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Comunicazione non verbale: lezione magistrale di Daniel Messinger al NeuroComScience – Report

Nella Lectio magistralis organizzata da NeuroComScience, Daniel Messinger ha presentato varie ricerche sull’argomento comunicazione non verbale ed emozioni

Di Annalisa Bertuzzi

Pubblicato il 01 Dic. 2015

Nella Lectio magistralis organizzata da NeuroComScience lo scorso 22 novembre il prof. Daniel Messinger ha presentato i risultati di alcune ricerche sull’argomento comunicazione non verbale e manifestazione delle emozioni.

La comunicazione non verbale e il modo in cui le emozioni si manifestano –espressioni del volto, postura corporea- rappresentano temi di ricerca estremamente affascinanti sin dai tempi della pubblicazione del libro caposaldo di Charles Darwin ‘L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali‘ e ancora oggi estremamente attuali. Nella Lectio magistralis organizzata da NeuroComScience lo scorso 22 novembre il prof. Daniel Messinger ha presentato i risultati di alcune ricerche sull’argomento.

Il prof. Messinger, docente presso il dipartimento di Psicologia dell’Università di Miami dove dirige il laboratorio di osservazione comportamentale, indaga, nei suoi lavori, lo sviluppo sociale ed emozionale attraverso l’analisi delle espressioni facciali e motorio-gestuali, con particolare riferimento allo sviluppo infantile. Tali ricerche si avvalgono non solo dell’utilizzo di metodi osservativi, ma anche della realizzazione e utilizzo di appositi software che analizzano le espressioni del volto e la postura corporea; ulteriori ambiti di studio sono le dinamiche comunicative presenti in bambini con diagnosi inerenti lo spettro autistico.

La presentazione viene introdotta da una ricerca (Harker, L. e Keltner, X., 2001) che indaga la significatività, sul piano sociale, dell’espressione di emozioni positive. Gli autori hanno preso in esame le foto scattate ad alcune donne per l’annuario del college; le foto sono state sottoposte ad un campione di osservatori. Gli osservatori hanno espresso preferenza per le foto di donne che mostravano nell’espressione del volto emozioni positive (sorriso) rispetto alle foto che raffiguravano donne che, invece, non sorridevano, a dimostrazione del fatto che le emozioni positive portano beneficio a livello sociale. Inoltre, è emerso come l’espressione di emozioni positive rappresenti anche un valido predittore di benessere personale e del conseguimento di traguardi di vita desiderabili (life outcomes).

Il secondo studio presentato (Rosenberg et al, 2015) si concentra sui benefici apportati dalla meditazione; nello specifico, gli autori vogliono verificare l’influenza che la meditazione esercita sulle risposte emozionali alla sofferenza. Partendo dalla premessa che la meditazione aiuta le persone a coltivare sentimenti di empatia e a rafforzare la motivazione ad aiutare gli altri, viene analizzato l’impatto che tre mesi di training di meditazione intensiva hanno esercitato sulle risposte emozionali a scene di sofferenza. I sessanta partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo che ha effettuato il training meditativo o al gruppo di controllo; dopo l’esposizione a scene di film che mostravano scene di sofferenza veniva effettuata la misurazione delle risposte emozionali attraverso l’osservazione delle espressioni facciali. Come risultato, è emerso che gli appartenenti al gruppo che aveva effettuato il training erano più inclini, rispetto al gruppo di controllo, a mostrare espressioni facciali che esprimevano tristezza e meno espressioni di rabbia e disgusto.

La ricerca effettuata dallo stesso Messinger (Messinger, D., Fogel, A. e Dickson, K., 2001) compara i vari tipi di sorrisi, giungendo alla conclusione che “tutti i sorrisi sono positivi, ma alcuni sorrisi esprimono maggiore positività di altri”. Un campione composto da 13 bambini viene osservato settimanalmente dal primo fino al sesto mese di età durante le interazioni con la madre, analizzando le modalità con cui compare il sorriso.

Il sorriso non Duchenne (non accompagnato dall’apertura della bocca e dal sollevamento delle guance) è relativamente più frequente rispetto a momenti senza sorriso sia quando le madri stanno sorridendo che quando i bambini stanno guardando i visi delle loro madri. Il sorriso con il sollevamento delle guance, invece, si verifica con maggiori probabilità quando la madre sorride e il bambino la sta guardando. Il sorriso Duchenne (caratterizzato dal sollevamento delle guance, lo strizzare gli occhi e l’apertura della bocca) appare correlato con l’interazione e con la condivisione di affetti positivi. Nello specifico, le dimensioni del sollevamento delle guance e dell’apertura della bocca appaiono essere associate, rispettivamente, con l’amplificazione dei processi di condivisione di affetti positivi e di contatto interattivo tramite gli sguardi, elementi presenti in grado minore nel sorriso non Duchenne.

Ciò vale anche per gli affetti negativi: nei bambini la cry face (faccia da pianto) esprime sentimenti più intensi quando la bocca si apre e gli occhi si contraggono. Attraverso l’interazione, i bambini arrivano a comprendere se stessi come esseri sociali che influenzano e sono influenzati dagli altri; l’essere immersi in interazioni diadiche di sincronia contribuisce a sensibilizzare i bambini alla risonanza emotiva e all’empatia che sottende alle relazioni umane nell’arco della vita.

Gli occhi socchiusi e la bocca aperta rappresentano delle valide variabili discriminanti dell’intensità delle emozioni, perché gli stati emozionali (sia positivi che negativi) sono più intensi, anche negli adulti, quando sono accompagnati dalla costrizione degli occhi e dall’apertura della bocca.

Una differenza significativa tra l’espressione facciale delle emozioni nei bambini e negli adulti è che gli stati emozionali negativi sono associati a più movimento ed espressività del viso, rispetto agli stati positivi, nei bambini; negli adulti si verifica l’esatto contrario, l’espressività associata agli stati negativi è minore, essi mascherano le emozioni negative nel volto; la postura corporea rappresenta un indicatore più affidabile del reale stato emotivo della persona.

Se prendiamo in esame gli stati depressivi, vediamo come minore è l’espressività, a livello facciale, delle emozioni di tristezza, minore è la risposta al trattamento e maggiore è la gravità dello stato depressivo. Coloro che rispondono ai trattamenti hanno anche maggiore variabilità nel tono della voce, fanno meno pause mentre parlano e hanno un eloquio più rapido.

Nei bambini con diagnosi inerenti lo spettro autistico si verifica un minore livello di accordo tra le sensazioni sperimentate dal bambino e la conseguente risposta comportamentale: le reazioni sia a livello di espressione facciale che a livello verbale risultano più incoerenti e, inoltre, compare un modo caratteristico di ruotare la testa. A tempo stesso, la capacità di espressività a livello vocale tende a non modificarsi con l’avanzare dell’età e il bambino, nelle interazioni, appare più attratto dagli oggetti che dalle persone.

Per quanto riguarda la diagnosi precoce, il fatto che il bambino sia in grado di prestare attenzione all’adulto con cui è in interazione, attuando un’attenzione condivisa anche in assenza di altri stimoli, è un buon predittore dell’assenza di difficoltà legate allo spettro autistico.

In ultima analisi, l’osservazione e l’analisi delle espressioni facciali e della postura corporea rappresentano una valida fonte di informazioni, sia per quanto riguarda lo studio e la comprensione dei comportamenti umani, che per le applicazioni in ambito clinico e diagnostico.

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Annalisa Bertuzzi
Annalisa Bertuzzi

PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA AD INDIRIZZO UMANISTICO - INTEGRATO

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