Loana Marchis
Dai risultati emerge una chiara dissociazione tra la capacità dei partecipanti di riconoscere oggetti e la capacità di riconoscere i volti ai quali sono stati precedentemente addestrati.
I risultati di questo studio sembrano andare a sostegno dell’esistenza di un meccanismo specializzato nel riconoscimento dei volti.
Gli esseri umani sono straordinariamente abili a riconoscere i volti. Sin dalla nascita mostrano una particolare attrazione per essi e durante il corso della loro vita vi verranno a contatto centinaia di migliaia di volte.
Due diversi modelli teorici sono stati proposti per spiegare come emerge questa straordinaria capacità.
Il primo ipotizza che esista un meccanismo comune sottostante alla percezione di tutte le categorie di stimoli visivi (volti, macchine, animali etc.) mentre il secondo postula l’esistenza di un meccanismo specializzato solo nel riconoscimento dei volti.
Un gruppo di ricercatori di Harvard e Dartmouth ha tentato di verificare queste due ipotesi utilizzando come campione sperimentale un gruppo di pazienti affetti da prosopoagnosia (incapacità di riconoscere i volti).
Questi autori hanno somministrato a un gruppo di prosopoagnosici e a un gruppo di controllo due test: uno che valuta la capacità di riconoscere categorie di oggetti creati ex-novo dallo sperimentatore (greebles) appartenenti alla stessa famiglia e un altro che valuta il riconoscimento dei volti. La somministrazione dei test era preceduta da una fase in cui i due gruppi sperimentali venivano addestrati a distinguere tra le categorie di greeblese tra i diversi volti.
Questi ricercatori hanno avanzato la seguente ipotesi: se i prosopoagnosici fossero riusciti, grazie all’expertise acquisita, a svolgere correttamente il compito di riconoscimento dei greebles ma non quello dei volti, allora questo sarebbe andato a sostegno dell’ipotesi che il riconoscimento dei volti dipende da un meccanismo specializzato per essi.
Dai risultati emerge una chiara dissociazione tra la capacità dei partecipanti di riconoscere oggetti e la capacità di riconoscere i volti ai quali sono stati precedentemente addestrati. Infatti, mentre nel compito dei greebles entrambi i gruppi hanno mostrato dei risultati simili, nel compito di riconoscimento dei volti la performance è stata peggiore nel gruppo di prosopagnostici rispetto a quelli di controllo.
In conclusione, i risultati di questo studio sembrano andare a sostegno dell’esistenza di un meccanismo specializzato nel riconoscimento dei volti.
Tuttavia, secondo Rezlescu e colleghi sono necessarie delle ulteriori ricerche a sostegno di questa ipotesi. Inoltre, questo gruppo di ricerca si propone in futuro di comprendere i meccanismi cerebrali alla base sia del riconoscimento dell’identità dei volti che dell’integrazione di diverse fonti d’informazione che aiutano il riconoscimento (come ad esempio la voce).
Quello che sembra chiaro, secondo questo gruppo di ricercatori, è che l’elaborazione dei volti e dei segnali sociali da essi veicolati ha un ruolo fondamentale nelle nostre quotidiane interazioni sociali.
ARGOMENTI CORRELATI:
NEUROPSICOLOGIA – ESPRESSIONI FACCIALI
BIBLIOGRAFIA:
- Rezlescu, C., Barton, J.J.S., Pitcher, D., Duchaine, B. (2014). Normalacquisition of expertise with greebles in twocases of acquiredprosopagnosia. Proceedings of the National Academy of Sciences, 1317125111v1-201317125.