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Si preferisce l’apprendimento sociale rispetto a quello individuale!

Gli uomini sembrano avere una marcata preferenza per l'apprendimento dall'interazione con l'altro anche a scapito delle performances - Psicologia

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 30 Apr. 2015

FLASH NEWS

E’ apprendimento sociale quell’ insieme di processi unicamente umani che consentono agli individui di appropriarsi, di apprendere, in una relazione esperto-novizio non solo delle conoscenze ma anche dei modelli culturali e delle pratiche condivise per vivere la quotidianità.

Così come impariamo per trials and errors oppure osservando ciò che accade nel mondo accanto a noi, indipendentemente dalle interazioni, ad esempio osservando le associazioni di eventi e/o oggetti che co-occorrono con regolarità (apprendimento individuale).

Un nuovo studio pubblicato su PLOS one ha elegantemente analizzato due processi tipici della specie umana: da una parte l’apprendimento per osservazione e per associazione degli eventi, sganciato dalla relazione con l’altro, dall’ altra l’apprendimento del “novizio” attraverso l’interazione con un proprio consimile “esperto”, significativo interlocutore comunicativo.

Nello studio bambini di 18 mesi osservavano nella condizione di baseline un adulto alle prese con una scatola con due pulsanti e una luce a forma di cuore. Entrambi i pulsanti erano in grado di far illuminare il cuore ma con una frequenza diversa: il pulsante di destra con maggiore frequenza (due terzi delle volte in cui veniva pigiato) rispetto al pulsante di sinistra (un terzo delle volte in cui veniva pigiato).

Nella condizione sperimentale l’adulto, al posto di rimanere neutrale come nella condizione di controllo, interagiva con il bambino attraverso sia i canali non verbali (ad esempio, il contatto oculare), sia attraverso il canale verbale parlando al bambino nel cosiddetto “motherese” per sottolineare il significato delle proprie azioni. In seguito, i bambini venivano valutati per le loro prestazioni alle prese con la scatola che si illumina.

Quello che è emerso è una prova empirica della rilevanza delle interazioni umane tanto semplice quanto affascinante: nella condizione di baseline, ciò che conta è il criterio dell’efficienza, cioè il bambino impara e riproduce il comportamento per cui è conveniente pigiare il pulsante di destra poichè è più probabile che illumini il cuore, rispetto al pulsante di sinistra che ha mostrato una probabilità più bassa.

Ma nella condizione sperimentale, in cui si aggiunge l’ingrediente interattivo e relazionale tutto cambia: rispetto alla condizione neutrale in cui prevale il criterio dell’efficienza, nella condizione comunicativa i bambini preferivano di gran lunga il pulsante a bassa efficienza se accompagnato dai segnali comunicativi interattivi rispetto al pulsante ad alta efficienza (ma in assenza dell’interazione significativa con l’adulto).

Dunque sembrerebbe che gli umani abbiano una marcata preferenza per l’apprendimento dall’interazione con l’altro, anche a scapito delle performance in certe condizioni, quale il setting sperimentale qui utilizzato. D’altro canto è già noto in letteratura il vantaggio dell’apprendimento sociale nelle fasi culturali stabili: risulta più affidabile e meno soggetto ad errori, accelerando il processo dell’apprendimento individuale; viceversa, in ambienti culturali variabili l’apprendimento individuale può essere più efficace per trovare nuove soluzioni più adatte ai cambiamenti dell’ambiente (Boyd, Richerson, 2005).

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Linda Confalonieri
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Redattrice di State of Mind

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