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Cosa nascondono le emozioni? I segnali socio-comunicativi della paura e della rabbia a confronto

Secondo un nuovo studio i segnali visivi emessi durante l’espressione di rabbia e paura potrebbero comunicare le tendenze all'azione di queste emozioni.

Di Stefania Prevete

Pubblicato il 21 Lug. 2015

Aggiornato il 09 Gen. 2017 13:03

 

Nonostante grandi disaccordi circa la natura delle emozioni e delle espressioni emotive, molti ricercatori concordano sul fatto che le espressioni facciali delle emozioni trasmettano informazioni fondamentali circa le tendenze comportamentali di base di chi le esprime.

Nonostante grandi disaccordi circa la natura delle emozioni e delle espressioni emotive, molti ricercatori (Ekman, 1973; Fridlund, 1994; Frijda & Tcherkassof, 1997; Izard, 1971; Russell, 1997) concordano sul fatto che le espressioni facciali delle emozioni trasmettano informazioni fondamentali circa le tendenze comportamentali di base di chi le esprime. Alcuni ricercatori suggeriscono (Fridja, 1995; Fridja &Tcherkassof, 1997) che i sentimenti siano percezioni coscienti di intenzioni comportamentali (tendenze all’azione) e che quindi le sensazioni emotive siano semplicemente la propria consapevolezza di avere un’ intenzione.

Adams et al. (2006) hanno esaminato in che modo le tendenze motivazionali siano attribuite a stimoli espressivi. Tra tutte le emozioni di base, codificate universalmente,hanno preso in considerazione la paura e la rabbia. Queste due emozioni condividono alcune caratteristiche: la valenza negativa, l’alto arousal, e i segnali di minaccia. Rabbia e paura sono inoltre associate a molte forme comportamentali di strategie preventive (attacco/fuga). Tuttavia esse differiscono per intenzioni comportamentali, sia nei termini di chi trasmette che di chi esperisce le emozioni.

Anche le proprietà configurative associate alla rabbia (sopracciglia abbassate/occhi socchiusi) al contrario della paura (sopracciglia rialzate/occhi spalancati) appaiono in antitesi. Darwin spiegava l’antitesi fisica come aspetto utile a distinguere comportamenti che trasmettono significati opposti (ad esempio, il dominio/la sottomissione). In questo senso le espressioni facciali possono essersi evolute appositamente per prevedere le intenzioni comportamentali (e le conseguenze) degli altri. Così, la rabbia trasmette probabilmente ad un osservatore una disponibilità ad attaccare l’altro (ad esempio Fatti indietro o ti attacco), mentre la paura trasmette la disponibilità a sottomettersi of are marcia indietro (per esempio, Non farmi del male! Mi arrendo).

Da questo punto di vista, dunque, le espressioni facciali necessariamente trasmettono un segnale socio-comunicativo: in accordo con questa evidenza è il fatto che mentre la rabbia elicita comportamenti di evitamento in chi la osserva, la paura elicita comportamenti di avvicinamento; viceversa, in termini di chi esperisce l’emozione, la rabbia è associata a condotte di avvicinamento (l’aggressione) e la paura a quelli di evitamento. Così, anche se la rabbia e la paura condividono una valenza negativa, aumento dell’arousal e minaccia ai valori, appaiono essere opposte in termini di motivazioni comportamentali. Tali tendenze all’azione potrebbero essere comunicate dunque attraverso segnali visivi emessi dal viso durante l’espressione di queste emozioni.

Per verificare, dunque, questa ipotesi, gli autori hanno ipotizzato che i comportamenti di avvicinamento sarebbero stati elaborati più velocemente quando associati alla rabbia rispetto alla paura, e che, al contrario, comportamenti di evitamento sarebbero stati più efficacemente elaborati se associati a paura piuttosto che a rabbia. Hanno, pertanto, condotto due studi usando il paradigma dei tempi di reazione per esaminare risposte a facce molto espressive presentate su uno schermo di un computer. In entrambi gli studi hanno esaminato la velocità con la quale i partecipanti erano capaci di indicare se le facce sembravano avvicinarsi o retrocedere dall’obiettivo (il loro sguardo). I risultati hanno rivelato che le risposte alle espressioni di rabbia erano molto più veloci, mentre non sono emerse differenze per le espressioni di paura.Inoltre, sebbene gli autori avessero predetto che l’evitamento fosse associato alla paura, i risultati sembrano piuttosto rilevare che la paura sia legata maggiormente un comportamento di inibizione (congelamento o freezing).

Questa conclusione è coerente con studi (LeDoux, 1996) su animali, sulle risposte di paura, che dimostrano risposte primitive di congelamento, modulate con molta probabilità da risposte dell’amigdala alla minaccia. Da un punto di vista evoluzionistico, tali risposte comportamentali hanno senso, visto che i predatori in natura sono spesso altamente sensibili al movimento biologico. Così, il congelamento, probabilmente offriva alla nostra specie un vantaggio di sopravvivenza in risposta alla predazione.

L’effetto nullo della paura potrebbe dunque indicare che il congelamento o l’inibizione comportamentale è legato a quest’espressione o potrebbe semplicemente indicare che le espressioni di paura falliscono completamente nel comunicare le tendenze comportamentali sottostanti.

Il lavoro offre comunque supporto alle teorie che considerano le tendenze di base comportamentali (o tendenze di azione) come aspetti fondamentali di quanto viene trasmesso dalle espressioni emotive.

 

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