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La dissociazione tra empatia cognitiva ed affettiva nel disturbo borderline di personalità

Alcuni studi hanno dimostrato che nel disturbo borderline sarebbe presente una maggiore empatia affettiva e una minore empatia cognitiva rispetto agli altri

Di Fiammetta Monte

Pubblicato il 09 Lug. 2015

Aggiornato il 29 Gen. 2017 13:56

Fiammetta Monte, OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

Recenti ricerche (Guttman and Laporte, 2000; Lynch et al., 2006) evidenziano che nel disturbo borderline vi sarebbe una risonanza esagerata e iperaffettiva con lo stato mentale dell’altro, determinata da una dissociazione tra le componenti affettive e cognitive dell’empatia.

L’empatia è la capacità di immedesimarsi con gli stati d’animo e con i pensieri delle altre persone sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti (Bonino, 1994). A livello neurobiologico, la comprensione della mente e dei vissuti dell’altro è sostenuta da una particolare classe di neuroni, definiti neuroni specchio: partecipare come testimoni ad azioni, sensazioni ed emozioni di altri individui attiva le stesse aree cerebrali di norma coinvolte nello svolgimento in prima persona delle stesse azioni e nella percezione delle stesse sensazioni ed emozioni (Gallese, 2005).

Fassino (2009) evidenzia come nell’attivazione dell’empatia si realizza:
Un processamento delle emozioni dal basso verso l’alto, nell’esperienza di condivisione delle emozioni altrui;
Un processamento delle emozioni dall’alto verso il basso, attraverso il controllo delle funzioni esecutive, che permette di regolare e modulare l’esperienza di condivisione.

Questo processamento “a due vie” rende ragione della duplicità dell’empatia, che coinvolge sia il sistema cognitivo che quello affettivo: da un punto di vista cognitivo l’empatia si basa sulla possibilità di comprendere “il punto di vista” altrui e quindi spiegarsi razionalmente l’altrui esperienza emotiva; da un punto di vista affettivo l’empatia permette di sperimentare in prima persona il vissuto emotivo dell’altro. Il coinvolgimento di entrambi i sistemi (cognitivo ed affettivo) permette in definitiva di condividere l’esperienza interiore dell’altro, pur rimanendo consapevoli della distinzione tra le esperienze proprie e quelle degli altri.

Un processo legato all’empatia è la teoria della mente, che può essere definita come la capacità di un individuo di attribuire stati mentali a se stesso e ad altri e di utilizzare tale conoscenza per spiegare e prevedere il proprio e altrui comportamento (Baron-Cohen, Leslie, Frith, 1985). La teoria della mente permette di distinguere tra realtà e finzione, tra uno scherzo e una bugia, di riconoscere le false credenze, di comprendere le metafore, l’ironia e le situazioni cosiddette di faux pas (gaffes).

Anche la teoria della mente può essere suddivisa in due componenti: cognitiva ed affettiva. Mentre la teoria della mente cognitiva si riferisce alla nostra capacità di fare inferenze sulle credenze delle altre persone, la teoria della mente affettiva si riferisce alle inferenze che si possono fare rispetto alle emozioni degli altri.

Con il termine contagio emotivo ci si riferisce a tutte quelle forme di condivisione emotiva immediata ed automatica, caratterizzate da assenza di mediazione cognitiva, vale a dire quelle reazioni automatiche agli stimoli espressivi manifestati da un’altra persona per cui l’emozione è condivisa in modo diretto, non vicario (Bonino, 1998). Mentre l’empatia implica componenti cognitive, affettive e sociali usate consapevolmente e implica la coscienza della distinzione sé/altro, il contagio emotivo è un’esperienza in cui non vi è né consapevolezza del processo di trasmissione/ricezione delle emozioni, né distinzioni chiare tra vissuti delle persone coinvolte.

Il Disturbo Borderline rientra nei disturbi di personalità che sono caratterizzati da modalità di pensiero e comportamento disadattivi che si manifestano in modo pervasivo, rigido e apparentemente permanente e ha due nuclei fondamentali: la disregolazione delle emozioni e il malfunzionamento nell’ambito delle relazioni interpersonaliIl malfunzionamento interpersonale è stato messo in relazione principalmente alla disregolazione emotiva e al discontrollo comportamentale manifestati frequentemente dalle persone con DBP.

Recenti ricerche (Guttman and Laporte, 2000; Lynch et al., 2006) evidenziano che nel disturbo borderline vi sarebbe una risonanza esagerata e iperaffettiva con lo stato mentale dell’altro, determinata da una dissociazione tra le componenti affettive e cognitive dell’empatia.

