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Il doppio senso della supervisione – Ciottoli di Psicopatologia Generale Nr. 8

Il terapeuta descrive al supervisore il mondo della relazione con il paziente. E' necessario che il supervisore sia un esperto o che sia solo un esterno? 

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 29 Feb. 2016

La realtà si manifesta solo nell’interazione con un osservatore. La sua rappresentazione è dunque frutto parimenti della cosa in sé e degli schemi percettivi e cognitivi dell’osservatore.

CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE (RUBRICA) – LEGGI L’INTRODUZIONE

 

La realtà, ammesso che esista indipendentemente, si manifesta solo nell’interazione con un osservatore. La sua rappresentazione è dunque frutto parimenti della cosa in sé e degli schemi percettivi e cognitivi dell’osservatore.

Tutto questo non è il delirio estremo di costruttivisti radicali ma è dimostrato scientificamente vero dalla teoria standard dei quanti: non esistono cose ma soltanto avvenimenti ovvero interazioni tra cose: se non c’è interazione spariscono davvero pure le cose, mica poco!

In terapia abbiamo un soggetto A che ci descrive il mondo in cui è immerso e che gli genera disagio.

Un intervento di basso livello, la valutazione è mia e riguarda l’eleganza (che però mi è difficile definire più operativamente anche se mi capisco da solo) e la stabilità nel tempo dell’efficacia, riguarda l’aggiustamento (critica e discussione) di questa costruzione in modo che sia più adattiva ovvero più idonea a consentire il perseguimento degli scopi di A.

Un intervento di livello superiore riguarda invece la consapevolizzazione e la relativizzazione (non necessariamente la sostituzione) degli schemi percettivi costruttivi del soggetto stesso che sono congruenti con i suoi scopi. In supervisione abbiamo un T e un S.

T descrive il mondo della sua relazione con A il quale gli descrive il mondo in cui è immerso e che gli genera disagio. S può fare un intervento, magari utile ma di basso livello, nel senso sopradescritto, correggendo la costruzione che T ha di A al fine di perseguire meglio lo scopo della guarigione di A. Interventi del tipo: aggiustiamo la diagnosi, vediamo le tecniche utilizzabili, come superare le resistenze ecc.

Ma S può fare anche un intervento di livello superiore mostrando e relativizzando gli schemi percettivi costruttivi con cui T vede A, con ciò evidenziando gli scopi che muovono T.

Questo secondo tipo di intervento anche se apparentemente meno utile nell’immediato è più efficace ed economico perché gli scopi e gli schemi conseguentemente attivi di T verso A lo sono presumibilmente anche nelle relazioni di T con A2, A3, A4, An, ovvero non con il singolo paziente ma con la categoria generale dei pazienti e forse, più in generale degli esseri umani.

Ovviamente il regresso può continuare all’infinito: nella costruzione che S fa di A, di T e della loro relazione entrano in gioco soprattutto gli schemi di S. Non si può ovviare a tutto e comunque alla fine un punto di vista dal quale si predica resta sempre (un pulpito fuoricampo, gli occhi che guardano ma non vedono loro stessi).

Si può ovviare in parte al punto cieco, avendo più S ed è proprio questo il senso di un gruppo di supervisione e più in generale dell’intervisione. Non serve che S sia necessariamente più esperto ma soprattutto che sia esterno.

 

 

RUBRICA CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE

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