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Senza paura, senza pietà: Diagnosi e Trattamento di adolescenti devianti

Il testo é una lettura esaustiva della presa in carico, diagnosi e trattamento degli adolescenti che commettono reati o che hanno una condotta deviante.

Di Simona Meroni

Pubblicato il 13 Mag. 2014

Aggiornato il 22 Ott. 2014 16:00

 

Senza paura senza pietà di Alfio MaggioliniIl testo, a cura di Alfio Maggiolini e del gruppo di studio de Il Minotauro, si pone come una lettura completa ed esaustiva per la presa in carico, diagnosi e trattamento degli adolescenti che commettono reati o che hanno una condotta cosiddetta “deviante”.

 

La risposta degli adulti ai comportamenti devianti degli adolescenti è spesso allarmata, condizionata da pregiudizi e/o un atteggiamento repressivo. E’ inoltre difficile per l’operatore (psicologo, educatore etc) fornire un supporto a chi non desidera riceverlo, ossia il ragazzo che si trova inserito nel circuito penale minorile.

Ci si interroga diffusamente su quali possano essere le cause e i fattori che concorrono a tali comportamenti. La risposta del testo è quella di prendere in considerazione non solo il singolo, ma anche gli stili relazionali famigliari e sociali, senza perdere di vista il periodo/percorso evolutivo specifico dell’adolescenza.

 

Una corretta valutazione è la base per un intervento efficace, infatti la violazione delle regole può essere espressione di:

•          una crisi evolutiva fase-specifica;

•          il segnale di un vero e proprio squilibrio mentale (ad esempio un break down psicotico);

•          l’uso/abuso di sostanze;

•          una tendenza antisociale.

 

Gli adolescenti antisociali vanno visti innanzitutto per ciò che sono, ossia adolescenti che faticano a definire la propria identità, in particolar modo quella sociale.

In linea generale l’adolescenza è caratterizzata da comportamenti trasgressivi/aggressivi perché utili per crescere, mettendo in discussione le regole ricevute, nel tentativo di sperimentarsi e conoscersi.

Ciò che distingue gli adolescenti con condotta deviante è, dal punto di vista oggettivo/concreto, che tali comportamenti rappresentano un pericolo per sè e per gli altri.

Molto accento, nel testo, viene posto sul significato che il comportamento al limite riveste a livello comunicativo e metaforico. Spesso, infatti, il reato rappresenta la speranza/illusione che possa farli sentire o apparire adulti (la cosiddetta funzione adultizzante del reato) e protegga dalla frustrazione del non potere o del non riuscire (ancora).

Tali comportamenti, se ripetuti, possono risultare – invece – espressione di una vera e propria tendenza antisociale, che potrebbe cristallizzarsi, a lungo andare, in uno stile di personalità strutturato. Non è ancora possibile, infatti, definire una struttura di personalità stabile nell’adolescente, dal momento che la sua condizione essenziale è, per l’appunto, quella di una personalità in divenire.

Proprio in virtù di un soggetto in crescita e in stretta relazione con il mondo circostante, è di fondamentale importanza porre attenzione al senso soggettivo e comunicativo dell’atto deviante (ad es: cosa significa per quel ragazzo in particolare, con quella storia di vita e quel gruppo di amici aver rubato un motorino? Cosa significa se collochiamo questo reato all’interno del suo cammino evolutivo?). Questo è un passaggio di fondamentale importanza per non rischiare di etichettare un ragazzo, fornendogli una stampella negativa per l’identità, in cui rischia di rimanere incastrato.

 Particolare importanza è rivestita anche dalla cultura di appartenenza: il contesto, infatti, definisce la norma, ciò che è consentito e ciò che non lo è.

Uno dei compiti principali dell’adolescenza è sviluppare e riconoscersi in un ruolo sociale, anche in termini di maschile e femminile. Il comportamento antisociale, dunque, può essere visto come una modalità disfunzionale di acquisire un’identità sociale. I maschi antisociali enfatizzano la forza e la virilità, le femmine, invece, la propria spregiudicatezza sessuale.

 

Approcciando i disturbi antisociali in un’ottica evolutiva, la diagnosi dovrà tenere conto di tre fattori:

–           Comportamento (parte manifesta e visibile);

–           Personalità;

–           Intenzioni.

In tal modo il disturbo manifesto viene messo in relazione con un mondo interno che rimanda ad un processo di sviluppo in essere: a che punto di questo cammino è l’adolescente? Come si relaziona con la separazione dalle figure genitoriali, oppure, a che punto è della propria maturazione sessuale?

Bisogna inoltre interrelare anche le intenzioni (in termini di sviluppo), mezzi e risultati che ottiene l’adolescente con le proprie azioni. Il comportamento deviante può essere un mezzo alternativo per ottenere un risultato che stenta ad arrivare, una scorciatoia disfunzionale.

Non bisogna dimenticare, infine, l’importanza del terzo sociale, che nella valutazione di un adolescente con condotte devianti può essere particolarmente rilevante. Una volta compiuto il reato, infatti, l’adolescente dovrà affrontare un percorso non semplice di indagine e di valutazione, che può arrivare ad esporlo anche a livello mediatico. Senza scomodare televisioni o casi eclatanti, i ragazzi devianti debuttano in società con un marchio, un’etichetta che rischia – come detto- di poter essere difficilmente lavata via.

Quello che, in conclusione, è chiamato a fare l’operatore che si occupa di adolescenti di questo tipo, è capire le motivazioni sottostanti e soprattutto, in termini prognostici, comprendere che genere di progetto può essere funzionale al ragazzo (messa alla prova? Detenzione?).

Un peso e una valutazione non da poco, che questo bel testo cerca di rendere più chiaro possibile.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  • Maggiolini, A. (2014). Senza paura, senza pietà. Raffaello Cortina Editore, Milano. ACQUISTA ONLINE
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