Lo studio di Guttman e Laporte includeva un gruppo di ventisette pazienti BDP e un gruppo di controllo, ai quali è stato somministrato l’Interpersonal Reactive Index (Davis, 1980). I risultati dello studio evidenziavano una minore empatia cognitiva e maggiore empatia affettiva nei pazienti BDP.
Nello studio di Lynch et al., venivano messi a confronto rispetto all’accuratezza nell’identificare espressioni emotive facciali 20 individui con disturbo borderline e venti controlli. Le espressioni facciali delle emozioni venivano mostrate in tutte le variazioni lungo un continuum dalla neutralità alla massima intensità. I risultati evidenziavano che i soggetti BDP identificavano le emozioni (positive e negative) correttamente e ad un’intensità minore dei controlli.

Harari e colleghi hanno condotto uno studio su quarantasette pazienti con disturbo Borderline di personalità, diagnosticati con la Revised Diagnostic Interview for Borderlines (DIB-R), e ventidue controlli, senza disturbi psichiatrici. L’ipotesi da cui muove lo studio era che le peggiori performance dell’empatia cognitiva e della teoria della mente cognitiva possano rendere ragione del malfunzionamento interpersonale tipico dei soggetti BDP, mentre i maggiori livelli di empatia emotiva possono spiegare l’iperreattività emotiva caratteristica dei soggetti con Disturbo Borderline.

Gli aspetti cognitivi ed affettivi delle capacità empatiche sono state valutate usando l’Interpersonal Reactive Index (Davis, 1980), strumento self report composto da 4 sottoscale:
– Perspective Taking: misura la tendenza riportata ad adottare spontaneamente il punto di vista degli altri;
– Fantasy: misura la tendenza a trasporre se stessi a livello immaginativo in storie di libri o film;
– Empathic Concern: registra sentimenti di calore, compassione e preoccupazione per gli altri;
– Personal Distress: misura sentimenti di ansia e disconfort derivanti da situazioni interpersonali tese.

La valutazione della teoria della mente è stata realizzata mediante l’utilizzo del Faux Pas Recognition test di Baron-Cohen (1998). Il test consiste in venti brevi storie che l’esaminatore legge all’esaminato. Dieci storie descrivono una situazione in cui uno dei personaggi commette un passo falso o gaffe. In seguito alla lettura della storia viene chiesto all’ esaminato di identificare la presenza o meno del passo falso e descriverne la natura.

I risultati dello studio di Harari e colleghi evidenzierebbero che:
– Il gruppo di controllo ottiene punteggi più alti del gruppo di soggetti BDP nelle scale che misurano l’empatia cognitiva, rispetto a quelle che misurano l’empatia affettiva;
– Il gruppo con disturbo borderline di personalità ottiene punteggi più alti nella scala dell’empatia affettiva rispetto a quella cognitiva, rispetto ai controlli;
– Differenze significative tra il gruppo di soggetti borderline e il gruppo di controllo si rilevano nella comprensione della teoria della mente cognitiva ma non in quella emozionale, rilevata con il Faux pas recognition test.

Nello studio in definitiva i soggetti BDP mostrano performance peggiori sia nelle misure di empatia cognitiva che in quelle della teoria della mente cognitiva, non si rileverebbero differenze nella comprensione della teoria della mente emozionale, mentre gli aspetti affettivi dell’empatia sono risultati essere persino migliori nei soggetti con DBP. Questo studio suggerisce che i pazienti BDP avrebbero un pattern disfunzionale caratteristico di capacità empatiche, con una minore empatia cognitiva e una maggiore empatia affettiva.

Jeung e. Herpertz (2014), in conclusione in una rassegna di studi sul malfunzionamento interpersonale del disturbo borderline, sostengono che i pazienti BDP dimostrano scarse capacità di mentalizzazione e di assunzione del punto di vista dell’altro, ma anche la tendenza al contagio emotivo. Secondo gli autori l’inclinazione al contagio emotivo potrebbe interagire in maniera sfavorevole con la diffusione dell’identità, tipico delle persone con disturbo Borderline, poiché i processi metacognitivi di alto livello fallirebbero nel modulare il contagio emotivo automatico, di livello inferiore.

Ulteriori studi sono necessari per elaborare un modello di disfunzionamento interpersonale nelle persone affette da disturbo borderline di personalità, che includa i concetti di empatia cognitiva ed affettiva, in modo tale da migliorare l’efficacia dei trattamenti già esistenti.

 

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