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Stress genitoriale come fattore di rischio nel maltrattamento fisico dei bambini

Uno dei fattori di rischio nel maltrattamento dei bambini è il parenting stress: stress percepito dai genitori a seguito delle responsabilità del loro ruolo

Di Claudia Rizza

Pubblicato il 25 Nov. 2015

Aggiornato il 30 Set. 2019 15:03

Claudia Rizza – Open school Studi Cognitivi Modena 

Il maltrattamento fisico sui bambini è un fenomeno sfaccettato: tra i diversi fattori di rischio, uno dei principali fenomeni direttamente associati alla violenza fisica è il parenting stress inteso come una specifica forma di stress percepito dai genitori in base alle responsabilità del proprio ruolo.

 

Per maltrattamento fisico si intende “un danno (fisico) non accidentale che è il risultato di atti (o omissioni) da parte dei caregivers i quali violano gli standard comuni riguardanti il trattamento dei bambini” (Kempe & Helfer, 1972).

Prendendo in esame la definizione di Kempe et al., (1972) emerge che, per poter parlare di maltrattamento, è necessario che i caregivers di riferimento mettano in atto intenzionalmente agiti aggressivi e violenti tali da procurare ai bambini un danno fisico significativo e in grado di violare le norme comunitarie di trattamento (come, ad esempio, la Convenzione sui diritti del fanciullo – ONU,1989). E’ interessante notare che nel concetto di maltrattamento fisico rientrano non solo gli atti effettivamente commessi, ma anche tutti quei comportamenti che non vengono agiti direttamente dai caregivers (omissioni). Come sottolineato da Di Blasio (2002), anche la mancata prevenzione di comportamenti potenzialmente pericolosi per i figli può essere considerata una forma di maltrattamento fisico e, proprio la propensione di alcuni genitori a maltrattare, ha permesso alle ricerche di non focalizzarsi soltanto sull’accertamento del danno ma anche sulla modalità di prevenzione e sulla comprensione di tutti quei fattori che possono, in qualche modo, determinare l’azione maltrattante (Milner, 1993).

A partire dalla complessità della definizione, si può facilmente comprendere come il maltrattamento fisico sui bambini sia un fenomeno sfaccettato: infatti, malgrado si stiano facendo numerosi sforzi per salvaguardarne il benessere e per proteggere i bambini dai potenziali pericoli, esistono una vasta gamma di fattori di rischio (ambientali, sociali e psicologici) che in maniera sinergica, contribuiscono ad incrementare la propensione dei genitori ed esercitare azioni maltrattanti verso i propri figli (Dopke & Milner, 2000).

Tra i diversi fattori di rischio, uno dei principali fenomeni direttamente associati alla violenza fisica è il parenting stress inteso come una specifica forma di stress che viene percepita dai genitori in base alle responsabilità e all’assunzione del proprio ruolo (Abidin, 1995; Abidin, Jenkins, & McGaughey, 1992 Azar, Robinson, Hekimian, & Twentyman, 1984; Chan, 1994; Milner, 1993; Rodriguez & Green, 1997; Wolfe, 1987). Per poter meglio comprendere questa particolare forma di stress è necessario prestare attenzione alle sue tre componenti (Abidin,1995):

  • Il distress genitoriale, che fa riferimento alla percezione dei genitori di avere scarse capacità parentali, alla mancanza di libertà personale, alla restrizione in alcuni aspetti della vita genitoriale, alla mancanza di sostegno sociale e alla presenza, talvolta, di vissuti depressivi (Abidin, 1995; Abidin, et.al, 1992; Deater-Deckard & Scarr, 1996);
  • La relazione disfunzionale genitore-figlio, che si riferisce alle percezioni e ai sentimenti che il genitore nutre nei confronti dei figli. Essa dipende dal grado di soddisfacimento ottenuto dalla qualità della relazione con il bambino e dalla relativa gratificazione percepita in relazione al ruolo genitoriale (Abidin et al, 1992; Vondra & Belsky, 1993). La percezione dei genitori di avere una relazione deludente con i figli è strettamente associata a sentimenti di angoscia e alla presenza di sintomi d’ansia e di depressione (Vondra & Belsky, 1993).
  • La percezione di avere un bambino difficile da gestire si riferisce alla percezione distorta dei genitori di avere dei figli con caratteristiche temperamentali e comportamentali difficili (Abidin, 1995). Questa tipologia di bambini vengono spesso descritti come molto irritabili, difficili da contenere e poco sensibili al rispetto delle regole (Owens & Shaw, 2003). In linea con quanto affermato, alcune ricerche (Bradley & Peters, 1991; Dadds, Mullins, McAllister, & Atkinson, 2002; Larrance & Twentyman, 1983) hanno evidenziato come le madri fisicamente maltrattanti siano più propense ad attribuire i comportamenti negativi del proprio bambino a caratteristiche interne e, viceversa, a fattori esterni i comportamenti positivi. A sostegno di ciò, uno studio condotto da Chilamkurti e Milner (1993) ha evidenziato come le madri ad alto rischio di maltrattamento valutino più frequentemente il comportamento del bambino come errato e, tale valutazione distorta, incrementa la loro percezione di avere un figlio difficile da gestire (Larrance & Twentyman, 1983; Milner, 2000). Al contrario, le madri non maltrattanti utilizzano attribuzioni esterne per spiegare sia comportamenti negativi sia positivi sia ambigui (Dadds at al., 2002).

