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ADHD e Scuola: semplici interventi in classe potrebbero migliorare le prestazioni dei bambini con tale diagnosi?

Un nuovo studio mostra che mettere in atto interventi all’interno delle classi potrebbe essere efficace nel migliorare i risultati dei bambini con ADHD.

Di Laura Pancrazi

Pubblicato il 15 Lug. 2015

FLASH NEWS

Un nuovo studio mostra che mettere in atto degli interventi di tipo non farmacologico all’interno delle classi potrebbe essere efficace nel migliorare i risultati delle prestazioni di bambini con ADHD.

I bambini con diagnosi di Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD) sono spesso irrequieti, agiscono senza pensare ed hanno difficoltà a concentrarsi. Tali fattori hanno di solito impatto negativo sull’esito scolastico di questi ragazzi, e creano inoltre problemi di vario genere all’interno delle classi.

Un nuovo studio condotto dall’University of Exeter Medical School mostra che mettere in atto degli interventi di tipo non farmacologico all’interno delle classi potrebbe essere efficace nel migliorare i risultati delle prestazioni di questi bambini.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Health Technology Assessment, è stata guidata dalla Dottoressa Tamsin Ford, dell’University of Exeter, affiancata da collaboratori del Kings College London e dell’Hong Kong Institute for Education.

Il team di Ford ha analizzato 54 studi che testavano l’efficacia di diversi tipi di interventi volti al supporto di bambini con diagnosi di ADHD, come ad esempio consegnare quotidianamente a questi ragazzi degli schemi riassuntivi del lavoro svolto in classe, oppure affiancare loro un tutor che li aiuti a migliorare le proprie capacità organizzative e di studio.

La ricerca ripercorreva gli interventi di questo genere effettuati tra il 1980 e il 2013, con l’intento di analizzare alcune aree ritenute particolarmente importanti, ovvero: l’efficacia e i costi di interventi scolastici mirati; l’influenza di fattori sociali, quali ad esempio la disinformazione riguardo ad una diagnosi di ADHD; l’effetto del coinvolgimento di genitori e professori nel trattamento di tale problematica.

Dalla revisione effettuata da Tamsin Ford e collaboratori emerge innanzitutto la difficoltà di isolare variabili precise, in quanto gli interventi e le strategie di misurazione della loro efficacia sono estremamente vari. Pertanto, in merito a ciò, sarebbe auspicabile effettuare in futuro ricerche che utilizzino perlopiù misure standardizzate.

Dallo studio emerge inoltre che credenze scorrette da parte di genitori e professori tendono a creare stereotipi e stigma sociali negativi legati al problema dell’ADHD, con il rischio di andare incontro alla cosiddetta profezia che si autoavvera e producendo tensioni inopportune nei ragazzi e all’interno delle classi.

Sarebbe opportuno allora creare canali di informazione e comunicazione tra i professori e i genitori, provvedendo alla messa in atto di interventi educativi e di sensibilizzazione in merito al tema di una diagnosi di ADHD.

Conclude la Dottoressa Ford:

Ci sono molti studi che dimostrano l’efficacia di un intervento farmacologico, ma non tutti i bambini lo possono tollerare, oppure spesso i ragazzi stessi o le loro famiglie non vogliono percorrere questa strada. E’ allora importante dimostrare l’efficacia di altri tipi di trattamento, come abbiamo cercato di fare con il nostro studio. Tuttavia, è necessario effettuare ulteriori studi, che utilizzino possibilmente misure standardizzate e strumenti di ricerca più precisi, in modo tale da arrivare ad avere una definizione chiara di quali interventi siano efficaci nel trattamento dell’ADHD e quali no.

 

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BIBLIOGRAFIA:

 

 

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Laura Pancrazi
Laura Pancrazi

Psicologa clinica. Specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.

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