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Associate fellowship: il terzo livello di specializzazione nella REBT

Vi abbiamo già raccontato i primi due livelli di specializzazione nella REBT. Oggi vi racconteremo il terzo, il cosiddetto “Associate Fellowship Practicum”.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 22 Lug. 2013

Associate fellowship: il terzo livello nella REBTNegli altri articoli di questa serie vi abbiamo raccontato i primi due livelli di specializzazione nella terapia razionale-emotiva (Rational Emotive Behavioral Therapy, REBT). Nei giorni che vanno dal 10 al 15 luglio 2013 alcuni membri della redazione di State of Mind hanno affrontato il terzo livello, ovvero il cosiddetto “Associate Fellowship Practicum”. E oggi possiamo raccontarvelo.

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I primi due livelli (Primary e Advanced Practicum, rispettivamente) erano introduttivi e consistevano nell’insegnamento dei principi base e in esercitazioni di peer-counseuling tra partecipanti dello stesso Practicum. In breve, nel Primary e Advanced i partecipanti utilizzano e si somministrano tra loro il modello ABC-DEF, portando materiale personale reale e non simulato. Secondo gli operatori dell’Ellis Institute, il materiale psicologico simulato risulta irrealisticamente impermeabile a una disputa REBT.

Albert Ellis Institute Friday Night LiveNel terzo livello si porta materiale clinico, ovvero file audio di sedute registrate da ascoltare insieme a supervisori REBT ufficiali. Nel caso di sedute non in inglese (come era il nostro caso e quello di un collega turco) si portano le trascrizioni di segmenti significativi delle sedute. Quest’anno siamo stati in quattro ad affrontare l’Associate Fellowship: due italiani, il collega turco a cui abbiamo già accennato e una collega indiana. I nostri supervisori erano tre esponenti storici della REBT formati direttamente da Albert Ellis –Raymond DiGiuseppe, Windy Dryden e James MacMahon- e un collega più giovane, Daniel David.

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Durante le supervisioni ci siamo chiariti le idee su qualche concetto clinico e pratico. In particolare, è emersa un’indicazione: focalizzarsi soprattutto sui pensieri di tipo valutativo e considerarli come credenze disfunzionali.

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Questa è una differenza significativa con la terapia cognitiva alla Beck. Per la REBT i pensieri che generano sofferenza sono valutazioni e non inferenze più o meno errate sulla realtà. Ovvero, non si tratta di previsioni più o meno errate su fatti e/o eventi accaduti o che potranno accadere (chiamati “inferences” all’Ellis Institute), ma di giudizi di valore intensamente negativi idiosincratici ed emotivi (le terribilizzazioni, gli “awfulizing”) oppure convinzioni su come le cose dovrebbero andare o dovrebbero essere fatte, i famosi “must”. Questi sono chiamati “beliefs”.

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Questa attenzione per i giudizi di valore rigidamente auto-somministrati invece che alle descrizioni inaccurate della realtà generate da errori logici, come pensato da Beck, rende la terapia molto meno astratta e distaccata dalle emozioni di quella di Beck. Non si tratta di andare a caccia dell’errore, ma di individuare questi giudizi idiosincratici e di porli in discussioni con un atto al tempo stesso volontaristico (“where is written this?” “dove sta scritto questo?”) ed emotivo.

La disputa a sua volta la si concepisce non più come un processo impersonale di revisione logica delle informazioni a disposizione, ma come un processo di separazione emotiva da convinzioni ritenute vere per il semplice fatto che ci passano per la testa. Sarà per questo che nella terapia di Beck si parla di “questioning” invece che di “disputing”?

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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