Dalla letteratura emerge quindi che, il principale agente psicologico capace sia di incrementare il livello di stress parentale, sia di aumentare l’utilizzo di strategie fisicamente maltrattanti a danno dei bambini, è la combinazione tra relazione disfunzionale presente tra genitori e figli e la percezione di avere un bambino difficile da gestire (Abidin, 1983; Milner, 1986,1993). Spesso accade che le difficoltà all’interno della relazione diadica genitore-figlio siano originate da situazioni valutate come particolarmente stressanti e, proprio i meccanismi cognitivi, sembrerebbero essere determinanti nella comprensione della propensione di alcuni genitori a maltrattare i propri figli (Milner, 1986, 2003).

I genitori fisicamente maltrattanti sembrano essere caratterizzati da specifici deficit dei processi cognitivi e dal modo con cui questi vengono utilizzati per attribuire significato ai comportamenti dei figli. Ciò accade perché i caregivers ritengono che, ogni singolo comportamento dei bambini (percepito come fastidioso o sbagliato) sia agito allo scopo di indebolire il ruolo parentale (Milner, 2003). Questa percezione (distorta) deriva principalmente dalla presenza degli schemi cognitivi pre-esistenti, dai processi cognitivi implicati nella percezione, interpretazione e valutazione del comportamento e, infine, dalla modalità con cui gli individui eseguono la risposta (Milner, 1993, 1995, 2000, 2003).

Gli schemi cognitivi pre-esistenti sono strutture mentali che esistono a priori nel soggetto e che hanno il compito di processare le nuove informazioni. In questo caso, i genitori, in base all’esperienza vissuta nel contesto di crescita, hanno sviluppato una serie di credenze e di valori globali (relativi ai bambini in generale) e specifici (relativi ai propri figli e alle proprie attività di parenting) e essi vengono utilizzati nelle pratiche di accudimento (Milner, 2003). Ciò significa che i genitori maltrattanti utilizzano gli schemi pre-esistenti come se fossero una guida pratica utilizzabile e facilmente accessibile sia durante la funzione educativa, sia nella costruzione di una relazione effettiva con i bambini (Milner, 2003).

Gli schemi cognitivi, inoltre, sono caratterizzati da una componente cognitiva e da una emotiva: la prima dimensione consente all’individuo di comprendere la natura dell’evento, che, percependo, interpretando e organizzando, immagazzina in memoria le informazioni provenienti dall’ambiente esterno; la seconda è rappresentata dall’insieme delle emozioni esperite durante gli eventi precedentemente vissuti e risulta essere associata alla credenze che i genitori possiedono circa l’evento (Milner, 2003).

Secondo Milner (2003), i genitori fisicamente maltrattanti, utilizzano gli schemi pre-esistenti come unica risposta alle richieste del bambino e, in questo modo, hanno la tendenza ad assumere una prospettiva rigida e limitata. In particolare, tali schemi, vengono utilizzati più frequentemente in situazioni in cui i genitori sperimentano alti livelli di stress o quando si trovano in situazioni problematiche o ambigue con i loro bambini. Inoltre, i genitori maltrattanti, rispetto ai non maltrattanti, si mostrano meno attenti e consapevoli dell’effettivo comportamento dei figli e, più specificatamente, non riescono (o falliscono) a decodificare le informazioni relative al loro comportamento. Questi tipologia di genitori utilizzano più frequentemente una sorta di ‘attenzione selettiva’ e considerano soltanto i comportamenti inappropriati dei figli piuttosto che quelli ‘corretti’ perchè i primi risultano più conformi alle loro aspettative e non devono operare alcuno sforzo cognitivo per modificare i propri schemi pre-esistenti (Milner, 2003). La causa di tali distorsioni di interpretazione dei messaggi comunicativi non sembra essere legata alla disattenzione ma, piuttosto, ad una imprecisione nella codifica e nella detenzione degli indizi durante l’interpretazione delle informazioni ambientali (Milner, 2003).

Milner (2003), inoltre, suggerisce che genitori ad alto rischio di maltrattamento falliscano nell’interpretazione e nell’integrazione delle informazioni riguardanti i figli. Più precisamente, nel momento in cui un bambino trasgredisce ad una regola, il genitore ad alto rischio di maltrattamento utilizza meno le informazioni attenuanti capaci di ridurre la responsabilità dei bambini e propende maggiormente per l’accettazione del comportamento negativo, proprio a causa delle difficoltà relative alla selezione e all’integrazione delle informazioni. Se la situazione è influenzata da alti livelli di stress parentale, diminuisce ancora di più la probabilità che i genitori usino le informazioni attenuanti e sono favorite le strategie punitive e maltrattanti.

Il processo con cui i genitori maltrattanti valutano le risposte corrisponde ad una selezione distorta causata in parte dall’utilizzo degli schemi pre-esistenti e variano in base allo stile genitoriale. Questa rigidità nella risposta rende molto difficile l’interpretazione realistica dei comportamenti dei propri figli e ancora più difficile il cambiamento del comportamento parentale già tendente al maltrattamento. I genitori ad alto rischio di maltrattamento fisico soffrono, quindi, di una mancanza nelle abilità di gestione delle pratiche di cura e nella capacità di rispondere in maniera adeguata alle richieste loro rivolte e, in casi come questi, il parenting stress funge da amplificatore e sembra essere determinate negli agiti potenzialmente pericolosi e maltrattanti a danno dei bambini (Milner, 2003).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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  • Wolfe, D.A. (1987). Child abuse: Implications for child development and psychopathology.Newbury Park: CA:Sage
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