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Le implicazioni degli stili di attaccamento nella relazione tra caregiver e pazienti affetti da demenza

La teoria dell’attaccamento aiuta a comprendere la relazione tra pazienti con demenza e familiari e a capire come l'attaccamento influenzi i caregivers.

Di Silvia Baraldi, Elena Del Rio

Pubblicato il 09 Nov. 2015

Aggiornato il 21 Gen. 2020 14:16

Silvia Baraldi e Elena Del Rio – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

In letteratura la teoria dell’attaccamento viene utilizzata come base per la comprensione delle dinamiche subordinate alla cura delle persone affette da demenza e dei familiari, osservando come l’attaccamento influenza l’esperienza nel ruolo di caregiver.

 

L’assistenza all’anziano con patologia degenerativa come la demenza comporta problematiche di grande complessità e richiede risposte specifiche sia per le esigenze del malato, ma anche per coloro che se ne prendono cura, i così chiamati caregivers.

Il ruolo del caregiver diventa cruciale sin dalle prime fasi della malattia ed è frequente che il famigliare stesso possa sviluppare una condizione di stress, sia sul piano fisico sia emotivo, legata al gravoso compito di assistenza e accudimento, sia per il carico fisico e per la presenza di disturbi del comportamento che la malattia comporta, sia per gli inevitabili cambiamenti nella relazione tra il caregiver e il paziente.

Sono presenti numerosi lavori e studi che confermano l’importanza del ruolo di caregiver nel processo assistenziale e nella necessità di sostenere tale figura per apprendere le conoscenze e le risorse idonee a ricoprire il nuovo ruolo; per elaborare e vincere sentimenti di colpa e disagio psico-emotivo che la malattia porta (Kupferschmidt et al. nel 2009).

In letteratura la teoria dell’attaccamento viene utilizzata come base per la comprensione delle dinamiche subordinate alla cura delle persone affette da demenza e dei familiari, osservando come l’attaccamento influenza l’esperienza nel ruolo di caregiver. In generale la teoria dell’attaccamento può essere considerata come un approccio con radici concettuali complesse e multiple che evidenzia come aspetto essenziale la presenza nell’uomo di un bisogno innato di ricercare per tutto l’arco della vita la vicinanza protettiva di una figura significativa ogni volta in cui è in pericolo, soffre, ha bisogno o è in difficoltà. Questo bisogno innato però fin da subito viene integrato con le esperienze derivanti dall’ambiente in cui l’individuo viene a trovarsi. Quindi la tendenza dell’uomo a cercare la vicinanza delle figure di attaccamento corrisponde ad una conoscenza che è su basata su uno schema innato, ma che per diventare completamente operativo deve essere integrato con le esperienze relazionali concrete, in questo senso, infatti la qualità delle prime relazioni con il caregiver nell’infanzia influenzano lo sviluppo dei modelli operativi interni, delle aspettative verso Sé e altri e forniscono le basi per nuove esperienze e interazioni sociali.

Nell’infanzia, durante il primo anno di vita, i bambini, all’interno della relazione con il caregiver, si creano delle aspettative circa il rapporto con la figura di attaccamento, organizzando così dei Modelli Operativi Interni, formati dall’insieme di memorie episodiche e semantiche, quindi sia dell’esperienza emotiva che cognitiva, e di rappresentazioni del Sé e dell’altro significativo. Questi modelli determinano quelli che sono i comportamenti di attaccamento e che sono stati divisi in:

  • Attaccamento sicuro (Sé amabile, accettato; altro accettante, fornisce cure e protezione, stabile; memoria episodica e semantica integrate; strategie usate nella relazione e nell’esplorazione dell’ambiente sono le più diverse, in generale di avvicinamento alla figura di attaccamento se c’è pericolo e di esplorazione se non c’è pericolo)
  • Attaccamento insicuro evitante (Sé rifiutato, non degno d’amore; altro rifiutante; memoria semantica ed episodica non integrate; strategia più utilizzata nella relazione è l’evitamento)
  • Attaccamento insicuro ambivalente (Sé degno/non degno d’amore, altro accettante/rifiutante; memoria semantica ed episodica non integrate; strategia più usata nella relazione è il tentativo di tenere il controllo relazionale con comportamenti seduttivi e/o con modalità aggressive)

La teoria del’attaccamento non prevede una stabilità assoluta, durante tutto l’arco della vita, dello stile di attaccamento appreso durante l’infanzia anche se i modelli operativi interni sono molto resistenti al cambiamento; la possibilità al cambiamento si lega alla capacità di riflettere sui propri modelli interni e alla possibilità di esperienze relazionali correttive (Bartholomew K, 1993).

