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Una semplice perizia – Centro di Igiene Mentale – Cim n. 21 – Storie dalla Psicoterapia Pubblica

Si racconta di una perizia psichiatrica per una donna accusata di aver ucciso un cane, ma in seguito scagionata in quanto incapace di intendere e di volere.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 30 Giu. 2015

CIM CENTRO DI IGIENE MENTALE #21

Una semplice perizia

Per la prima volta dalla sua fondazione, nell’ultimo semestre il CIM di Monticelli aveva dovuto predisporre delle liste di attesa per le crescenti richieste di psicoterapia. Il dottor Irati, assistendo ad un contemporaneo assottigliamento della ricca clientela del suo avviato studio privato, attribuiva il fenomeno alla crisi economica che impediva al ceto medio di permettersi il ricorso al privato.

La dottoressa Daniela Filata, ottimista e come sempre d’accordo con la Mattiacci, lo spiegava con la crescente credibilità del servizio pubblico ed il suo progressivo radicarsi nel territorio, espressione cara ai veterocomunisti e con la fiducia conquistata dei medici di medicina generale che avevano nel CIM un interlocutore presente e autorevole. A parere di Gilda e di Giulio Renzi, stranamente d’accordo, alla sensazione di assedio non corrispondeva un effettivo incremento della clientela e la spiegazione andava cercata nel progressivo impoverimento del servizio pubblico che dappertutto vedeva un calo del personale a favore delle strutture private in nome di una strisciante controriforma psichiatrica che sarebbe approdata a nuovi manicomi privati e servizi di sola emergenza territoriale. Secondo Gilda psicologi e assistenti sociali sarebbero definitivamente scomparsi ed i dipartimenti sarebbero stati finanziati direttamente dalle aziende farmaceutiche. Alla riunione generale settimanale Biagioli, geneticamente democristiano, sostenne che le liste d’attesa dipendevano certamente dal fatto che erano in pochi ma soprattutto che quei pochi erano davvero buoni e riconosciuti tali. Dava sempre ragione a tutti ed a nessuno, non era certo avesse un pensiero suo vero e proprio. A lui interessava soprattutto che ci si rimboccasse le mani di fronte alle liste per accorciarle e che una miniequipe costituita da Brugnoli e la dottoressa Filata esaminasse tutte le richieste per stabilire le priorità. Luisa Tigli, forse a motivo di qualche dissapore nella loro relazione privata, gli fece notare che più invecchiava più smetteva di chiedersi il perché delle cose e si rifugiava in un fare simile ad un affaccendarsi ascopico. Carlo accusò il colpo distraendosi dal dibattito. Si chiedeva se gli rodesse di più la definizione di superficiale o di vecchio. Concluse per la seconda e la mente sfiorò dolorosamente recenti episodi in contesti molto più intimi che aveva messo da parte in attesa di oblio definitivo.

L’attesa media era di un paio di mesi ma la signora Olga Simoni non aveva aspettato neppure un giorno e l’appuntamento venne fissato direttamente col Dr. Biagioli, nonostante fosse fuori zona, neppure residente nel comune di Monticelli.

La spiegazione poteva sembrare dall’esterno assolutamente ovvia. La Simoni era la moglie del sindaco del capoluogo Vontano e la vicedirettrice della Cassa di risparmio (la Ca.Ri.Vo) che tante iniziative riabilitative del CIM aveva sponsorizzato. Biagioli si trovò in imbarazzo a spiegare questa sua decisione autonoma che puzzava di pressioni e raccomandazioni lontano un miglio ai suoi intransigenti operatori mantenendo il segreto sulle vere cause. Il dottor Pace, sostituto procuratore della repubblica di Vontano, che aveva salvato dalla galera Marco Polti, Giulio Renzi, Luigi Cortesi e Giulio Nitti e probabilmente il CIM dalla chiusura a seguito della vicenda di “Villa Santovino” aveva convocato Biagioli in tutta confidenza in un orario serale quando gli uffici della Procura erano deserti.

