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L’efficacia della psicoterapia cognitivo-comportamentale sull’insonnia e sull’infiammazione cellulare

La CBT conferma la sua efficacia contro l'insonnia portando, inoltre, benefici che sembrano critici nella riduzione dell'attività infiammatoria cellulare.

Di Alessandro Valzania

Pubblicato il 15 Gen. 2016

Esiste una correlazione tra l’insonnia e l’infiammazione cellulare? Sembra di sì e la psicoterapia cognitivo-comportamentale sembra essere efficace per entrambi i fattori presi in considerazione.

L’insonnia è diagnosticata prendendo in considerazione alcuni parametri, quali difficoltà all’addormentamento, frequenti risvegli e l’impossibilità di riprendere sonno. In aggiunta ai sintomi notturni, nella maggior parte dei casi, sono presenti anche sintomi diurni, quali ad esempio fatica, irritabilità, sonnolenza, disturbi dell’umore e difficoltà di apprendimento e memoria.

L’insonnia, se di lunga durata, può avere delle conseguenze gravi con manifestazione di alcune psicopatologie come, su tutte, la depressione. Negli ultimi anni è aumentato l’interesse per lo studio relativo alle infiammazioni cellulari e sistemiche legate alla depressione e per comprendere se questi due fattori possono avere una relazione causale con i disturbi del sonno.

Alcuni studi hanno dimostrato con chiarezza che alti livelli d’infiammazione cellulare possono portare a un aumento delle Proteine C-Reattive (PCR) e a conseguenti sintomi depressivi e alterazioni dell’andamento del sonno (Meier-Ewert et al., 2004; Eisenberger et al., 2010; Raison et al., 2010; Ferrie et al., 2013). Altre ricerche, invece, hanno mostrato che la terapia cognitiva-comportamentale e l’utilizzo di tecniche meditative può indurre, almeno parzialmente, una riduzione dei leucociti e delle alterazioni trascrizionali associate alla risposta da stress (Morin et al., 2009; Irwin & Olmstead, 2012); nessuno ha però focalizzato il proprio interesse sulle possibilità di ridurre le infiammazioni sistemiche e cellulari legate all’insonnia.

Un gruppo di ricercatori dell’Università della California (Irwin et al., 2015) ha studiato gli effetti della terapia cognitivo-comportamentale e del Tai Chi sull’infiammazione cellulare, ipotizzando questo come fattore causale dell’insonnia stessa.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale per i disturbi del sonno consiste essenzialmente in una psicoeducazione, in un rafforzamento delle associazioni tra il letto e il momento di andare a dormire e in una ristrutturazione dei pensieri disfunzionali legati al sonno. Il trattamento dell’insonnia ha come obiettivo primario quello di migliorare la qualità e la quantità del sonno e i sintomi diurni correlati al disturbo.

Il Tai Chi, invece, è un’arte marziale cinese che nei paesi occidentali ha assunto i connotati di ginnastica utilizzata nella prevenzione di malattie. Non a caso, sono piuttosto noti i benefici del Tai Chi sulla riduzione della pressione sanguigna, sulla riduzione dello stress, miglioramento del sonno e sul trattamento della depressione (Wang et al., 2001, 2004; Irwin et al., 2008; Lavretsky et al., 2011)

Il gruppo di Irwin e colleghi ha utilizzato 123 adulti anziani (età superiore ai cinquantacinque anni) che soddisfacevano i criteri del DSM-IV per l’insonnia primaria, dividendoli in modo casuale in tre gruppi: pazienti sottoposti a una psicoterapia cognitiva-comportamentale per l’insonnia; pazienti che praticavano il Tai Chi; pazienti che costituivano il gruppo di controllo e che quindi non ricevevano alcun tipo di trattamento. Inoltre, i ricercatori, al quarto e sedicesimo mese di trattamento, misuravano nei tre gruppi i livelli della Proteina C-Reattiva (PCR).

Lo studio ha dimostrato che la psicoterapia cognitivo-comportamentale riduceva i sintomi dell’insonnia e i livelli di attivazione infiammatoria con conseguente diminuzione dei livelli delle PCR. Questa riduzione dei fattori d’infiammazione era costante anche nei successivi follow-up a sette e sedici mesi correlato sempre al miglioramento del sonno. Il gruppo che aveva utilizzato il Tai Chi, rilevava i medesimi aspetti positivi sullo stato del sonno, ma la riduzione infiammatoria non riguardava direttamente le PCR ma la proteina TLR-4 (Toll-Like Receptor 4). Il dato interessante è che in questo secondo gruppo, nei successivi follow-up, si denotava ancora una riduzione dei livelli di TLR-4, ma i benefici del Tai Chi sull’insonnia erano svaniti e i pazienti erano tornati a manifestare disturbi del sonno. Mentre, nel gruppo di controllo non si notavano cambiamenti significativi degli aspetti presi in considerazione.

Il dato più interessante di questa ricerca è che la psicoterapia cognitivo-comportamentale da una parte conferma la sua efficacia contro l’insonnia (alla pari del Tai Chi) e che, inoltre, porta a dei benefici nella qualità del sonno rilevati anche a distanza di mesi che sembrano essere critici nella riduzione dell’attività infiammatoria cellulare e nello specifico nella riduzione dei livelli di proteine C-reattive.

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