La teoria dell’attaccamento è stata ampiamente utilizzata come base per la comprensione delle dinamiche sottostanti la cura delle persone bisognose, in particolar modo delle persone affette da demenze e delle differenze che i diversi stili di attaccamento nei caregivers possono comportare nella nuova relazione che si crea. La demenza, infatti, minaccia il legame di attaccamento, con la progressione della disabilità cognitiva e funzionale, si possono attivare sentimenti di attaccamento, come il ricercare sicurezza e vicinanza, bisogno di dipendenza, richiesti al caregiver.

Questa nuova relazione permette al figlio di ripristinare il primario legame di attaccamento verso il genitore, come conseguenza il figlio si adopera in comportamenti protettivi e di aiuto, per mantenere la vicinanza e un trasmettere un senso di sicurezza verso il genitore fragile. Nel contesto di accudimento e attivazione del sistema assistenziale, l’ attaccamento sicuro risulta essere in relazione con una serie di risposte, tra cui:

  • La conoscenza di scelte di vita del malato (Turan, Goldstein, Garber, e Carstensen, 2011);
  • Il sentirsi preparati ad intraprendere il ruolo di caregiver ( Sorensen, Webster, e Roggman, 2002);
  • La probabilità di fornire sostegno e assistenza (Carnelley, Pietromonaco, e Jaffe, 1996);
  • Essere predisposti all’aiuto (Klaus, Kennell, e Klaus, 1995);
  • La qualità delle cure fornite per la persona malata (Cicirelli, 1991).

I dati presenti sul panorama scientifico, portano nella direzione per cui un caregiver sicuro può essere visto come in grado non solo di usufruire dei supporti sociali esistenti ma, soprattutto, di affrontare e integrare le emozioni riguardanti il proprio congiunto, riuscendo ad essere emotivamente più disponibile e diminuendo la sensazione soggettiva del carico che la malattia comporta, il ‘burden’ (Pezzati et al, 2005) .

Di fronte ad eventi come la diagnosi di una malattia cronica, un caregiver sicuro può avere un miglior adattamento nelle situazioni di stress. All’opposto, stili di attaccamento di tipo insicuro in un caregiver possono riversarsi in situazioni di maggior conflitto, sentimenti ambivalenti e difficoltà nell’affrontare e regolare le emozioni. I dissidi irrisolti ma anche quelli presenti, mai affrontati nella propria storia di vita, condizionano i momenti difficili della situazione di cura. I caregivers con stile di attaccamento sicuro, sono accoglienti nel modo di fornire conforto e sostegno, mentre caregivers con stili di attaccamento insicuro, faticano a supportare il malato o tendono ad evitare situazioni in cui è richiesto il supporto o nella situazioni in cui il bisogno di dipendenza da parte del malato risulta elevato (Bartholomew & Horowitz, 1991).

In diversi studi, come quello di Carpenter (2001), è stato osservato come lo stile di attaccamento, delle figlie che si occupano di madri anziane, era correlata al tipo di cure fornite; figlie con attaccamento sicuro riescono a fornire cure più emotive (vicinanza, protezione, sicurezza) rispetto all’attaccamento insicuro. Inoltre nello stesso studio, confermato anche in altre ricerche, lo stile di attaccamento sicuro risulta in relazione di una più bassa percezione del burden della cura (Carpenter, 2001; Cicirelli, 1993), mentre stili di attaccamento insicuro risulta maggiormente correlato ad una percezione di carico maggiore e alla presenza di sintomatologia depressiva (Gillath, Johnson, Selcuk, e Teel, 2011). Come sottolineato da Carpenter, in condizioni di disagio un adulto con stile di attaccamento insicuro può avere delle difficoltà a trovare le risorse per fornire cure sensibili ed efficaci ad altre persone; una persona relativamente sicura potrà invece percepire gli altri, non solo come fonte di sicurezza e supporto, ma anche riuscire a comprendere i bisogni degli altri e apportare sostegno.

