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Autismo: Le regole non scritte delle relazioni sociali – Recensione

Questo libro è un viaggio alla scoperta del regno del “pensiero diverso” in cui ci fanno da guida Temple Grandin e Sean Barron, entrambi autistici

Di Ilaria Cosimetti

Pubblicato il 29 Apr. 2015

Nonostante le loro differenze, gli autori hanno concordato un elenco di dieci “regole d’oro” che a parer loro ogni bambino autistico dovrebbe apprendere attraverso le modalità più consone al suo schema di pensiero, visivo o verbale, e alle caratteristiche fisiche e mentali che lo caratterizzano. Entrambi ci raccontano attraverso quali risorse e ostacoli personali sono riusciti ad apprenderle e non si può rimanere indifferenti all’impegno e all’enorme fatica che traspare dalle loro parole.

Questo libro è un viaggio alla scoperta del regno del “pensiero diverso”. Ci fanno da guida Temple Grandin, zoologa, e Sean Barron, giornalista, entrambi autistici. Attraverso la narrazione di episodi di vita reale, ci raccontano il loro percorso di apprendimento del funzionamento sociale, basato su una fitta rete di regole e soprattutto di eccezioni ad esse.

A differenza della maggior parte dei neurotipici, che apprendono le fondamenta delle relazioni sociali in modo spontaneo fin dai primi mesi di vita, per gli autistici sapersi destreggiare nel mondo delle relazioni richiede  uno studio attento e sistematico, in accordo con il loro specifico funzionamento mentale. Le modalità di pensiero di Temple e Grandin, seppur diverse, hanno avuto ed hanno tuttora importanti ripercussioni nelle loro interazioni con le persone, ma grazie a quanto hanno deciso di condividere con noi in questo libro diventa più semplice comprendere i loro comportamenti, le loro emozioni e di conseguenza il loro funzionamento sociale.

Temple e Sean sono entrambi autistici ma soprattutto sono due individui diversi e attraverso presupposti e strumenti diversi hanno saputo apprendere le regole sociali necessarie a fare di loro due adulti professionalmente soddisfatti e capaci di gestire le relazioni che desiderano. Nonostante le loro differenze, gli autori hanno concordato un elenco di dieci “regole d’oro” che a parer loro ogni bambino autistico dovrebbe apprendere attraverso le modalità più consone al suo schema di pensiero, visivo o verbale, e alle caratteristiche fisiche e mentali che lo caratterizzano. Entrambi ci raccontano attraverso quali risorse e ostacoli personali sono riusciti ad apprenderle e non si può rimanere indifferenti all’impegno e all’enorme fatica che traspare dalle loro parole.

Se conoscete un autistico provate infatti a immaginarlo impegnato nell’apprendimento di queste regole sotto descritte.

1. Le regole non sono assolute, dipendono dalle situazioni e dalle persone. Per le persone autistiche la difficoltà più grande non è imparare le regole, ma pensare in maniera flessibile, poichè ogni regola sociale presenta in realtà un’infinità di eccezioni.

2. Non tutto ha la stessa importanza nel grande disegno delle cose. Gli autistici spesso reagiscono con molta ansia al cambiamento anche di un piccolo dettaglio della situazione, che un neurotipico riterrebbe assolutamente irrilevante. Anche in questo caso un buon allenamento alla flessibilità, può offrire loro delle categorie capaci di creare una struttura logica all’interno della loro mente.

3. Nel mondo tutti commettono errori. Questo non ti deve rovinare la giornata. Alcuni autistici pretendono un mondo perfetto, prevedibile, come se fosse diretto da un piano rigoroso. Per chi fatica ad assumere la prospettiva altrui, qualsiasi errore, qualsiasi deviazione dalla perfezione, non può che essere per propria colpa e generare elevati livelli di ansia e stress. Ecco che allora è importante, anche in questo caso, aiutarli a capire che non tutti gli errori che si verificano dipendono da loro e anche quando questo accade, gli altri avranno reazioni sociali diverse a seconda che attribuiscano l’esito per esempio a mancanza di volontà piuttosto che a diffficoltà di attenzione. C’è da dire che per un neurotipico non è affatto facile comprendere gli antecedenti del comportamento autistico e questo può essere davvero l’ostacolo più grande a impedire l’interiorizzazione di questa regola.

