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Non solo farmaci per i disturbi depressivi gravi: anche la CBT risulta efficace

Un nuovo studio mostra come i pazienti con depressione grave non hanno necessariamente bisogno di farmaci per avere un miglioramento clinico significativo

Di Dario Catania

Pubblicato il 16 Nov. 2015

Un recente studio ha prodotto risultati interessanti che in qualche modo rivoluzionano le nostre attuali conoscenze in fatto di trattamenti psicoterapeutici dei disturbi depressivi.

Nella scheda informativa n. 396 pubblicata ad ottobre 2015 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sul tema della salute mentale, si ribadisce che i Disturbi Depressivi rappresentano una delle prime cause di disabilità e una delle patologie principalmente responsabili del carico globale di malattia, con più di 350 milioni di persone affette in tutto il mondo. Qualche anno prima, la stessa OMS definiva i Disturbi Depressivi come una vera e propria crisi globale, con paesi nel mondo in cui meno del 10% delle persone affette riceve cure adeguate.

Nella stessa scheda informativa si legge inoltre di come esistano diversi trattamenti efficaci per questi disturbi; più precisamente viene indicato che:

  • Le forme lievi e moderate possono essere trattate efficacemente con psicoterapia, in particolare la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) risulta essere quella più studiata e con prove di efficacia ampiamente documentate
  • Le forme moderate e severe possono essere efficacemente trattate con psicofarmaci, in particolare con antidepressivi
  • Nelle forme lievi e nei disturbi depressivi in adolescenza gli psicofarmaci non possono essere considerati i trattamenti di prima linea
  • Gli psicofarmaci non devono essere utilizzati nelle depressioni dell’infanzia.

Quanto sottolineato nel documento risulta assolutamente in accordo con le principali linee guida internazionali per il trattamento dei Disturbi Depressivi.

Un recente studio pubblicato su JAMA Psychiatry condotto dal gruppo olandese di Erika Weitz e Pim Cuijpers (Weitz E. S. et al., 2015) ha prodotto risultati interessanti che in qualche modo rivoluzionano le nostre attuali conoscenze in fatto di trattamenti psicoterapeutici dei disturbi depressivi.

L’obiettivo del lavoro è stato quello di valutare un eventuale effetto moderatore della Depressione Grave sulla efficacia del trattamento farmacologico e della CBT ; in altre parole gli autori si sono chiesti se una depressione severa, misurata con adeguati strumenti, possa influenzare i risultati di efficacia che ci si attende da un trattamento farmacologico adeguato o da un trattamento psicoterapeutico effettuato con CBT.

Il lavoro del gruppo olandese è stato condotto mediante una meta-analisi sui dati individuali di singoli pazienti ambulatoriali con diagnosi primaria di disturbo depressivo maggiore o disturbo distimico, inclusi in 16 trails clinici randomizzati in cui si confrontava l’efficacia della CBT con la terapia farmacologica. Le terapie cognitivo-comportamentali dovevano essere manualizzate e utilizzare la ristrutturazione cognitiva come componente principale del trattamento. I dati raccolti si riferiscono a 1700 pazienti ambulatoriali, 794 trattati con CBT e 906 con antidepressivi.

Mentre la maggior parte di studi simili riportati in letteratura si basa su dati aggregati presentati nei singoli articoli, va sottolineato che questa meta-analisi è stata effettuata sui dati dei singoli pazienti inclusi nei diversi studi permettendo così di costruire una misura di sintesi affidabile e precisa; ciò significa che in questo caso i diversi autori, generalmente poco disposti a condividere i propri dati, hanno mostrato completa collaborazione permettendo quel processo di recupero delle informazioni assolutamente necessario per il buon esito di uno studio di queste proporzioni.

I risultati ottenuti dal gruppo di ricercatori olandesi mostrano come non esistano evidenze che la gravità della depressione abbia un effetto moderatore sull’efficacia del trattamento: in altre parole i pazienti con depressione più grave non hanno necessariamente bisogno di farmaci per avere un miglioramento clinico significativo.

Sebbene le linee guida suggeriscano che i pazienti con depressione grave richiedono un trattamento psicofarmacologico, i dati analizzati dal gruppo di Erica Weitz e Pim Cuijpers non mostrano differenze tra terapia farmacologica e CBT. Ciò considerato, anche la CBT potrebbe essere trattamento di prima linea per le forme gravi.

Come gli stessi autori sottolineano, esistono alcuni limiti dello studio relativi alle misure di outcome mediante BDI e HAM-D, nonostante siano strumenti ampliamente utilizzati nella ricerca e nella pratica clinica. La BDI è uno strumento self-report soggetto ad errori di autovalutazione che coglie soprattutto gli aspetti cognitivi della depressione; la HAM-D presenta invece problemi psicometrici ed è orientata ad evidenziare soprattutto sintomi somatici e ansiosi. Inoltre non tutti i trials individuati, in grado di soddisfare i criteri di inclusione, sono stati selezionati per la meta-analisi, per cui è possibile che gli studi inclusi non fossero completamente rappresentativi. Gli autori sottolineano inoltre che la diversità dei risultati tra CBT e terapia farmacologica potrebbe essere influenzata dalla diversa competenza e aderenza ai diversi regimi di trattamento da parte di psichiatri e psicoterapeuti; purtroppo in questo studio non è stato possibile esaminare le qualità delle prestazioni e dei trattamenti erogati.

Nonostante le limitazioni, lo studio rappresenta la prima meta-analisi che valuta la depressione grave come moderatore dei risultati ottenuti attraverso 2 trattamenti di diversa natura.

I risultati ottenuti non mostrano una influenza della variabile gravità, per cui non ci sono dati sufficienti per raccomandare ad un paziente ambulatoriale con depressione grave un trattamento farmacologico piuttosto che una terapia cognitivo-comportamentale.

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Dario Catania
Dario Catania

Medico Psichiatra e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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