Caregiver insicuri, inoltre, sembrano meno in grado di adoperarsi concretamente nel richiedere aiuto quando le difficoltà si manifestano (Crispi et al., 1997), come ad esempio rivolgersi ai servizi presenti sul territorio. Nello studio di Markiewicz e colleghi (1997) rivolto all’esplorazione degli stili di attaccamento e tratti di personalità dei caregivers, hanno mostrato come uno stile di attaccamento Sicuro mostri relazioni sane in cui le persone desiderano essere disponibili e affidabili. Lo stile ansioso-ambivalente riflette invece un attaccamento di dipendenza, accompagnato da emozioni di rabbia e delusione, mentre lo stile evitante riflette coloro che evitano o si distaccano dall’altro. Markiewicz e colleghi hanno inoltre evidenziato che il caregiver ansioso – ambivalente riportano più spesso reazioni emotive negative legate al proprio ruolo assistenziale e una tendenza minore a richiedere supporti esterni e rivolgersi ai servizi. Caregiver evitanti hanno maggior probabilità di affidare la cura ad un aiuto esterno.

Nel Regno Unito, come parte di uno studio longitudinale di persone con Alzheimer, lo stile di attaccamento del caregiver e le strategie di coping messe in pratica nella cura e assistenza del malato, sono state esaminate come potenziali predittori degli aspetti emotivi e psicologici nonché del grado di carico soggettivo esperito dal caregiver (Cooper, Owens, Katona, e Livingston, 2008). I risultati mostrano come caregiver con attaccamento insicuro segnalavano sintomi ansioso-depressivi, inoltre si è evidenziato come queste persone utilizzavano strategie di coping poco funzionali con conseguenza di sentire maggior carico.

Magai e Cohen (1998) nel loro studio hanno analizzato l’impatto dello stile di attaccamento dei pazienti affetti da demenza, su chi si prende cure di queste persone. Osservando che lo stile di attaccamento di persone affette da demenza, era un predittore significativo del burden del caregiver.  Coloro che si prendono cura di un anziano affetto da demenza che mostra uno stile di attaccamento sicuro, saggeranno un minor carico nella cura. Per le persone affette da demenza, uno stile di attaccamento sicuro è stato correlato ad un minor manifestarsi di sintomi emotivi (ansia, frustrazione, agitazione) e ad un concetto di Sé positivo, con ansia inferiore e un concetto di sé più positiva.
Avere presente lo stile di attaccamento sia della persona affetta da demenza che del loro familiare è considerato importante per il benessere di entrambi i membri (Nelis et al., 2012).

Nella pratica clinica risulta quindi importante considerare le potenziali implicazioni di relazioni di attaccamento. Le evidenze scientifiche presentate mostrano come sia importante tenere presente il costrutto dell’attaccamento. Infatti nello specifico un stile di attaccamento sicuro permette di integrare in modo flessibile emozioni e cognizioni che possono condurre ad una cura dell’anziano in cui anche quest’ultimo risulta co-costrutture delle nuove dinamiche relazionali che si vengono ad instaurare; mentre uno stile di attaccamento insicuro, quindi poco funzionale alla costruzione di significati del Sé e del mondo, le discrepanze e le sofferenze soggettive possono essere un fattore di rischio per il benessere di chi si prende cura di un familiare malato.

Gli interventi psicoterapeutici dovrebbero concentrarsi maggiormente sulla risoluzione dei sintomi psicologici ed emotivi negativi, istruire ed insegnare strategie di coping adeguate, e sulla valutazione del burden, piuttosto che sull’ attaccamento, che è considerato stabile e non facilmente suscettibile di cambiamento attraverso l’intervento (Cooper et al., 2008).

In conclusione mentre lo stile di attaccamento non può essere aperto al cambiamento, il riconoscimento delle dinamiche di attaccamento risulta importante in termini di sostegno e cura per coloro che vivono con demenza.

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