4. La sincerità è diversa dalla diplomazia. Per genitori di bambini autistici insegnare una regola rigida può essere una scorciatoia allettante perchè sanno che, con molta probabilità, i loro bambini autistici, a differenza dei neurotipici, non la infrangeranno mai. Ma questa strategia potrebbe essere fuorviante e causare problemi nel destreggiarsi in quelle situazioni che richiedono diplomazia o l’utilizzo, per esempio, di bugie bianche. Accompagnare passo per passo il bambino nell’apprendimento delle abilità sociali è l’unica strada che può condurre al successo sociale.

5. Essere educati è adeguato in qualsiasi situazione. I bambini dello spettro autistico faticano a imparare tramite l’osservazione, hanno bisogno di un insegnamento diretto e di esperienza diretta. Se negli anni in cui sono cresciuti Temple e Sean (tra gli anni sessanta e ottanta) i diversi ambienti sociali mostravano una rassicurante uniformità circa le aspettative sociali in materia di educazione, oggi l’idea di comportamento adeguato è talmente legata alle varie sfumature del contesto da rendere l’insegnamento di questa materia molto complicato. Tuttavia il primo passo per essere accettati in un gruppo sociale è essere educati, per questo dovrebbe essere insegnata facendo leva sul rapporto di causa-effetto, senza mirare alla comprensione emotiva che potrebbe richiedere diversi anni prima che affiori nella mente autistica o addirittura non comparire mai.

6. Non tutti quelli che sono gentili con noi sono nostri amici. Anche in questo caso Temple e Sean hanno imparato in modo diverso a giudicare gli scopi e le intenzioni altrui, anche quando esse sono in contraddizione con quanto è sotto i loro occhi. Non importa che si faccia uso della logica, piuttosto che della comprensione emotiva, l’importanza di acquisire una tale abilità è ovvia. Tuttavia per molti autistici questa resterà un’impresa impossibile ed è anche per questo che, per esempio, ogni scuola dovrebbe avere un buon programma contro il bullismo.

7. In pubblico le persone si comportano diversamente che in privato. La logica che guida molti autistici nella ricerca di indizi evidenti nell’ambiente per migliorare la propria comprensione sociale, tralascia  spesso degli elementi intangibili fondamentali per capire fino in fondo il contesto. Aiutarli a prestare attenzione anche a ciò che è assente in una determinata situazione in questo caso è cruciale.

8. Impara a capire quando infastidisci gli altri. Uno degli aspetti più interessanti su cui a questo punto si richiama l’attenzione del lettore è il fatto che a volte un autistico, pur essendo consapevole di come dovrebbe comportandosi e pur desiderandolo dal punto di vista pratico o emotivo, semplicemente non può farlo. Questo può dipendere da difficoltà sensoriali così intense da innescare un cortocircuito comportamentale.

9. “Integrarsi” è spesso legato all’apparire integrati nell’aspetto e nelle parole. Uniformarsi socialmente apre le porte all’interazione sociale. La vera sfida per i genitori è insegnare ciò nel rispetto di quello che è il figlio perché come dice Sean “per essere accettati nel lungo termine bisogna piacersi abbastanza da far sì che la propria personalità unica possa comunque risplendere“.

10. Ciascuno è responsabile dei propri comportamenti. Forse questa, tra tutte, è la regola che faremmo meglio a ripassare tutti.

Un libro interessante, che forse farà venire anche a voi  mal di testa come a me, ma se questo contribuirà a farvi anche solo lontanamente immaginare quanto sia complicato per un autistico orientarsi nel nostro confuso e ambiguo mondo sociale, ben venga e che sia da incoraggiamento per fare dei passi nella loro direzione e iniziare a mettere in discussione alcune delle nostre regole non scritte delle relazioni sociali.

 

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