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Vitiligine & qualità della vita: efficacia della psicoterapia

La vitiligine incide negativamente sul benessere psicologico e sulla qualità della vita di chi ne è affetto ma potrebbe essere utile un percorso di CBT

Di Redazione, Laura Grigis

Pubblicato il 17 Giu. 2015

Aggiornato il 27 Set. 2019 14:30

Annarita Scarola, Laura Grigis, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI

 

Le difficoltà psicologiche delle persone affette da vitiligine incidono negativamente sul loro benessere psicologico e sulla qualità della vita, ma possono essere risolte attraverso un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale.

La vitiligine è una dermatosi comune, ad andamento cronico e progressivo, caratterizzata da chiazze cutanee carenti (ipocromia) o prive (acromia) di pigmento melanico; la melanina è la sostanza che fornisce la normale colorazione della pelle. L’assenza di melanina comporta la presenza di chiazze chiare sulla pelle. Queste chiazze, di solito disposte simmetricamente, possono manifestarsi in qualsiasi parte del corpo, a qualunque età e la loro insorgenza è indipendente dal sesso e dal colore della pelle (Menchini, 2011). La distribuzione corporea delle macchie, anche se soggetta ad estrema variabilità individuale, riguarda principalmente le mani, i piedi e il volto (contorno labbra e contorno occhi), gomiti e ginocchia. Esistono inoltre diverse forme di manifestazione anche per quanto riguarda la velocità di diffusione e espansione delle chiazze.

Statisticamente, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la vitiligine colpisce oltre l’1% della popolazione mondiale, senza differenze geografiche, razziali o di sesso. La fascia d’età maggiormente colpita comprende soggetti tra i 20-40 anni e in circa il 13-15% dei casi ha andamento familiare (Ortonne, Mosher, & Fitzpatrick, 1983).

Le cause dell’insorgenza della vitiligine non sono ancora certe, sebbene nel corso degli anni siano state formulate diverse ipotesi (Boissy RE, 2012): la teoria patogenetica convergente è ad oggi quella che raccoglie più consensi e ipotizza la compartecipazione di diversi meccanismi (neurali, biochimici e autoimmuni) che, in presenza di predisposizione genetica e unitamente ad altri fattori ambientali (tra cui condizioni di stress e traumi psicologici), sarebbero responsabili dell’insorgenza di un danno a carico dei melanociti (Ram M, 2007). Tale danno attiverebbe una risposta del sistema immunitario diretta nei confronti di antigeni melanocitari responsabile del perpetuarsi del danno a carico dei melanociti (Nordlund J, 2011).
E’ difficile considerare la vitiligine una vera e propria malattia, perché non ha sintomi fisici dolorosi e l’unico indicatore della presenza della patologia è l’aspetto della pelle.

In realtà però questa malattia ha conseguenze psicologiche su chi ne soffre (Lansdown, Rumsey, Bradbury, Carr, & Partridge, 1997; Thompson & Kent, 2001), perché spesso comporta lo sviluppo di ansia sociale legata al giudizio delle persone: gli occhi di chi guarda esprimono la sorpresa, il disgusto e quasi la paura di trovarsi di fronte ad una persona “con la pelle a macchie” (Ramsey & O’Reagan, 1988). Sono stati inoltre individuati elevati punteggi di ansia di tratto nelle persone affette da vitiligine (Seongmin,Miri, Chang, Seung-Kyung, Sang Ho, 2013) : questo studio ha evidenziato anche che, al contrario di quanto si possa immaginare, l’ansia non è maggiore nei pazienti con depigmentazione in zone esposte come viso e collo.

Un peggioramento della qualità della vita, causato dalla vitiligine, è correlato anche ad una maggiore incidenza della depressione (Lucybeth, Jyoti, Dipesh, 2015).
L’ansia sociale spesso porta chi soffre di vitiligine a isolarsi e ad evitare situazioni sociali in cui può sentirsi giudicato (Salzer & Schallreuter, 1995); in alternativa si ricorre al trucco e all’uso di creme coloranti che garantiscono per un breve periodo la normale colorazione dell’epidermide; altre persone invece iniziano un lungo percorso di ricerca di cure, tentativi di terapie e consultazione di esperti che ha però un inevitabile esito negativo, non esistendo ad oggi una cura efficace per questa malattia.

Gli aspetti psicologici possono anche modificare il decorso della malattia: ad esempio depressione e ansia possono ridurre la compliance ad un eventuale trattamento dermatologico (DiMatteo, Lepper, Croghan, 2000).

Sono state fatte numerose ricerche sul rapporto tra qualità della vita, benessere psicologico e vitiligine. Una ricerca condotta negli Stati Uniti da Thompson, Kent e Smith (2002) evidenzia una migliore qualità della vita per i pazienti che, invece di nascondere il problema o ricorrere all’evitamento delle situazioni sociali, intervengono sulla propria vita impegnandosi nell’accettazione della loro condizione. Questa risulta essere una strategia più faticosa ma più duratura ed efficace, soprattutto se accompagnata dal sostegno sociale e familiare.

Le strategie cognitive disfunzionali più utilizzate da queste persone sono:
– evitamento e dissimulazone;
– ipervigilanza rispetto al pensiero e al comportamento degli altri e pregiudizi interpretativi (Rapee & Heimberg, 1997);
– fare confronti “al ribasso”: confrontarsi con chi ha malattie peggiori della propria.

Mentre quelle positive e funzionali, acquisite grazie ad un adeguato sostegno psicologico sono:
– acquisizione di locus of control esterno: “Non sono io ad avere un problema ma sono gli altri che non comprendono”;
– cercare incoraggiamento e rassicurazione da parte degli altri.

Il sostegno sociale infatti risulta essere un’importantissima risorsa per questi pazienti (Carver e Scheier, 1981).
L’utilità di un intervento psicoterapeutico per i pazienti affetti da vitiligine è stato dimostrato dallo studio di Papadopoulos, Bor e Legg (1999): i partecipanti che hanno ricevuto un’ora di trattamento CBT (cognitive-behavioral therapy) per otto settimane, associato ad alcune tecniche comportamentali per aumentare le competenze sociali, hanno ottenuto miglioramenti della qualità della vita, della percezione del proprio corpo e dell’autostima.
Le difficoltà psicologiche delle persone affette da vitiligine incidono negativamente sul loro benessere psicologico e sulla qualità della vita, ma possono essere risolte attraverso un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale.

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