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La Demenza in famiglia: la riabilitazione attraverso gli interventi sui familiari

Il supporto psicologico diretto ai famigliari comporta una significativa riduzione dei livelli di depressione nei caregivers di individui affetti da demenza

Di Stefano Terenzi

Pubblicato il 17 Feb. 2015

Aggiornato il 21 Gen. 2020 13:02

L’importanza del ruolo di un supporto psicologico diretto ai famigliari risulta da uno studio che ha riconosciuto una significativa riduzione dei livelli di depressione, nei caregivers di individui affetti da demenza, partecipando a un programma di supporto telefonico (Tremont et al, 2014).

 

Nei prossimi 20 anni il numero delle persone colpite da demenza aumenterà drammaticamente a causa dell’incremento della longevità umana. In Europa, la popolazione anziana è in continua crescita, grazie al benessere e al miglioramento della qualità della vita, con uno sbilanciamento a favore delle donne soprattutto nelle classi più vecchie.

Come conseguenza si stimano nel mondo 48 milioni di soggetti con demenza, che nei successivi venti anni, potrebbe raggiungere una cifra superiore agli 81 milioni, per la stragrande maggioranza concentrata nei paesi in via di sviluppo. Nei soli paesi dell’Unione Europea (EU) le più attendibili stime prospettano di superare nel 2020, i 15 milioni di persone affette da demenza, con una proporzione di 2:1 per il genere femminile rispetto a quello maschile. Un rapporto tra disabilità e costi ha evidenziato come il peso della demenza è pari al doppio di quello prodotto dal diabete.

I costi nel 2008 corrispondevano a oltre 160 miliardi di Euro, le sole cure informali sono intorno al 56% del totale. Le previsioni basate sull’evoluzione demografica in Europa fanno ipotizzare un aumento di circa il 43% di tali costi entro il 2030 (Ministero della Salute, 2013). Nel Regno Unito 700.000 persone attualmente sono affette da demenza (>1% dell’intera popolazione del Regno Unito) e in prospettiva si calcola che ce ne saranno un milione. Fra 20 anni saranno il doppio (Ferri, 2005; Knapp, 2007). Nel Regno Unito, il costo delle cure, relativo alla demenza, equivale a 17 bilioni di sterline per anno e si stima che arriverà a 50 bilioni nei prossimi 30 anni. Il costo sale in relazione all’aumento del numero delle persone anziane (Knapp; Departement of Health).

In Italia, nel 2009 si contavano 1,012,819 persone con demenza(Alzheimer.it). In Europa, la nostra nazione, è uno dei paesi con più alto tasso di persone con demenza. Circa il 62,5% delle persone con disabilità ha più di 75 anni (Disabilità in Cifre, 2009), ciò fa pensare che il fenomeno della demenza incide molto sul Sistema Sanitario Nazionale.

La demenza danneggia le persone che ne sono malate, i loro famigliari e l’intera società in quanto genera maggiore dipendenza e un cambiamento dei comportamenti individuali e di interazione sociale. Un recente studio ha sottolineato che circa due terzi delle persone con demenza vive a casa con i propri parenti. Questi si prendono cura di loro e si confrontano ogni giorno con la malattia.

Oltre a partecipare alla gran parte degli oneri finanziari del congiunto o parente i famigliari di quest’ultimo subiscono il peso psicologico della disabilità. Si è scoperto infatti che circa il 40% di loro sviluppa stati di ansia e/o depressione a livello clinico, mentre il restante 60% è affetto da sintomi di natura psicologica (Mahoney et al, 2005; Cooper et al, 2007). Studi recenti evidenziano anche un legame tra depressione e demenza e ciò porta a riflettere come la prima possa essere un fattore di rischio dell’insorgenza precoce della seconda (Wilson et al, 2014).

L’importanza del ruolo di un supporto psicologico diretto ai famigliari risulta da uno studio che ha riconosciuto una significativa riduzione dei livelli di depressione, nei caregivers di individui affetti da demenza, partecipando a un programma di supporto telefonico (Tremont et al, 2014).

Inoltre, un’ulteriore studio ha mostrato che parenti che beneficiano di un supporto psicologico in un servizio diurno di cura, circa due volte alla settimana, hanno valori più elevati di DHEA-S un ormone associato al miglioramento a lungo termine della salute (Penn State, 2014). Il fattore più importante per predire la qualità della loro salute mentale è risultato essere l’utilizzo di strategie di coping funzionali (Livingstone et al, 2014). Le strategie di coping sono risultate essere anche più rilevanti della comorbilità cognitiva e psichiatrica delle persone di cui loro si prendono cura e delle ore di assistenza che gli vengono fornite (Supplemento Livingstone G.).

Invero, i familiari che usano strategie di coping emotion-focused e meno strategie di coping disfunzionali sono meno ansiosi e con livelli di depressione minori (Cooper et al, 2008). Il trattamento dell’ansia e della depressione, nonché dei sintomi psicologici associati alla situazione di malattia del parente, dei famigliari dei soggetti affetti da demenza passa attraverso la promozione di strategie di coping emotion-focused.  I gruppi basati sulle strategie di coping sono un intervento valido ed efficace per migliorare la qualità della vita e riabilitare ai rapporti sociali persone che altrimenti sarebbero trascinate dal peso della malattia del proprio parente.

Negli USA si attuano da anni interventi di gruppo, denominati “Coping with Caregiving programmes”, per favorire il passaggio a strategie di coping funzionali nei parenti di persone con demenza. A Londra è stato testa il programma STRART (STrAtegies for RelaTives, strategie per parenti) che ha raggiunto una probabilità 7 volte inferiore rispetto alle cure tradizionali di sviluppare quadri clinici di ansia/depressione (Livingstone et al). Il programma è composto da 8 fasi e comprende un periodo che dalle 8 alle 14 settimanali. Le sessioni sono settimanali e possono avvenire anche a domicilio della famiglia che ne richiede il servizio. Nei gruppi si lavora per aumentare l’utilizzo di strategie di problem-solving ed emotion-focused. Studi condotti negli USA e nel Regno Unito hanno evidenziato come l’utilizzo di questi gruppi ha coinciso con un netto miglioramento dei livelli di ansia e depressione dei famigliari di persone dementi (Goode et al, 1998; Mausbach et al, 2006; Cooper et al, 2007).

Le terapie basate sul coping ed attuate attraverso dei gruppi sembrano essere lo strumento più efficace e conveniente per affrontare questo fenomeno sociale e clinico (Cooper, Balamural, 2007). Ci sono numerose prove che dimostrano come questi interventi siano efficaci nella riduzione dei sintomi legati all’ansia (Cooper), alla depressione (Gallagher-Thompson et al, 2001, 2003; Coon et al, 2003, Steffen, 2000) e nell’aumento della self-efficacy (Steffen).

L’utilizzo di questi interventi potrebbe ridurre la spesa che il Sistema Sanitario Nazionale impiega nella cura di suddetti sintomi, poiché oltre a non avere più sintomatologie psicologiche, e fisiche correlate alla sfera psicosomatica, i familiari delle persone con demenza saranno in grado di gestire meglio lo stress e le difficoltà associate all’assistenza del proprio famigliare malato. Tutto ciò con una qualità della vita e una salute mentale migliore per tutti.

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