Neppure lui si fidava dell’utilizzo del telefono ed un incontro in luogo segreto gli sembrava imbarazzante e ridicolo. La notissima e potente signora Olga Simoni era implicata in una vicenda processuale piuttosto oscura dopo che ella stessa aveva sporto denuncia contro la cooperativa “Bau Bau” che gestiva il canile comunale per essere stata morsicata da un cucciolo durante una delle sue consuete visite. Il giudice aveva chiesto una perizia psichiatrica e il dottor Pace si era permesso di suggerire il Dottor Biagioli per la competenza e la riservatezza. Tecnicamente agli arresti domiciliari non essendoci pericolo di fuga né di inquinamento delle prove, aveva ottenuto il permesso di recarsi una volta a settimana presso l’ambulatorio di Monticelli che garantiva un minimo di privacy nonostante sui giornali locali si scatenassero le ipotesi più fantasiose sul perché di un provvedimento cautelare emesso improvvisamente a carico di un soggetto che risultava parte lesa.

Il Corriere lasciava sospettare che dietro ci fosse una manovra del sindaco stesso che, stufo dei continui tradimenti, volesse arrivare a un divorzio con addebito alla moglie in modo da evitare gli alimenti all’avida consorte. Di lei i mezzi di informazione locale con forte vocazione al gossip davano da tempo un’immagine bifronte. Da un lato una donna generosa, dedita al volontariato e animatrice culturale di quel mondo che si estende con ampie sovrapposizioni dalle frange estreme della sinistra fino ai gruppi religiosi più attivi. Dall’altro una ricca borghese scostante e sprezzante con quelli che non considerava al suo livello, ovvero tutti con in prima fila il marito Gustavo tanto da infuriarsi se qualcuno la chiamava Esposito col il cognome di lui che trovava proletario e meridionale.

Biagioli non volle leggere altro per non esserne influenzato. Già erano sufficienti i pregiudizi che aveva verso il mondo radical chic che lo facevano faticare non poco per empatizzare con alcuni pazienti. Andava meglio da quando aveva capito che era un altro modo per avercela con se stesso (era innegabilmente di quel mondo). Quando la incontrò la prima volta capì esattamente il significato dell’ aggettivo “algida” che sin da piccolo aveva rappresentato per lui sono una marca di gelati. Olga aveva 46 anni, l’estrema magrezza ultima propaggine di un disturbo anoressico adolescenziale danneggiava una bellezza nordica che doveva essere stata appariscente. I capelli biondi con un’ acconciatura anni ’60 nascondevano chiazze di alopecia. La gonna del tailleur grigio celava le ossa sporgenti del bacino. Gli occhi grigi, che se davvero sono lo specchio dell’anima ne denotavano l’assenza, guizzavano nervosamente a scannerizzare l’ambiente alla ricerca di possibili pericoli. Era un animale in allarme e Biagioli le permise di acclimatarsi e di marcare il territorio disseminando in tutti gli angoli la cenere della sua Marlboro light ( il vaso del Ficus regalato dalla madre di Clotilde,una conchiglia con la vocazione ad essere confusa con un portacenere e soprattutto il davanzale della finestra dove il vento eliminava le tracce della trasgressione).

Fu lei a decidere quando sedersi nella poltrona di fronte alla scrivania. Certa che lo sguardo di Biagioli ne avrebbe seguito l’armonico movimento per indugiare poi sulle sue famose cosce velate da calze trasparenti ormai fuori moda, accavallò le gambe e iniziò a spiegare la dinamica dell’incidente per cui aveva fatto causa alla cooperativa che gestiva il canile, mostrando tutta la sua indignazione per essere passata da parte lesa a indagata per la morte di un cucciolo di labrador.

Effettivamente quando il cucciolo cui stava tagliando il pelo del collo per una infezione provocata dal collare aveva reagito tentando di aggredirla, si era spaventata terribilmente perdendo il controllo e colpendo l’animale con le forbici adoperate a pugnale. Era vero che non aveva chiamato subito gli inservienti ma solo perché resasi conto che la povera bestiola se fosse sopravvissuta sarebbe rimasta ceca ( gli aveva cavato gli occhi) e paralizzata per il colpo alla colonna, aveva sentito il dovere di porre fine alle sue sofferenze tagliando con precisione chirurgica la carotide sinistra. Le conoscenze mediche le aveva acquisite in un corso per volontari della Croce Rossa che prima aveva frequentato e poi per una decina di anni finanziato con i fondi di beneficenza della Ca. Ri. Vo.

