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Kramer contro Kramer (1979) e la mediazione familiare – Cinema & Psicologia

Il film si aggancia al tema della mediazione familiare che permette la ricostruzione di canali comunicativi tra parti in una situazione di conflitto

Di Manuela Agostini

Pubblicato il 27 Mar. 2015

Aggiornato il 18 Mag. 2017 13:17

La visione del film scuote gli animi, sopratutto di quelli che si trovano a vivere situazioni sovrapponibli. Il film ha una grande espressione narrativa e si aggancia chiaramente alla mediazione familiare, ramo, tra l’altro in forte sviluppo proprio negli anni in cui è uscito il film.

Kramer contro Kramer (1979) film di Robert Benton. Protagonisti gli attori Dustin Hoffman e Meryl Streep. Tratto dall’omonimo romanzo scritto da Avery Corman del 1977, il film è centrato sulla battaglia legale di un ex coppia di coniugi ed il loro figlio.

New York. Ted Kramer è un pubblicitario ossessionato dalla sua professione e al quale lo stesso giorno in cui finalmente gli viene assegnato un importante incarico di lavoro trova la moglie, Joanna, in procinto di andarsene di casa, bisognosa di un po’ di tempo per riflettere sulla sua vita, lasciandolo solo con il figlio Billy. Ted a causa di questo nuovo lavoro a cui non vuole rinunciare, non riesce a dedicare al figlio il tempo necessario e quest’ultimo sente molto la mancanza della madre, ma, mese dopo mese Ted comincia a rendersi conto dell’importanza che il figlio ha nella sua vita, scende a compromessi con la sua vita professionale e tra i due nasce una forte intesa, tanto che Billy non sente neanche più la lontananza dalla mamma (la prima e l’ultima scena della colazione saranno l’elemento chiave di come il rapporto tra i due cresce).

Quindici mesi più tardi Joanna torna a New York. Incontra il marito, e gli comunica la sua intenzione di riavere Billy, Ted non è d’accordo. Inizia da qui una battaglia legale per la custodia del bambino. Ted viene accusato inizialmente di non essere un buon padre per aver negato alla moglie di rivedere il bambino e a causa di un incidente capitato qualche mese prima al parco giochi. Joanna viene accusata, sebbene in maniera minore, per non essere stata presente in quei mesi ad aiutare il padre in caso di bisogno.

La causa viene vinta da Joanna che si aggiudica il diritto di custodire il figlio. Ted vorrebbe ricorrere in appello, ma l’avvocato gli confida che in tal caso lo stesso Billy dovrebbe presentarsi in tribunale, così Ted che non vuole far subire tale trauma al figlio, rinuncia. L’ultima scena vede Ted nell’impresa di spiegare al figlio cosa sta per accadere, Billy vuole rimanere con il padre. Il film si conclude con una presa di coscienza della madre, che si chiede cosa è meglio per il figlio e permettendogli quindi, nonostante la sentenza, di rimanere con il padre.

La visione del film scuote gli animi, sopratutti di quelli che si trovano a vivere situazioni sovrapponibli. Il film ha una grande espressione narrativa e si aggancia chiaramente alla mediazione familiare, ramo, tra l’altro in forte sviluppo proprio negli anni in cui è uscito il film.

Il critico cinematografico Paolo Mereghetti muove un rimprovero al film. A suo giudizio, esso «evita, in nome di una obiettività non sempre corretta, di prendere posizione per uno dei personaggi e di affrontare le situazioni realmente sgradevoli che pure la storia poteva prevedere. A parer mio, invece, offre una linea guida fondamentale su come alla fine bisognerebbe amministrare la gestione di un figlio quando si è in procinto o in via di separazione.

Tante volte, come nel film la strada viene intrapresa dagli interessati che riescono ad aprire nuovi canali comunicativi in modo indipendente e razionale, i Kramer infatti alla fine non legano il loro rapporto alla sentenza emessa.

Joanna vince la causa, ma solo perché Ted rinuncia per il bene del bambino a non farlo comparire in giudizio, Ted ottiene lo stesso l’affidamento, ma solo perché l’ex moglie si rende conto che il figlio sta benissimo con il padre, a volte invece i canali comunicativi sono interrotti (da sentimenti di rancore, rabbia) e si perde di vista l’obiettivo centrale, soprattutto nelle separazioni in cui sono presenti i figli, che è quello che vede l’interesse del minore sopra ogni cosa.

La separazione diventa una guerra malata in cui le parti non metabolizzano l’evento, non si capacitano del nuovo assetto di vita, non si rimboccano le maniche per raccogliere quello che è rimasto e con questo, ciò che si può ricostruire. Sebbene non tutti possono essere ammessi in un percorso di mediazione, la figura del mediatore a parer mio è utile e necessaria.

La mediazione familiare è una forma di “alternative dispute resolution” che permette la ricostruzione dei canali comunicativi tra parti che si trovano in una situazione di conflitto, integra i punti di vista opposti con un approccio dialogico e negoziale (Bogliolo C. & Bacherini A.M., 2010).

La figura del mediatore è quella di un terzo neutrale che si pone in posizione di equivicinanza tra le parti, questo si concentra sul presente e sul futuro della nuova coppia che dovrà rimodellarsi con il nuovo assetto individuando obiettivi ideali per una prospettiva futura, la più serena possibile. Nella mediazione ci sono diverse fasi da affrontare (ammissione, negoziazione, follow-up) tutto con un fine ultimo, nelle parole più semplici che si possano trovare, permettere alla coppia e in nome di quel che ne rimane, di decidere la migliore organizzazione dei futuri rapporti.

Ormai ci si dichiara “ex” nella maggior parte delle coppie, ma lasciandoci non diveniamo automaticamente degli sconosciuti né noi né il nostro ex-marito, ci conosciamo fin troppo bene, la più intima abitudine, gli ideali, i tempi di vita e per non devastarci e permetterci e permettergli di ricostruire una nuova versione di vita è necessario aprire gli occhi e capire che a nulla porterà una guerra, il rancore e l’odio, questi ci saranno alleati si, ma solo nella perdita di un tempo che non tornerà.

Kramer contro Kramer premiato agli Oscar per regia, sceneggiatura, attore protagonista, attrice non protagonista, ai Golden Globe come miglior film drammatico e candidato a diversi altri premi cinematografici è una pietra miliare della storia del cinema, per tantissimi aspetti ma soprattutto per la narrazione di una rivoluzione generazionale instauratasi senza troppa analisi e che necessita di riassettare paradigmi ormai scaduti.

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Mediazione familiare e separazione coniugale

BIBLIOGRAFIA:

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Manuela Agostini
Manuela Agostini

Dott.ssa in Psicologia della salute clinica e di comunità

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