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Report dal Congresso ICED 2015: International Conference on Eating Disorders – Boston, 23-25 Aprile 2015

Il principale obiettivo del congresso ICED di quest’anno riguarda il gap, in tema di Disturbi del Comportamento Alimentare, tra ricerca e pratica clinica.

Di Rosaria Nocita

Pubblicato il 08 Mag. 2015

Aggiornato il 16 Lug. 2019 12:52

Communication: Today and Tomorrow è il leitmotiv dell’ultima edizione ICED organizzata dalla Academy of Eating Disorders (AED). Un’attenzione particolare è stata rivolta al ruolo delle nuove tecnologie come strumenti di prevenzione, valutazione e trattamento dei disturbi alimentari ed alla comunicazione, nel senso più ampio del termine.

Il principale obiettivo dell’ICED di quest’anno, infatti, riguarda quello che Glenn Waller (Presidente AED), nel discorso di benvenuto, definisce gap tra ricerca e pratica clinica. In altre parole, l’intento è quello di promuovere un maggior interscambio tra ricercatori e clinici e l’integrazione delle loro diverse competenze, in modo da rendere più proficuo l’intervento sui pazienti con disturbi alimentari. Per questo motivo, all’interno della conferenza, sono stati organizzati anche meeting a piccoli gruppi di ricercatori e clinici, che hanno permesso- nel concreto- di condividere idee, strumenti ed esperienze.

Report dal Congresso ICED 2015 International Conference on Eating Disorders - Boston, 23-25 Aprile 2015_GLENN WALLER

Durante le tre giornate, attraverso discussioni orali, special interest group (SIG), workshop e sessioni poster sono stati affrontati vari temi, suddivisi in sezioni, tra cui: trattamenti di adolescenti e adulti, fattori di rischio e prevenzione , neuroscienze, comorbilità, personalità e cognition.

Per quanto riguarda i trattamenti, all’interno di un SIG, P. Doyle ha presentato un intervento combinato di Family Based Treatment (FBT) e Dialectical Behavior Therapy (DBT).

Doyle parte dall’osservazione che la FBT è un trattamento- in genere- solido ed efficace per gli adolescenti con Disturbi Alimentari, ma si dimostra limitato se applicato a pazienti difficili che mostrano anche disregolazione emotiva grave (trasversale a tutti i tipi di DA), tratti di personalità disfunzionali e comorbilità in Asse I (ansia e disturbi dell’umore, soprattutto). Tali elementi associati al DA vengono considerati come fattori limitanti l’efficacia della FBT, pertanto l’integrazione della DBT è pensata al fine di superare la difficoltà legata al trattamento di adolescenti con questo profilo.

Il programma descritto prevede l’integrazione dei due tipi di trattamenti in termini di modalità (prescrittiva – non prescrittiva) e di strumenti e strategie (skills groups, phone coaching, motivation building, parent training comportamentale ed empowering genitoriale), dove il focus rimane la famiglia. Dimostrando l’efficacia di quest’intervento combinato, Doyle ha proposto tre possibili applicazioni FBT-DBT: sequenza di due diversi trattamenti, combinazione di due trattamenti integrati, DBT come intervento aumentativo della FBT. Infine, ha sottolineato la maggior indicazione di un trattamento di questo tipo per pazienti con Bulimia Nervosa.

Uno studio interessante sul tema della motivazione al trattamento è stato discusso da S. Sarin, che ha analizzato l’effetto predittivo del tipo di motivazione (autonoma vs. controllata) sul cambiamento dei sintomi alimentari, dell’impulsività, dell’ansia e dell’umore in due gruppi di pazienti con Anoressia Nervosa con Restrizioni (AN-R) e Anoressia Nervosa con Abbuffate e Condotte di Eliminazione (AN-B/P), sottoposte ad un trattamento combinato (CBT-DBT-IPT). I risultati ottenuti hanno evidenziato che alti livelli di motivazione autonoma pre-trattamento predicono una riduzione della sintomatologia alimentare, depressiva e dell’impulsività post-trattamento in entrambi i gruppi (il gruppo AN-R mostra- però- cambiamenti più ridotti); alti livelli di motivazione controllata pre-trattamento predicono un incremento della preoccupazione relativa al peso e della sintomatologia alimentare post-trattamento; il tipo di motivazione mostra un maggior impatto per il gruppo AN-B/P rispetto al gruppo AN-R. In generale, la motivazione interna predispone i pazienti ad ottenere maggiori benefici sia nel breve che nel lungo termine, mentre la motivazione controllata predice esiti sfavorevoli. Sarin ha sollecitato studi futuri atti ad individuare l’impatto che i due tipi di motivazione discussi potrebbero esercitare su trattamenti diversi e ricerche su interventi mirati a modificare lo stato motivazionale dei pazienti.

Nell’ambito delle neuroscienze un contributo interessante è stato quello relativo alla plasticità cerebrale.

J. Feusner ha discusso uno studio condotto su pazienti AN con DOC in comorbilità, sottoposte ad un trattamento intensivo CBT rivolto ai sintomi ossessivo-compulsivi. Attraverso l’impiego di tecniche di neuroimaging e i punteggi alla YBOCS, si sono evidenziate co-variazioni post- trattamento tra sinapsi e metabolismo cerebrale, soprattutto nella regione orbito-frontale, e miglioramento della sfera ossessivo-compulsiva. La modularità osservata dimostra la potenzialità di un trattamento di psicoterapia sulle modificazioni cerebrali.

