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Tribolazioni 08 – Sarà sempre così

TRIBOLAZIONI 08 - Sarà sempre così: Molte tribolazioni sarebbero ridimensionate dalla consapevolezza della morte che si vuole invece fuggire.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 19 Giu. 2013

Aggiornato il 16 Set. 2013 11:03

TRIBOLAZIONI 08

 SARA’ SEMPRE COSI’

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Tribolazioni 08 - Sarà sempre così. - Immagine: © michaklootwijk - Fotolia.com

Tutta questa collettiva rimozione della morte che ha chiuso i cimiteri e deportato le agonie e le camere ardenti negli ospedali si fonda su una premessa sbagliata o quantomeno indimostrata e cioè che il non esistere più sia un peso insopportabile.

Tutto ciò che avviene agli esseri umani avviene nel tempo. Un tempo che va in una sola direzione ed è a termine. Credo che una caratteristica comune dei soggetti che tribolano sia una sorta di cecità nei confronti della dimensione temporale. Pensano che le cose resteranno sempre come sono nel presente. E’ possibile che questa illusione serva ad attenuare la consapevolezza della propria personale  morte. Tale coscienza distingue gli umani da tutti gli altri viventi ma sembra del tutto ininfluente sulle scelte della vita quotidiana.

Non la pensiamo quasi mai come ad una possibilità concreta di cui tener conto. Ma perché abbiamo evolutivamente selezionato questo modo di funzionare? Forse una piena e presente consapevolezza della propria finitezza comporterebbe un disimpegno sui compiti esistenziali. E’ possibile.

Della morte e del morire. Immagine - © goccedicolore - Fotolia.com
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Tuttavia ammesso che tale presentificazione comporti il vantaggio evolutivo di farci correre affannosamente come se fossimo eterni presenta anche importanti svantaggi. Per illustrarli immaginiamo due situazioni opposte.

1. La prima situazione vede un soggetto a cui tutto sta andando particolarmente bene, ottiene successi negli obiettivi per lui importanti e il suo stato emotivo è ottimo.  Potrebbe godere del momento favorevole ed assaporarne i frutti ma in genere non si limita a ciò e pensa che sarà sempre così e talvolta anche che è giusto che sia così e sarebbe ingiusto se qualcosa cambiasse. Il favorevole stato attuale diventa una base-line data per acquisita e, in qualche modo, dovuta e scontata. Ciò indubbiamente comporta una gioia ancora maggiore in quanto considerata eterna, senza nubi all’orizzonte.

Tuttavia questo stato paradisiaco scontato nasconde due minacce. Considerato che gli esseri viventi riescono ad apprezzare non tanto i valori assoluti, quanto piuttosto le differenze, proprio il fatto che sia scontato e quindi che non sia raffrontato con una possibile condizione peggiore  priva il soggetto di parte della soddisfazione. E’ esperienza comune che il valore di un bene lo si apprezzi maggiormente quando si rischi di perderlo. Non si può desiderare ciò che già si ha, ma d’altronde la vera felicità sta proprio nella soddisfazione di un desiderio.

Il massimo del piacere si ha nella fase appetitiva e di avvicinamento al bene desiderato. La fase consumatoria, per quanto sia l’obiettivo finale, pone fine al tempo del desiderio. Chi staziona dunque in uno stato di benessere perfetto in cui tutti gli obiettivi importanti sono stati raggiunti è come chi non ha obiettivi attivi. E questa è proprio la situazione connotabile come noia.

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Forse è proprio per sfuggire a questo sonno motivazionale da mancata attivazione degli scopi che si spiega il comportamento apparentemente bizzarro e spesso definito masochistico di soggetti che improvvisamente sabotano tutto ciò che avevano raggiunto dopo averlo tanto desiderato, per poi ricominciare da capo.

Nei rapporti affettivi, ad esempio, questo costruire per poi rovinosamente demolire è riportato da molti soggetti come motivo di tribolazione.

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La miscela pericolosa che innesca la noia è composta dal raggiungimento dei propri scopi associato alla convinzione che tutto resterà immutabile. Sarebbe sufficiente la consapevolezza della transitorietà di tale stato per renderlo non più scontato  e dunque ancora oggetto di desiderio e di attività di manutenzione per conservarlo.

Oltre al rischio della noia la scotomizzazione della dimensione temporale in una situazione di benessere  non consente di fare i conti con l’aspettativa di una perdita e  di prepararsi ad essa. Cosicchè quando questa arriverà, perché al bel tempo segue necessariamente quello brutto, sarà più dolorosa perché inaspettata e persino considerata ingiusta. Quasi si fosse firmato un contratto che dia come diritto acquisito e definitivo il benessere.

Come già visto in altre situazione al dolore per la perdita e alla sorpresa per l’evento inaspettato, si aggiunge una autosvalutazione  per non essere stati in grado di prevederlo. Il fallimento dello scopo del mantenimento (già particolarmente doloroso in quanto collocabile nel campo delle perdite piuttosto che dei mancati guadagni), si complica con il fallimento dello scopo sull’identità di “essere un buon predittore” e di saper mantenere i risultati acquisiti.

2. La seconda opposta situazione vede invece un soggetto cui tutto sta andando particolarmente male e che per questo è afflitto da grandi sofferenze. Mi riferisco ad esempio a quelle situazioni in cui si pensa o addirittura si mette in atto un’ipotesi suicidiara.

Tribolazioni 07 - Ottimismo e Sicumera. - Immagine: © Barbara-Maria Damrau - Fotolia.com
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Quello che rende insopportabile un dolore al punto da far preferire l’assenza di vita pur di farlo cessare è certamente la sua intensità ma soprattutto la errata previsione della sua eternità. E’ “il fine pena mai” a renderlo particolarmente intollerabile. Tale valutazione si dimostra sempre fallace se si lascia al tempo l’opportunità di scorrere senza suicidarsi. E’ proprio vero che il tempo tutto curi. Nel futuro ma persino nel presente se il suo scorrere può essere rappresentato mentalmente. Non c’è dolore che a distanza di decenni non sia perlomeno modificato. Ma lasciando da parte il suicidio c’è dell’altro.

Anche nel caso della situazione negativa percepita come definitiva si può verificare qualcosa di simile alla noia (assenza di scopi attivi) precedentemente descritta nella situazione favorevole. Se le cose resteranno sempre come sono attualmente, non c’è ragione di impegnarsi per modificarle a proprio vantaggio. Se nel primo caso era “inutile” perché non bisognava apportare cambiamenti, in questo secondo caso è “inutile” nel senso che non è possibile apportarli.

Infine una annotazione dal sapore filosofico/economica. Il valore di un bene è innalzato dalla sua carenza. In ipotesi estrema, se fosse disponibile illimitatamente non avrebbe alcun valore. Che valore avrebbe il dono se non sottraesse nulla al donatore essendo le sue risorse illimitate.

Allo stesso modo le ore che gli uomini vivono hanno un grande valore perché non sono infinite. Forse è per questo che amore e morte sono fortemente connessi: senza la morte sarebbe difficile l’amore.

In conclusione la scotomizzazione della dimensione temporale sia che ci si trovi in una situazione di grande benessere, sia nel suo esatto contrario, porta ad una situazione di noia e di perdita dell’agentività. 

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Forse saremmo più tranquilli nella consapevolezza  che tutto si modifica e passa. Certamente la consapevolezza dello scorrere del tempo è associata a quella della morte che è uno degli ultimi tabù della nostra cultura. Non si educano più i giovani a questa consapevolezza. La visita ai cimiteri nelle domeniche novembrine dove i morti sono stati sostituiti da anglosassoni zucche, è caduta in disuso come abitudine delle famiglie. Ciò lascia godere il verde e la pace di tali cipressati luoghi soltanto a chi vi risiede stabilmente che, a motivo della propria condizione di morto, non riesce giustamente ad apprezzarli. Il fatto che non si trascinino più i bambini tra lapidi e foto ricordo, che non gli si leggano più le iscrizioni di commiato dei sopravvissuti è scelta apparentemente protettiva di quegli animi innocenti ma in verità ottusa.

Anche il gioco, ottimo per l’apprendimento della matematica, di calcolare di getto quanti anni il sepolto fosse stato in questa valle di lacrime e da quanti se ne fosse liberato, non viene più praticato. Tutta questa collettiva rimozione della morte che ha chiuso i cimiteri e deportato le agonie e le camere ardenti negli ospedali si fonda su una premessa sbagliata o quantomeno indimostrata e cioè che il non esistere più sia un peso insopportabile. Al contrario l’idea che tutto passa e che le conseguenze degli errori, per quanto terribili, saranno ben presto dimenticate può essere di grande sollievo soprattutto per coloro che sentono forte il fardello della responsabilità.

Qualsiasi scandalo abbiate combinato, da qualsiasi letto siate stati scacciati da coniugi indignati e cornuti. Quale che sia la rovina che avete costruito con azioni scellerate e colpevoli omissioni. I nipoti dei vostri figli non ricorderanno neppure il vostro nome. Persino i grandi criminali della storia riposano senza memoria e l’effetto delle loro malefatte come i cerchi di un sasso in uno stagno si è via via estinto.

Molte tribolazioni sarebbero ridimensionate dalla consapevolezza della morte che si vuole invece fuggire Rassicurate dunque i bambini che si muore davvero ed è per sempre e per tutti.

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