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La relazione tra apprendimento ed empatia: si può imparare a essere più empatici con gli estranei?

Esperienze positive con persone estranee sono in grado di innescare un effetto di apprendimento del cervello, che porta ad un aumento dell'empatia.

Di Chiara Ajelli

Pubblicato il 13 Gen. 2016

Aggiornato il 14 Gen. 2019 12:22

I deficit di empatia aumentano i conflitti e le sofferenze umane. È quindi fondamentale capire come possa essere appresa l’empatia, e come le esperienze di apprendimento generino processi di empatia molto importanti per il cervello umano.

 

I conflitti tra persone di diverse nazionalità e culture spesso derivano da una mancanza di empatia o compassione per lo straniero. Più empatia nei confronti dei membri di altri gruppi potrebbe quindi favorire la convivenza pacifica.

È però possibile imparare ad entrare in empatia con gli estranei. Sorprendentemente esperienze positive con persone provenienti da un altro gruppo sono in grado di innescare un effetto di apprendimento del cervello, che porta ad un aumento dell’empatia. Come alcuni ricercatori presso l’Università di Zurigo rivelano, anche solo una manciata di esperienze positive di apprendimento è già sufficiente per essere più empatici. Infatti, uno studio condotto dall’Università di Zurigo ha esaminato come l’empatia possa essere appresa con gli estranei e come le esperienze positive con gli altri influenzano le risposte cerebrali empatiche.

Sulla base del modello che vede il deficit di empatia come una soppressione consolidata delle risposte cerebrali legata alla sofferenza di sentirsi out-group (fuori dal gruppo), Hein e colleghi hanno condotto uno studio.

L’esperimento era composto da tre parti, ovvero pre-intervento, intervento di apprendimento e post-interveneto, e il campione era formato da persone di origine svizzera e di origine balcanica. Durante tutte le tre parti dello studio, i partecipanti svizzeri sono stati associati sia con persone di origine svizzera (in-group, interni al gruppo), sia ai soggetti di origine balcanica (out-group, esterni al gruppo). L’intervento si basava sull’apprendimento che nasce dalla mancanza di un esito negativo atteso.

I partecipanti infatti prevedevano di ricevere scosse dolorose, ma sapevano anche che una delle persone presenti nella stanza avrebbero potuto pagare per salvarlo dal dolore. Il nome del potenziale soccorritore veniva rivelato appena prima dell’intervento iniziato, ed era un tipico nome balcanico nel gruppo sperimentale, e un tipico nome svizzero nel gruppo di controllo.

Misurando l’attivazione cerebrale dei partecipanti nel corso dell’esperimento è stato possibile osservare che inizialmente vedere un membro esterno al gruppo soffrire, innescava un’attivazione cerebrale debole, rispetto al vedere un membro del proprio gruppo provare dolore.

Tuttavia, bastavano solo una manciata di esperienze positive con qualcuno del gruppo straniero per portare ad un aumento significativo delle risposte empatiche. Più forte era l’esperienza positiva con la persona esterna al gruppo, maggiore era l’aumento dell’empatia neuronale.

Pertanto Hein e colleghi, grazie al loro studio, hanno scoperto i meccanismi neurali e psicologici attraverso i quali l’apprendimento interagisce con l’empatia.

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