Biagioli voleva farla sentire a suo agio e abbassare la sospettosità. Ritenne inopportuno indagare meglio sull’episodio ( del resto non spettava a lui) e mostrando ammirazione per le sue numerose attività e con quel fare seduttivo che mirava a far sentire l’interlocutore unico le chiese della sua vita. Anche lei era molto esperta nel flirtare ma, si diceva in città, meno brava di Biagioli nel sapersi fermare in tempo. Motivo per cui il sindaco era sulla bocca di tutti e si diceva che se anche avesse avuto solo i voti degli amanti della moglie avrebbe governato per decenni con la maggioranza assoluta. Carlo invece credeva fosse molto più il fumo che l’arrosto ma non aveva intenzione di verificare, gli inciampi con Luisa Tigli sconsigliavano di cimentarsi in terreni sconosciuti. La chiamò Olga mettendo da parte il più formale dottoressa Simoni e ciò diede la stura al tumultuoso racconto della sua drammatica vita.

Il padre l’ingegner Simoni era un imprenditore edile. Tutta la parte nuova di Vontano era stata costruita con guadagni inversamente proporzionali alla qualità strutturale ed estetica delle abitazioni dalla SIMONI s.r.l. L’ingegnere Dario sponsor unico della giunta democristiana che aveva governato Vontano ininterrottamente dal dopoguerra aveva un potere enorme. Biagioli ricordava di essersi sempre chiesto che merito avesse quel bieco palazzinaro perché una via fosse dedicata a “Ginetto Simoni” figlio dell’ingegnere, di cinque anni più grande di Olga, morto a 4 anni e dunque poco prima della nascita di Olga in uno strano incidente domestico. Sbattendo contro lo spigolo di un tavolo si era fracassato il cranio. Questo era il primo episodio ad aver segnato la vita di Olga prima ancora che iniziasse.

Lei era stata messa al mondo in pronta sostituzione di Ginetto in un clima familiare luttuoso, cupo e di reciproche accuse. Già il fatto di essere femmina la rendeva una copia inadeguata a colmare il vuoto lasciato dal geniale e idealizzato fratellino.

La famiglia aveva di fatto cessato di esistere con la morte del bambino.

Dario e la moglie Teresa litigavano furiosamente. Teresa si era rifugiata in una fede quasi delirante, passava la giornata al cimitero ed aveva cominciato a bere di nascosto. Per due volte Olga l’aveva trovata in coma etilico. Toccava a lei badarla. Insomma lei era nata da una famiglia già morta negli affetti. Si chiedeva se fosse stato il padre a mettere incinta di lei la madre tanto li vedeva distanti. Dario si era buttato a capofitto nel lavoro. Come Gaetano Scirea e più o meno nello stesso periodo era in Polonia per ottenere appalti dal governo locale quando un autocarro ubriaco prese troppo larga una curva della superstrada che traversa la Pomerania occidentale nei pressi di Stettino. Faccenda finita.

Teresa convinta che stesse in compagnia di mignotte non tirò fuori i soldi per il rimpatrio della salma e l’ingegnere Simoni che aveva costruito una cappella sontuosa nel cimitero di Vontano giace in una fossa comune nel cimitero cattolico di Danzica.

Olga aveva 10 anni e quanto la madre era odiata e disprezzata ( più volte aveva pregato in cuor suo che morisse ubriaca una buona volta) tanto il padre era amato e ammirato.

Quella fu la prima occasione in cui Olga sperimentò quello stato d’animo di assoluta indifferenza su cui Biagioli avrebbe incardinato tutta la perizia. Non ricordava i giorni seguenti alla notizia della morte del padre ma era certa di non aver provato alcun dolore. Per la verità, confessò con un inquietante sorrisetto a stento trattenuto, aveva goduto nel trovarsi al centro dell’attenzione delle sue amichette e nel vedere le sue foto sul “Corriere”. Dal vescovo al sindaco tutte le autorità cittadine avevano fatto visita a casa sua. Una mozione del consiglio comunale chiese al capo dello Stato la nomina a “Cavaliere del lavoro” alla memoria per l’uomo caduto per portare all’estero l’operosità del popolo italiano. In città non si parlò d’altro e ciò le procurava un piacere quasi fisico. Le prime fantasie masturbatorie la vedevano a fianco di uomini potenti che dominavano gli altri e che lei manipolava a piacimento con la sua straordinaria creatività sessuale.

