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Il Costo Economico della Tristezza: Essere di Cattivo Umore Fa Male al Portafoglio. Conviene considerare l’umore prima di far shopping.
D’ora in poi ci converrà considerare di che umore siamo, prima di uscire a fare shopping: per lo meno per il bene del nostro portafoglio. Gli inglesi lo chiamano “Misery-is-not-miserly effect” (traducibile con l’italiano “l’infelicità non è avara”), e corrisponderebbe alla tendenza, piuttosto diffusa, a spendere più denaro quando ci si sente tristi o di cattivo umore. Diversi studi hanno dimostrato come la tristezza possa influenzare decisioni di tipo “economico”, rendendoci propensi a rinunciare a somme di denaro maggiori al fine di acquistare un bene (Lerner, Small, & Loewenstein, 2004). Nonostante il ruolo centrale giocato dalle teorie sul sé in psicologia, tuttavia, pochi sono stati i contributi dati al campo, di recente sviluppo, dell’economia comportamentale (ossia l’applicazione di modelli psicologici all’ambito economico).
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Basandosi sui risultati di precedenti studi, che hanno dimostrato come stimoli in grado di indurre uno stato di tristezza in un individuo aumentassero anche il suo livello di self-focus (Salovey, 1992; Wood, Saltzberg, & Goldsamt, 1990), Cynthia Cryder e colleghi hanno condotto una interessante ricerca al fine di fornire dati empirici a supporto dell’effetto “misery-is-not-miserly” (Cryder, Lerner, Gross, & Dahl, 2008). In particolare, gli autori hanno voluto testare l’ipotesi che il self-focus potesse costituire un fattore di mediazione dell’effetto in questione.
Sono così stati reclutati 33 soggetti (20 maschi, età media: 21 anni), assegnati in modo casuale al gruppo sperimentale (sad condition) o al gruppo di controllo (neutral condition). Ai soggetti nella sad condition è stato mostrato un breve filmato sulla morte dell’insegnante di un ragazzo (tratto dal film The Champ), e successivamente chiesto di scrivere un piccolo tema su come avrebbero reagito se una situazione analoga fosse capitata a loro. Ai soggetti nella neutral condition, invece, è stato mostrato un documentario sulla barriera corallina, con conseguente richiesta da parte dei ricercatori di scrivere un breve saggio sulle proprie attività quotidiane. In questo modo è stato possibile valutare il livello di self-focus riportato dai soggetti nelle due diverse condizioni. Il compito finale consisteva poi nel chiedere a tutti i soggetti quanto sarebbero stati disposti a spendere (in un range compreso tra $0 e $10) per acquistare una bottiglia d’acqua, con l’avvertimento che se qualcuno avesse indicato il prezzo effettivo della bottiglia, l’avrebbe dovuta acquistare per davvero.
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Gli autori hanno così non solo dimostrato empiricamente che i soggetti appartenenti alla sad condition erano disposti a spendere più denaro rispetto al gruppo di controllo (in media, $2.11 vs $0.56), ma anche precisato che l’effetto “misery-is-not-miserly” si verificava solo in presenza di alti livelli di self-focus. In altre parole, sarebbe la tendenza a focalizzarsi sul sé a spiegare la relazione tra tristezza e denaro speso. Si tratta di una relazione ancora da chiarire, e per ora sono state avanzate solo alcune ipotesi: è possibile che un evento triste, “accoppiato” ad alti livelli di self-focus, porti a sentimenti di autosvalutazione, e che i soggetti in questo stato tendano a spendere di più perché questo li fa sentire meglio. È anche possibile che il senso di autosvalutazione porti ad attribuire un valore maggiore a ciò che ci sta intorno, per contrasto. Ci affidiamo a future ricerche per chiarire meglio questi risultati.
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BIBLIOGRAFIA:
- Cryder, C. E., Lerner, J. S., Gross, J. J., & Dahl, R. E. (2008). Misery is not miserly: sad and self-focused individuals spend more. Psychological Science, 19, 525-530.
- Lerner, J.S., Small, D.A., & Loewenstein, G. (2004). Heart strings and purse strings: Carryover effects of emotions on economic decisions. Psychological Science, 15, 337-340.
- Salovey, P. (1992). Mood-induced self-focused attention. Journal of Personality and Social Psychology, 62, 699-707.
- Wood, J.V., Saltzberg, J.A., & Goldsamt, L.A. (1990). Does affect induce self-focused attention? Journal of Personality and Social Psychology, 58, 899–908.