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Tristezza: a volte basta un sorriso! – Introduzione alla Psicologia nr.04

La tristezza è un'emozione opposta alla gioia che si prova quando perdiamo qualcosa a cui teniamo molto, ma attenzione: è diversa dalla depressione!

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 25 Feb. 2015

Aggiornato il 22 Mar. 2016 15:35

Sigmund Freud University - Milano - LOGO  INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA (04)

 

 

La tristezza è un’emozione che manifestiamo in seguito a una serie di eventi sfortunati, dall’esito nefasto, rispetto ai quali non riusciamo a individuare nessuna possibile alternativa.

 

Oggi ci imbatteremo in un tortuoso sentiero di montagna, in discesa, che a un certo punto ci porta in una strada priva d’uscita. Cosa fare? Abbiamo perso la strada, non siamo in grado di ritrovarla e lo sconforto non mancherà ad arrivare. Capita nella vita di sentirsi senza nessuna alternativa percorribile al punto che, in alcune occasioni, abbandoniamo la speranza e la voglia di cercare. Chiaramente in quei momenti siamo pervasi da un unico stato d’animo: la tristezza.

La tristezza è un’emozione negativa che si sperimenta nel momento in cui perdiamo qualcosa di caro irrimediabilmente. A quel punto possiamo diventare molto tristi e continuiamo a ruminare in maniera autosvalutativa.

La tristezza è un’emozione che manifestiamo in seguito a una serie di eventi sfortunati, dall’esito nefasto, rispetto ai quali non riusciamo a individuare nessuna possibile alternativa. Quindi, quando perdiamo qualcosa a cui teniamo, l’umore precipita e ci critichiamo autosvaluatandoci per non aver saputo affrontare adeguatamente la situazione.

Di conseguenza la postura diventa ricurva, come se fosse di chiusura verso qualsiasi tipo di alternativa possibile, e la mimica facciale assume tratti caratteristici, come fronte corrugata, labbra piegate e sguardo perso nel vuoto.

Esistono agiti comportamentali che spesso accompagnano questa emozione, si tratta di crisi di pianto, catatonia, mancanza di voglia di mangiare e in estrema ratio di vivere. Tutto questo è accompagnato da continue lamentele e recriminazioni sempre rivolte verso se stesso, nella percezione di non aver fatto abbastanza a per questo di non avere alternative.

Una persona triste non ha più mordente sia da un punto di vista relazionale sia sociale, per questo preferisce la solitudine in cui continua a pensare e ripensare a quello che ha perso. L’intensità emotiva varia in base all’importanza data all’oggetto perso.

Quindi, se mi lascia il mio ragazzo/a chiaramente divento molto triste, se perdo il mio iPad, sono triste, ma meno intensamente. In ogni caso è uno stato passeggero, a meno che non si cristallizzi. A quel punto diventa uno stato patologico che può diventare qualcosa di più della tristezza: depressione.

Attenzione, la tristezza non è la depressione. Quest’ultima è una patologia molto più invasiva e quantitativamente più invalidante. Porta ad avere una visione negativa di se stessi, del mondo e degli altri. La depressione è uno stato che può protrarsi e che in alcuni casi sfocia in situazioni funeste. Dalla depressione non si esce con un atto di volontà, ma tramite psicoterapia e terapia farmacologica.

Insomma, essere tristi non significa essere depressi, per questo basta a volte un sorriso, anche forzato, per far migliorare il tono dell’umore. Ricordate cosa diceva Mary Poppins? <<Basta un poco di zucchero e la pillola va giù, la pillola va giù, la pillola va giù. Basta un poco di zucchero e la pillola va giù, tutto brillerà di più!>>

 

 

 RUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Wells, A. (2009). Metacognitive therapy for Anxiety and Depression. London, UK: Guilford Press. Ed. it. a cura di: Gabriele Melli: Terapia Metacognitiva dei Disturbi d’Ansia e della Depressione. Eclipsi Editore
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