L’esordio nella realtà della sessualità fu decisamente più crudo. Per l’occasione dovette rispolverare quella modalità di distacco dalla realtà che ancora riusciva ad attivare a comando. Aveva 13 anni ed il fratello Enrico quasi 23. Dopo la morte del padre privato d’ogni regola e controllo aveva sottomesso la madre per ottenere i soldi per le droghe e il gioco d’azzardo. Ancora oggi Olga ci teneva a precisare che in quella prima volta lui non aveva partecipato.

I creditori gli avevano fatto notare che non era vero non avesse nulla da dare in cambio. Nella villa gelida per l’inverno sul lago di Vontano di un certo Aristide aveva passato 18 ore che era certa fossero le ultime della sua vita. Non credeva sarebbe sopravvissuta alle violenze umilianti. Invece si era ritirata in sé e ce l’aveva fatta ( era stata più fortunata di due ragazze che nello stesso mese rimasero uccise in circostanze analoghe in una villa al Circeo, erano cose che allora succedevano). Ricordava solo il passaggio di tanto in tanto del fratello per accertarsi che non finisse uccisa. Aveva imparato a lasciare il corpo lì e andarsene in un altro mondo dove nulla poteva toccarla. Dopo quell’episodio viveva nel terrore che potesse ripetersi. Aveva scoperto che il fratello teneva nella scrivania una beretta calibro 9 che era appartenuta al padre e sequestrata dalla magistratura dopo la morte di Ginetto. Temette che quello potesse essere stato lo spigolo contro cui il piccolo aveva sbattuto ma allontanò prontamente il pensiero. Un incidente causato da Enrico? Quella stronza della madre o l’adorato padre? Non poteva essere.

Tra i personaggi importanti che frequentavano casa Simoni dopo la scomparsa del padre il più gradito a lei era Gaetano Coretti il cinquantenne presidente della Cassa di risparmio di Vontano. La famiglia comprese rapidamente che le trattative sulle dilazioni per il progressivo rientro dallo scoperto che l’azienda aveva con la banca avevano maggiori possibilità di successo se a condurle privatamente con il dottor Coretti fosse stata proprio Olga.Nonostante con i suoi diciassette anni fosse la più giovane della famiglia aveva argomenti estremamente convincenti.

Fiorina la moglie emiliana del Coretti che aveva sempre tollerato scappatelle occasionali del marito purchè non dirottasse all’esterno le risorse economiche della famiglia si allarmò e con un blitz improvviso negli uffici al secondo piano colse i due amanti in flagrante adulterio. Garantitasi un congruo assegno di mantenimento per sé e i due figli accettò rapidamente il divorzio lasciando libero Gaetano di convolare a seconde nozze con la giovanissima Olga Simoni che a diciannove anni abortì il figlio concepito nel peccato attendendo tempi migliori per ampliare la famiglia.

Entrata come cassiera nella filiale di Borgo al Vontano a soli 23 anni fu nominata dal consiglio di amministrazione vicedirettore della filiale del capoluogo con delega alle attività promozionali, di immagine e benefiche. Bella da sempre e affascinante per il suo stile inconfondibile, figlia del mitico ingegner Simoni, moglie del brillante direttore della Ca.Ri.Vo. e a sua volta vicedirettrice della banca, divenne rapidamente la donna più ammirata e potente della città. Raccontando a Biagioli quel periodo felice Olga scoppiò in singhiozzi e in un pianto a dirotto. Stentava a procedere con la narrazione del periodo infernale della sua vita. Si asciugò con un fazzoletto di stoffa che bizzarramente Biagioli si ostinava ad usare a riprese. In quel periodo l’unica pecca della sua vita era la mancanza di un figlio che non voleva saperne di venire. Vedeva la sua sterilità ( Gaetano aveva avuto due bei figli con Fiorina) come la punizione per l’aborto. La genetica o l’esempio della madre la portarono a cercare consolazione nell’alcol.

Impegnata sin dalla morte del padre in un controllo anoressico del cibo trovò negli aperitivi e negli amari un poderoso alleato. L’alcol divenne praticamente il suo unico alimento. Ad esso fu attribuita la disgrazia. Al termine della gita di pasquetta Gaetano stava svuotando il portabagagli della lancia Thema aziendale e riordinando il materiale da campeggio nell’armadio metallico sul fondo del box. Olga attendeva sulla rampa con il motore acceso che tornasse per affidargli la delicata manovra di accostamento. Tirato il freno a mano era scesa per accendersi una sigaretta. Gaetano non voleva si fumasse in macchina. Olga si strappò due unghie della mano destra e si bruciò il palmo con la sigaretta nel tentativo di trattenere il pesante mezzo che correva in avanti. Secondo il medico legale non si era quasi accorto e non aveva sofferto.

La situazione psichica di Olga era peggiorata ed il consumo di alcol proporzionalmente aumentato. Già allora il giudice Pace si era occupato di lei su sollecitazione del fratello Enrico che non voleva saperne di quella matta della sorella e aveva ordinato un periodo di disintossicazione presso la comunità CEIS di San Elpidio a mare.

Tutti i rapporti con Vontano furono interrotti e la popolazione iniziò a dimenticare questa meravigliosa e disgraziata donna. Biagioli che ascoltava attento era inquietato dalla tendenza di Olga a parlare di sé in terza persona come se fosse un osservatore esterno e distaccato dei fatti che narrava. Anche nei momenti di maggiore espressione emotiva con pianti a singhiozzi o esplosioni di rabbia contro il destino cinico e baro, avvertiva qualcosa di inautentico. Si limitava a fornire il suo ormai zuppo fazzoletto ma sentiva di annoiarsi come di fronte ad un film mal recitato. Dovette cacciare le sue ruminazioni circa la propria progressiva mancanza di empatia e l’opportunità di lasciare questo lavoro e tornare ad ascoltare in attesa di un nuovo colpo di scena che puntualmente arrivava a risvegliare lo spettatore distratto. Un giorno di inizio estate si presentò alla Comunità CEIS di San Elpidio a mare il sindaco di Vontano Gustavo Esposito accompagnato dall’assessore ai servizi sociali che aveva stipulato una convenzione con la comunità per la presa in carico dei numerosi giovani tossicodipendenti. Gustavo Esposito indugiava sulla metà degli anni quaranta in quell’età in cui si è incerti se tentare una resistenza giovanilistica o accelerare il doloroso passaggio e arrendersi alla mezza età.

Gustavo era giunto a Vontano immigrato dalla Puglia per il lavoro di carpentiere del padre ed era in debito con la vita per una adolescenza da emarginato che escludendolo dai salotti bene della provincia e dalle discoteche gli aveva fatto trovare la sua nicchia ecologica nelle fumose stanze del Partito. Nonostante i capelli castano chiari si fossero ritirati in precipitosa fuga sulla cima del cranio lasciandolo quasi calvo non voleva rinunciare a quello che riteneva gli fosse stato sottratto e che il prestigio di sindaco neoeletto facilitava. Diventare sindaco e imparentarsi con la storica famiglia Simoni, per quanto decaduta, gli parve il compimento del suo sogno di affermazione. Avrebbe riscattato le umiliazioni del padre che per quei signori aveva lavorato. Rendeva appetibile la missione la ancora prorompente bellezza di Olga che era certo di poter curare con il suo amore più di quanto non facesse il CEIS. Stava ancora nel periodo di prova per la dimissione definitiva quando il matrimonio fu celebrato proprio dall’assessore ai servizi sociali nella sala comunale delle lance. Anche nel racconto gioioso di quello splendido giorno la dichiarata felicità di Olga non riusciva ad arrivare al cuore di Biagioli. Non c’era niente da fare si stava proprio inaridendo. Pensò per un attimo. Poi tornò a concentrarsi su di lei e su quanto aveva sentito dire in città. I suoi modi scostanti e aristocratici non erano stati per nulla mitigati dalle tante disgrazie vissute, anzi si diceva ne fosse uscita incattivita.

Il ruolo di first Lady poi la rendeva ancora più odiosa. I figli, nonostante il cambio del marito non arrivavano e la gente perfidamente sosteneva che fosse troppo cattiva per farli. In realtà si andavano delineando due diverse personalità. Quella privata capricciosa, volubile, arrogante e insopportabile che trattava i domestici come schiavi mettendoli rapidamente in fuga. Quella pubblica impeccabile, tutta dedita al lavoro in banca e alla promozione di attività culturali e di volontariato che finanziava con la Ca. Ri. Vo.

E cui si dedicava personalmente. Per essere più precisi, quella pubblica, dedita a fare il bene degli altri aveva, a sua volta due declinazioni. Da un lato il volontariato per i più indifesi bambini, malati, anziani. immigrati. Meglio ancora se le categorie si sovrapponevano come bambini malati o addirittura bambini immigrati malati. Dall’altro un’altra categoria che beneficiava della sua generosità erano i maschi dai venti ai cinquanta anni in carenza sessuale. Gli spostamenti della first lady con la sua mercedes cabrio rossa erano piuttosto evidenti ed il sindaco Esposito era piuttosto irritato per la notorietà che andava involontariamente acquisendo per meriti non politici.

Olga non mostrava alcun imbarazzo con Biagioli a narrare le sue numerosissime avventure sessuali e le sue acrobatiche prestazioni. Unica preoccupazione era il frequente richiamo al segreto professionale trattandosi di personaggi noti e ben conosciuti da Biagioli. Carlo nell’ascoltare i resoconti dettagliatissimi si meravigliava di non provare alcun eccitamento sessuale e di non aver mai rimpianto di non aver incontrato Olga in un contesto diverso. Si chiese perché? Come per tutte le altre emozioni non sentiva una reale partecipazione di Olga che sembrava quasi impegnata ad eseguire un compito. Seguendo questa intuizione cercò di indagare meglio. Olga gli confermò di essere praticamente anorgasmica e che al compimento dell’atto, quando il partner veniva lei provava semplicemente un senso di soddisfazione. L’impressione che tutto fosse a posto e avesse fatto il proprio dovere. Il suo obiettivo non era il piacere personale ma la soddisfazione dell’altro che vedeva nella rilassatezza post orgasmica. Con la stessa dedizione si dedicava anche a Gaetano che continuava a sbandierare, tra i sorrisini sarcastici degli amici, il suo matrimonio come il miglior affare della sua vita. Una prima svolta foriera di tutti i successivi drammi avvenne quando volontariato solidale ed erotico si contaminarono. Il primo passo, che ricordava perfettamente, fu quando decise di tranquillizzare il signor Aurelio Vincenti di 73 anni, cui faceva domiciliarmente le notti che non riusciva a prendere sonno per i lancinanti dolori alla schiena da ernia discale tra D6 e D7. Fu un successo clamoroso che comportò non solo un sonno rilassato e profondo ma nei giorni seguenti, con il proseguire del trattamento, un miglioramento delle condizioni generali.

La sua associazione “Compagni nel dolore” assisteva a casa molti anziani, sostituiva nei turni di notte i genitori nel reparto di lungo degenza pediatrica dell’ospedale generale di Vontano e organizzava attività di intrattenimento nella residenza “Controcorrente” per adolescenti problematici. Olga estese il trattamento sperimentato con Aurelio. Andava progressivamente aumentando la competenza tecnica e, ci tenne a sottolineare a Biagioli che con l’utenza solidale non metteva quasi mai in gioco i propri genitali. Col passare del tempo questo tipo di utenza, più bisognosa, soppiantò la prima con grande beneficio per il sindaco meno chiacchierato. Si accorse come l’ orgasmo – terapia aveva una efficacia trasversale rispetto all’età e al sesso.

Bimbe oncologiche di tre anni e vecchie terminali con piaghe da decubito provavano lo stesso sollievo. Appena significativa era forse una maggiore efficacia negli adolescenti maschi di “Controcorrente”. La cabrio rossa la si trovava continuamente parcheggiata nei luoghi di sofferenza della città: l’ospedale generale, la comunità “Controcorrente”, l’RSA “Villa della quiete” e la sede centrale dell’Hospice “Unica Armonia” da dove partivano per le attività domiciliari. Tutto utilissimo per la campagna elettorale di rinnovo del sindaco. Ritrovata la serenità familiare la vita di Olga procedette in questa routine per oltre due anni. Prima di parlare della seconda e decisiva svolta Olga volle rassicurarsi che Biagioli non avesse assunto un atteggiamento critico nei suoi confronti perché sembrava voler dare una accelerata per la conclusione della perizia. In verità Biagioli era sempre più interessato alla vicenda della signora Simoni/Esposito. Chi pressava per una rapida conclusione erano altri. Il giudice Pace che aveva fissato a 120 giorni la prima udienza del processo contro la cooperativa “Bau Bau”. Gli altri operatori che mal tolleravano il tempo dedicato all’elegante fascinosa signora dal loro capo, prima fra tutti Luisa Tigli mossa anche da malcelata gelosia giustificata dalla fama equivoca della first lady.

