Le conseguenze del trauma (con e senza disturbo post traumatico da stress) sulle funzioni esecutive (2)

Quali sono i fattori che portano al mantenimento dei sintomi del DPTS? Molte ricerche correlano la presenza di traumi a deficit delle funzioni esecutive.

ID Articolo: 115606 - Pubblicato il: 18 novembre 2015
Le conseguenze del trauma (con e senza disturbo post traumatico da stress) sulle funzioni esecutive
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Anche studi di neuro-immagine mettono in evidenza differenze nei correlati neurali che vengono ad attivarsi in soggetti sani e in soggetti con DPTS in relazione alle FE. Tali studi mostrano che in soggetti sani, durante compiti che richiedono capacità di inibizione, vi è un’attivazione delle aree della corteccia frontale inferiore, della corteccia orbitofrontale, e della corteccia prefrontale laterale, quest’ultima specificatamente implicata in risposte inibitorie (Aron et al., 2003; Bledowski et al., 2010). In soggetti con DPTS invece si evidenzia una ridotta attivazione della corteccia prefrontale laterale durante lo svolgimento di compiti richiedenti capacità inibitorie (Falconer et al., 2008). Tuttavia un’importante limitazione di questi studi è il riscorso eccessivo a campioni clinici che corrono il rischio di enfatizzare eccessivamente gli effetti specifici della sintomatologia del DPTS sui deficit cognitivi a scapito degli effetti intrinseci del trauma (Navalta et al., 2006).

I deficit cognitivi potrebbero precedere l’inizio del DPTS, svilupparsi insieme all’evento traumatico o insorgere al manifestarsi dei sintomi (Brandes et al., 2002). Per tale motivo studi che utilizzano solo pazienti con DPTS per analizzare gli effetti del trauma sulle FE, non consentono di comprendere le reali conseguenze del trauma sugli aspetti cognitivi.

Navalta et al., (2006) per superare questo problema, hanno indagato gli effetti dell’abuso sessuale in relazione allo sviluppo neurocognitivo in un campione di riferimento non clinico, cioè che non aveva sviluppato una diagnosi di DPTS. Lo studio metteva a confronto 26 donne con storia di abuso sessuale (traumatizzate) con 28 donne senza storia di abuso sessuale (assenza di trauma). I risultati mostrano che l’abuso sessuale è associato a difficoltà cognitive, in particolar modo differenze significative tra i due gruppi sono emerse in compiti volti a valutare le capacità inibitorie, abilità comprese nelle FE.

Così come Navalta et al. (2006), anche De Bellis et al. (2013) indagano il funzionamento cognitivo in bambini e adolescenti mettendo a confronto gruppi clinici con gruppi non clinici. Il campione è formato da tre gruppi: gruppo maltrattati che avevano sviluppato un DPTS; gruppo maltrattati che non avevano sviluppato un DPTS; gruppo di controllo non maltrattati. In accordo con il modello di sviluppo traumatologico sia statico che dinamico (De Bellis, 2001), gli autori ipotizzano che entrambi i gruppi di bambini maltrattati (sia con DPTS che senza) avrebbero riportato performance significativamente peggiori in tutti i domini neuropsicologici rispetto al gruppo di controllo, e che il gruppo di bambini maltrattati con DPTS avrebbe mostrato performance significativamente peggiori in compiti volti a valutare la memoria e le FE rispetto al gruppo dei solo maltrattati e al gruppo di controllo.

E’ stato indagato inoltre se specifiche tipologie di abuso sono associate a specifici domini neuropsicologici, tenendo sotto controllo la gravità del maltrattamento. Per quanto riguarda gli esiti neuropsicologici, non emergono differenze tra i due gruppi di bambini maltrattati: entrambi i gruppi maltrattati (sia con DPTS che senza) eseguono similmente e significativamente peggio prove volte a valutare il QI, il rendimento scolastico, e tutti i domini neuropsicologici eccetto quello fine-motorio, dimostrando come le difficoltà cognitive emergano indipendentemente dalla diagnosi di DPTS.

Non emergono inoltre differenze rispetto alle funzioni esecutive nei due gruppi di bambini maltrattati ma abbiamo differenze tra i due gruppi solo rispetto le abilità visuo-spaziali, che però includono FE di ordine superiore e che quindi supportano l’ipotesi secondo cui il modello di sviluppo traumatologico dinamico predice performance peggiori in compiti volti a valutare le funzioni esecutive nel gruppo maltrattati con DPTS rispetto ai solo maltrattati. I risultati mostrano una relazione tra le variabili di maltrattamento e il funzionamento cognitivo, tale che una durata maggiore della diagnosi di DPTS correla con più basse funzioni visuo-spaziali, i sintomi dissociativi correlano negativamente con il dominio attentivo, e l’esperienza di ripetuti tipi di maltrattamento risulta negativamente associata al dominio dei risultati accademici, mostrando quindi degli effetti cumulativi del trauma che non sono collegati al DPTS. Questo dato supporta il modello di sviluppo traumatologico dinamico secondo il quale un precoce trauma può portare a meccanismi che causano deficit neuropsicologici multipli e globali che non sono collegati ai sintomi dell’attuale DPTS o a psicopatologia.

Solo l’indice di abuso sessuale correla significativamente e negativamente con due principali domini cognitivi: memoria e linguaggio. Ciò suggerisce che bambini abusati sessualmente riportano performance peggiori in compiti che valutano capacità di linguaggio e memoria rispetto a bambini che subiscono altre forme di maltrattamento. In letteratura è stato osservato inoltre che la natura del trauma può influenzare in modo specifico il funzionamento cognitivo nei pazienti traumatizzati. A tal proposito l’obiettivo di DePrince et al., (2009) è stato quello di mostrare che i bambini esposti a trauma familiare (abuso fisico, violenza sessuale ed esposizione alla violenza domestica) avrebbero mostrato deficit delle FE maggiori rispetto a bambini esposti a traumi non familiari. Successivamente alla somministrazione di questionari e una batteria neuropsicologica che andava ad indagare le FE, tra cui working memory, capacità di inibizione, velocità di elaborazione, controllo delle interferenze e attenzione uditiva, un totale di 110 bambini è stato suddiviso in tre gruppi: gruppo con trauma familiare (maltrattamenti fisici e sessuali di tipo famigliare); gruppo con trauma non familiare (calamità naturali, incidenti automobilistici, e/o nella comunità/violenza dei pari); gruppo senza trauma.

Lo studio rivela un effetto della relazione tra condizione di esposizione al trauma familiare e prestazioni nei compiti delle FE, pur tenendo sotto controllo le variabili che contribuiscono ad influenzare la performance sulle FE (condizione familiare di esposizione al trauma, ansia e sintomi dissociativi, presenza di lesioni cerebrali, status socio economico). I bambini esposti a trauma familiare rispetto ai loro pari mostrano prestazioni compromesse nei compiti che valutano le FE rispetto sia al gruppo trauma non familiare che al gruppo di controllo. Tale studio però non è in grado di determinare la direzione causale della relazione tra FE ed esposizione al trauma familiare.

Potrebbe essere che il deficit delle FE aumenti il rischio di esposizione al trauma, piuttosto che l’esposizione al trauma potrebbe comportare deficit nelle FE. Tuttavia non è possibile escludere che il deficit delle FE aumenti il rischio di violenza familiare.

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