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Come monitoriamo (male) la distanza dai nostri obiettivi!

Gli studi dimostrano che c'è una generale tendenza a sovrastimare l’importanza di ogni passo “verso” il nostro scopo e a sottostimare gli ostacoli.

Di Chiara Manfredi

Pubblicato il 02 Apr. 2015

Sembra che ci sia una generale tendenza a sovrastimare l’importanza di ogni passo “verso” il nostro scopo e a sottostimare l’importanza degli ostacoli; abbiamo la sensazione che ogni comportamento che facilita l’avvicinamento a un obiettivo abbia un maggiore impatto sull’ obiettivo stesso rispetto allo stesso passo che ci allontana dall’ obiettivo.

Siamo sempre più abituati a ragionare per obiettivi. Da una parte la situazione lavorativa e contrattuale attuale ci spinge a ragionare per step e a valutare il nostro operato sulla base del risultato che ci siamo “portati a casa” giorno per giorno.

Del resto, anche per quanto riguarda la vita privata, la società ci suggerisce caldamente delle tappe da raggiungere sulla base dell’età, del periodo di vita, della zona del mondo che abitiamo…è così che a 25 anni bisogna essere laureati, a 30 sposarsi e mettere su famiglia, a 40 avere una situazione di vita stabile, eccetera. Anche scendendo nello specifico, siamo abituati a risparmiare tot per accantonare la cifra che ci serve per le vacanze, a mangiare tot calorie per perdere quei chili che ci sentiamo di troppo, a allenarci almeno un certo periodo di tempo per mantenerci in forma. Abbiamo ben presente gli obiettivi che ci poniamo, sappiamo suddividerli nel medio e breve termine per poter definire dei sotto-obiettivi più specifici.

Ma come facciamo a valutare come siamo posizionati sulla strada verso gli obiettivi? Quali sono i parametri che utilizziamo? Anche se il monitoraggio dell’obiettivo viene considerato una componente importante per il raggiungimento dei nostri scopi, in realtà la ricerca si è interessata solo marginalmente a questo processo.

Recentemente, Margaret Campbell dell’Università del Colorado e Caleb Warren dell’Università del Texas hanno esplorato questo aspetto in 7 studi mostrando che le persone tendono a distorcere le informazioni che forniscono loro feedback rispetto al perseguimento dei propri obiettivi.

In particolare, sembra che ci sia una generale tendenza a sovrastimare l’importanza di ogni passo “verso” il nostro scopo e a sottostimare l’importanza degli ostacoli; abbiamo la sensazione che ogni comportamento che facilita l’avvicinamento a un obiettivo (risparmiare 50€) abbia un maggiore impatto sull’obiettivo stesso (arrivare a accumulare 200€) rispetto allo stesso passo che ci allontana dall’obiettivo (spendere 50€).

Inoltre, questa distorsione è mediata dalle aspettative che abbiamo rispetto alla possibilità di raggiungere il nostro scopo: più percepiamo l’obiettivo come raggiungibile, più questa distorsione sarà forte; al contrario, se facciamo riferimento a un obiettivo percepito come molto lontano e arduo da ottenere, la distorsione sarà affievolita. L’ipotesi è che questa distorsione sia maggiore se lo scopo viene percepito come più raggiungibile perché si tende a dare più peso alle informazioni (in questo caso positive) che confermano l’ipotesi implicita di riuscita certa.

Gli autori hanno raccolto questi dati in 7 studi, considerando diversi comportamenti finalizzati a un obiettivo, tra cui il risparmio economico, l’alimentazione sana, la perdita di peso e la vincita al gioco d’azzardo. Questo andamento inoltre si è confermato considerando sia obiettivi reali di perseguimento di uno scopo concreto che scopi presentati in brevi storie, sia valutando il proprio progresso che quello altrui verso l’obiettivo e sia quando si trattava di un piccolo miglioramento che quando si trattava di un grande miglioramento verso l’obiettivo.

Gli studi hanno anche indicato che, se in un primo momento questa distorsione può aumentare gli sforzi per il raggiungimento dello scopo (ho la sensazione che mangiando solo cose sane starò molto meglio), nel lungo termine può facilitare l’abbandono a causa di una calibrazione non utile degli sforzi impiegati e di una delusione delle aspettative (credevo che mangiare solo cose sane mi avrebbe fatto stare meglio di così, tanto vale smettere).

Più nello specifico, il fatto che questa distorsione sia di aiuto o sia dannosa rispetto al raggiungimento dell’obiettivo dipende da quanto questo raggiungimento sia funzione della capacità di modificare i propri sforzi in base ai feedback ricevuti piuttosto che della perseveranza a prescindere dai feedback.

Quando la motivazione è forte ma i passi per raggiungere l’obiettivo non sono chiari (come può succedere nel tentativo di perdere peso) allora la distorsione sembra danneggiare l’esito degli sforzi. Al contrario, quando i passi sono chiari ma la motivazione non è forte (come può succedere nel tentativo di raccogliere un certo numero di donazioni per una causa umanitaria), la distorsione può aiutare il perseguimento dell’obiettivo perché può farci percepire più vicini al nostro scopo finale.

 

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Chiara Manfredi
Chiara Manfredi

Teaching Instructor presso Sigmund Freud University Milano, Ricercatrice per Studi Cognitivi.

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