Nell’area relativa alla personalità ed alla cognizione S. Lloyd ha condotto un’analisi della relazione tra perfezionismo e stile cognitivo in adolescenti e adulti con AN.

Mediante l’uso di self- report sulle diverse dimensioni del perfezionismo (MPS) e sullo Stile Cognitivo (Detail and Flexibility Questionnarie) e la somministrazione di test neuropsicologici sul set-shifting e sulla coerenza centrale (WCST e RCFT), è stato accertato che- sia negli adolescenti che negli adulti- è presente un’associazione tra perfezionismo, rigidità cognitiva e attenzione al dettaglio self-report, per contro il perfezionismo non si associa alle prestazioni ai test neuropsicologici. Gli autori hanno rimarcato la valenza di questi risultati nella pratica clinica: gli strumenti self-report sul perfezionismo e sulla rigidità cognitiva possono fornire un importante insight al paziente riguardo l’impatto che questi hanno sulle difficoltà del quotidiano; i deficit rilevati potrebbero essere inclusi nel progetto terapeutico al fine di ottimizzarne gli esiti.

Una delle ricerche sui fattori di rischio si è focalizzata sulla relazione temporale tra i commenti dei pari e lo sviluppo di un disturbo alimentare.

Amaia-Hernàndez ha esposto uno studio longitudinale che ha valutato il valore dei commenti dei coetanei per lo sviluppo di disturbi alimentari nell’arco di 10 anni, su uomini e donne di tre coorti di età. Dai risultati emersi è stato dimostrato che i commenti dei coetanei possiedono un effetto predittivo specificamente per lo sviluppo della Bulimia Nervosa, indipendentemente dal sesso, dall’età e dal BMI alla baseline. Gli autori hanno concluso che il ruolo dell’influenza dei pari, sottoforma di discussione sul peso o sull’alimentazione, è fondamentale per l’esordio di un vero e proprio problema alimentare. Alla luce di questi dati, una riflessione particolare è stata dedicata alla pervasività di questa influenza, dal momento che non sono state rilevate differenze età/sesso-correlate, e da ciò derivano importati implicazioni per la pratica clinica, in primis interventi preventivi volti a ridurre il criticismo tra pari.

All’interno della sezione sulla comorbilità è stato presentato uno studio interessante sulla frequenza del Pica e disturbo da ruminazione in un campione di pazienti DA uomini e donne.

Mediante la somministrazione di strumenti self-report (e non secondo i criteri DSM-V), è emerso che il 2% delle donne soddisfa diagnosi di disturbo da ruminazione e nessun soggetto soddisfa diagnosi di Pica. Ciò confermerebbe che entrambi i disturbi esaminati sono rari. Tuttavia, gli autori di questo lavoro ipotizzano che la scarsa rilevazione del Pica e del disturbo da ruminazione potrebbero rispecchiare un generale basso tasso di questi disturbi, l’effetto dello stigma di questi ultimi o il fatto che questi soggetti non giungono all’attenzione dei clinici e questo ne determinerebbe una sotto-stima.

In merito alle attuali tecnologie come strumenti innovativi per la terapia, una ricerca di T. Melioli ha valutato l’impatto di Instagram, come social media, sull’immagine corporea e sulla preoccupazione relativa al peso ed il rapporto tra questi due variabili.

I parametri esaminati includevano la frequenza d’uso di Instragram, i sintomi alimentari, l’insoddisfazione corporea e la cultura sui social media. I risultati discussi hanno evidenziato che la frequenza d’uso di Instagram è associata all’Impulso alla Magrezza, l’uso quotidiano è associato all’Insoddisfazione Corporea, la cultura sui social media è correlata negativamente con i sintomi bulimici. Inoltre, alti livelli di cultura sui social media moderano la relazione tra frequenza d’uso di Instagram, impulso alla magrezza ed insoddisfazione corporea. Questi risultati suggeriscono che l’uso di Instagram può contribuire all’insoddisfazione dell’immagine corporea ed allo sviluppo di disturbi alimentari. D’altra parte, una buona conoscenza dei social media può fungere da fattore protettivo rispetto a questi effetti, da considerare in un’ottica di prevenzione.

Report dal Congresso ICED 2015 International Conference on Eating Disorders - Boston, 23-25 Aprile 2015_ hall

In chiusura si è tenuta una sessione orale plenaria dal titolo Empirically Based Practise: The Art and Science of Combining Clinical Expertise with Avaible Research, che ha previsto la presentazione di un caso clinico e una successiva discussione sulle proposte di trattamento, tenendo conto delle più recenti evidenze sperimentali in termini di diagnosi e di trattamento.

Un attivo dibattito e uno stimolante confronto tra numerosi esperti ricercatori e clinici hanno fatto da cornice a quest’ultima sessione.

I punti chiave emersi sono: motivazione al trattamento, consapevolezza di malattia, relazione terapeutica. Sembrano questi gli elementi da sottoporre ad un approfondimento mirato da parte dei ricercatori e dei clinici.

 

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