma sono create e quindi modificabili in base ad una sorta di contratto sociale.
Stadio 6: orientamento della coscienza e dei principi universali, che possono non essere scritti nelle leggi.

Lo sviluppo morale: conclusioni

Lo sviluppo della moralità avviene sostanzialmente attraverso degli stadi, veicolati dalla vita in famiglia e da quella nel gruppo dei pari. Ne consegue che la personalità dell’adulto riflette le caratteristiche sviluppate durante l’infanzia, anche negli aspetti della moralità. In quel periodo si forma la concezione morale degli individui e perciò della società.

RUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

Sigmund Freud University - Milano - LOGO

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Piaget, J. (1972). Il giudizio morale nel fanciullo, Firenze, Giunti-Barbera
  • Kohlberg, L. (1982). Moral development, in J.M. Broughton & D.J. Freeman-Moir (Eds.), The Cognitive Developmental Psychology of James Mark Baldwin: Current Theory and Research in Genetic Epistemology, Norwood, NJ: Ablex Publishing Corp.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicoogiche - Flash News
Atei & Credenti: cambia il senso della moralità?

Diversi studi affermano che l’idea secondo cui gli atei sarebbero più immorali dei credenti appare erronea, sia in termini pratici che teorici - Religione

ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel