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Disturbi del sonno nell’infanzia: possibili fattori di rischio per la comparsa di futuri sintomi psicotici

I bambini che presentano alterazioni del sonno nella prima infanzia e a 12 anni sono quelli che più manifestano esperienze psicotiche a 18 anni - Psicologia

Di Alessia Gallucci

Pubblicato il 05 Giu. 2015

Aggiornato il 26 Lug. 2017 11:09

FLASH NEWS

La ricerca degli ultimi anni ha messo in evidenza come il legame tra i fattori di rischio della schizofrenia e la reale comparsa di sintomi psicotici non è così forte come si pensava un tempo. Nonostante questo comunque, nell’ottica di promuovere degli interventi preventivi, è utile individuare le possibili condizioni subcliniche.

A questo proposito si è osservato come siano labili i confini tra gli incubi notturni e le esperienze psicotiche e quindi come i disturbi del sonno infantili possano essere dei potenziali fattori di rischio per la schizofrenia: difficoltà durante il riposo sono spesso riportate come segni prodromici nella storia dei pazienti con schizofrenia e rappresentano elementi predittivi dello sviluppo della psicosi nella popolazione a rischio; le allucinazioni ipnagogiche e ipnopompiche tipiche rispettivamente dell’addormentamento e del risveglio sono simili alle allucinazioni psicotiche, gli incubi e i terrori notturni sono spesso associati alla propensione alla schizotipia ed in generale alla psicopatologia.

Sulla base di tali evidenze la presente ricerca, utilizzando un campione di 4720 bambini inglesi, ha tentato di studiare la relazione tra le difficoltà del sonno, come incubi, terrori notturni e sonnambulismo nella prima infanzia (2-9 anni) e a 12 anni e la presenza di sintomi psicotici sia a 12 che a 18 anni. In particolare i disturbi del sonno tra i 2 e i 9 anni sono stati rilevati sulla base dei racconti delle madri mentre quelli a 12 anni sono stati individuati tramite l’utilizzo di un intervista semi-strutturata.

Un’ intervista semi-strutturata è stata utilizzata anche per indagare la presenza di sintomi psicotici a 12 e a 18 anni; più precisamente l’intervista ha considerato le esperienze psicotiche classiche (allucinazioni, deliri e pensiero interferente), escludendo quelle legate propriamente al sonno e agli stati febbrili, dando vita così alle condizioni “nessuna” cioè nessun sintomo psicotico né a 12 né a 18 anni, “presente” quando i sintomi psicotici sono rilevati a 18 ma non a 12 anni, “remissione” che si riferisce alla condizione in cui i sintomi erano presenti a 12 anni ma non a 18 ed infine “persistente” in cui invece le esperienze psicotiche sono descritte sia a 12 che a 18 anni. Lo studio ha inoltre considerato alcune variabili intervenienti come il QI dei bambini, la familiarità, la co-occorenza di altri disturbi psichiatrici, la presenza di depressione, l’eventualità di abusi fisici e sessuali e l’enuresi .

I risultati sostengono le ipotesi dei ricercatori, infatti hanno permesso di osservare come i bambini che presentano alterazioni del sonno nella prima infanzia e a 12 anni sono anche quelli che più degli altri manifestano esperienze psicotiche a 18 anni; tale relazione è stata rilevata in particolare nel caso di incubi e terrori notturni mentre sembra essere molto debole se non addirittura assente nel caso del sonnambulismo.

Questi risultati sono in linea con quelli ottenuti da altri studi, tuttavia rispetto ad essi la ricerca in questione presenta alcuni vantaggi come ad esempio il fatto di essere longitudinale e di prendere in considerazione un campione molto ampio di soggetti. Inoltre essa cerca di controllare alcune variabili, tra cui ad esempio le allucinazioni ipnagogiche e ipnopompiche o quelle legate agli stati febbrili, che possono viziare il legame tra le alterazioni del sonno nell’infanzia ed il rischio di sviluppare sintomi psicotici. Naturalmente la ricerca presenta anche dei limiti, infatti non considera disturbi del sonno più comuni come l’insonnia, né prende in esame altri disturbi del sonno simili agli incubi e ai terrori notturni come l’epilessia e l’apnea notturna. Dall’analisi sono escluse anche le condizioni organiche che possono causare difficoltà nel riposo, così come le esperienze psicotiche derivanti dall’uso di sostanze.

Gli autori hanno cercato anche di spiegare i risultati ottenuti. Una prima ipotesi riguarda il fatto che i confini tra lo stato di veglia e di sonno in alcuni pazienti psicotici possono essere labili, in quanto essi mentre sono svegli spesso vivono dei brevi intervalli di sonno REM e, poiché il sonno REM è la fase del sonno in cui normalmente compaiono gli incubi, la conseguenza è che i pazienti vivono delle esperienze allucinatorie durante la veglia. Inoltre tra gli incubi e i sintomi positivi della schizofrenia sembrano esserci dei pattern neurochimici e neurofisiologici simili, infatti i livelli di dopamina aumentano sia durante gli incubi sia durante i cicli del sonno dei pazienti psicotici.

Infine un’altra possibile spiegazione riguarda le esperienze traumatiche, infatti si è osservato che vivere degli eventi particolarmente stressanti possa causare la comparsa sia di incubi notturni (gli incubi ricorrenti che ripropongono il trauma vissuto è uno dei sintomi caratteristici del disturbo post traumatico da stress) che di sintomi psicotici. Tuttavia solo un soggetto tra quelli considerati dalla ricerca aveva ricevuto una diagnosi di DPTS, per cui quest’ultimo aspetto non è stato sufficientemente approfondito.

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