Rassicurata sull’atteggiamento non giudicante di Carlo, così aveva iniziato a chiamarlo, riprese la narrazione. Il difetto della terapia che Olga praticava era che non portava ad una risoluzione definitiva e dunque andava continuamente ripetuta. In taluni casi addirittura sembrava determinare una certa assuefazione ed andavano aumentate le dosi con crescita insostenibile del lavoro anche considerato che lei era l’unica terapista in circolazione. Colse quasi un segno del destino nel fatto che anche la seconda svolta avvenne grazie al signor Aurelio Vincenti dal quale tutto era iniziato. In una notte in cui era particolarmente tormentato dai dolori alla schiena Olga gli somministrò evidentemente un’ overdose. Alla sesta somministrazione dopo una pausa di mezz’ora dalla precedente avvertì che Aurelio aveva depositato nella sua bocca qualcosa di più del consueto appiccicume. Bastò scuoterlo per rendersi conto che si trattava dell’anima. Il volto di Aurelio si compose in un sorriso rilassato che non lo avrebbe più lasciato. Ecco l’intuizione! La morte dava quella pace risolutiva che l’orgasmo lascia solo intuire fuggevolmente.

Si aggiunga il vantaggio che non necessitano ripetuti trattamenti e quindi anche da sola avrebbe potuto coprire il fabbisogno. Per i piccoli della lungodegenza pediatrica si orientò sull’abbraccio assoluto. Faticoso con i più grandicelli consisteva in una progressiva stretta che esitava in un blocco respiratorio o in una frattura vertebrale. Pensava che il piccolo comunque avrebbe sperimentato un vissuto di affetto avvolgente e protettivo. Più facile per gli anziani era il tradizionale metodo del cuscino. Per non lasciare sempre le stesse tracce talvolta usava il warfarin aggiunto con una siringa alla flebo. Nelle notti invernali particolarmente gelide aveva tentato la finestra spalancata togliendo coperte e lenzuola ma non era immediato e tanto meno certo. Un vecchiaccio con la polmonite si era ripreso in ospedale e rischiava di rivelare tutto se non fosse prontamente intervenuta con il supplemento del cuscino.

Olga concluse la sua rassegna dei metodi con quelli escogitati per l’utenza più difficile, gli adolescenti di “Controcorrente”. Per loro aveva prodotto delle pasticchine di Tanax, procuratogli da un suo ex amante veterinario (probabilmente convinto di por fine all’attuale governo comunale). Alcuni le consumavano direttamente, per altri doveva scioglierle nella birra o imbeverci alcune foglie di cannabis che poi venivano fumate. Queste cose probabilmente erano già a conoscenza dell’autorità giudiziaria e non spettava a Biagioli accertarle. A lui veniva chiesto se la signora Simoni era nel momento in cui le compiva in grado di intendere e di volere e se c’era pericolo di reiterazione dei fatti. Registrò con il permesso di Olga la seduta in cui indagò il vissuto soggettivo della paziente per riportarne il trascritto nella stessa perizia.

Olga ricordava vagamente i singoli episodi. Sembrava raccontasse un sogno sbiadito. Il suo pensiero era concentrato sulla necessità di far cessare la sofferenza. I gesti dopo la prima volta andavano in automatico. Non provava piacere, nè un senso di onnipotenza. Compiuto il lavoro sentiva che tutto era al proprio posto, esattamente come quando faceva sesso. L’unico senso di colpa che conosceva era quello nei confronti dei genitori per non averli esentati dal dolore per la perdita di Ginetto ma era troppo piccola.

La conclusione della perizia di Biagioli sosteneva che nel momento dei fatti la signora Simoni non era in grado di intendere e di volere e dunque non imputabile. Inoltre a suo avviso la consapevolezza che la signora aveva acquisito durante il lavoro di valutazione per la perizia escludevano la probabilità del ripetersi dei fatti e dunque non si ritenevano necessarie misure cautelari. Si consigliava altresì il proseguimento di un lavoro psicoterapeutico al quale si era cercato di motivare l’interessata. Il giorno dopo la sentenza Olga Simoni telefonò a Biagioli per comunicarle la sua imminente partenza per una missione umanitaria in Burkina Faso e, contrariamente a molti politici che lo dichiarano semplicemente, partì davvero. Circa ogni mese arriva al CIM una cartolina che staziona in bacheca fino alla successiva con scritto “tutto bene!”. Anche Gaetano Esposito che non è stato rieletto si è dedicato al volontariato.

 

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