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Tribolazioni 07 – Ottimismo e Sicumera

OTTIMISMO: ci si illude di poter raggiungere il risultato desiderato. Quanto maggiore sarà l’illusione di successo, tanto più dolorosa sarà la delusione.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 03 Giu. 2013

Aggiornato il 15 Lug. 2014 10:19

 

TRIBOLAZIONI 07

SICUMERA E OTTIMISMO

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Tribolazioni 07 - Ottimismo e Sicumera. - Immagine: © Barbara-Maria Damrau - Fotolia.comOTTIMISMO E SICUMERA: Un ottimista si illude di poter raggiungere il risultato desiderato. In una qualche misura lo pregusta anticipatamente e assapora una soddisfazione che dovrà restituire successivamente con gli interessi. Quanto maggiore sarà l’illusione di successo, tanto più dolorosa sarà la delusione.

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Le persone che tribolano dicono spesso di essere pessimisti, salvo precisare, se incalzati, che in realtà sono realisti e che ad essere scioccamente ottimisti sono gli altri. Ormai è stato scientificamente dimostrato che abbiano ragione (Alloy, Abramson 1979, 1982, 1988). Sembra infatti  Taylor e Brown (1988) (Taylor 1989) (Mancini et al 2002) che gli esseri umani abbiano tre tipi di illusioni, credenze fallaci che aiutano tuttavia a vivere meglio:

 

  1. sovrastimano sistematicamente sé stessi in termini di capacità, risultati raggiunti e raggiungibili.
  2. ritengono di poter influenzare positivamente l’andamento degli eventi.
  3. sovrastimano le opportunità e sottostimano sistematicamente gli inconvenienti che il futuro riserva a loro.
    Optimism_© ra2 studio - Fotolia.com
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Se tutti gli esseri umani compiono un errore sistematico di ragionamento vuol dire che è stato utile in termini di sopravvivenza degli individui e dei loro geni.

Si aggiunga che questo straordinario e immotivato ottimismo è maggiore proprio nei campi in cui si è esperti (Piattelli Palmarini 1995, Motterlini 2008). Ciò induce una sicumera per cui proprio i cosiddetti esperti possano sbagliare nei campi che conoscono meglio  dove ci si aspetterebbe che non accadesse.

Il vantaggio evolutivo di questo immotivato ottimismo sembra risiedere nel generare impegno che, a sua volta, correla positivamente con il raggiungimento degli scopi. Gli ottimisti si danno da fare, hanno successi e dunque argomenti per rafforzare il loro ottimismo. I pessimisti rinunciano vanno incontro ad insuccessi e alimentano il loro pessimismo.

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Essere ottimisti appare dunque un vantaggio evolutivo. E’ considerato comunemente una dote tant’è che spesso vengono sollecitate ad esserlo le persone in difficoltà e sofferenti.

Una prima obiezione all’utilità dell’ottimismo viene dal fatto che il suo potenziamento dell’impegno profuso con il conseguente aumento dei successi è vero solo teoricamente in una situazione ideale in cui l’impegno sia una risorsa illimitata. In realtà non è così. L’impegno che si dedica ad uno scopo non è più disponibile per un altro. Per questo l’investimento dell’impegno è regolato dallo pseudo-scopo  “dell’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse e del tempo per il perseguimento dei propri scopi” che proprio l’ottimismo incondizionato rischia di far fallire.

Da un punto di vista emotivo l’ottimismo genera un’altra difficoltà. Ma non basta. Un ottimista si illude di poter raggiungere il risultato desiderato. In una qualche misura lo pregusta anticipatamente e assapora una soddisfazione che dovrà restituire successivamente con gli interessi. Quanto maggiore sarà l’illusione di successo, tanto più dolorosa sarà la delusione.

Il meccanismo cognitivo per cui un mancato successo con delusione e più doloroso di  un mancato successo semplice ha tre aspetti:

  1. In primo luogo il mancato successo semplice è vissuto come un mancato guadagno, vale a dire che lo status quo resta immutato. Al contrario  il mancato successo dopo che ci si era illusi del risultato positivo è sperimentato come una perdita, vale a dire come un peggioramento dello status quo. E, come numerose ricerche (Piattelli Palmarini 1995; Motterlini 2008; Perdighe, Mancini 2008; Kahneman, Miller 1986; Kahneman, Slovic, Tversky 1982) hanno evidenziato oltre ogni dubbio, gli esseri umani cercano in ogni modo di minimizzare le perdite e sono disposti a rischiare molto di più per non perdere piuttosto che per vincere una posta in palio di pari entità. Ritengono più importante evitare le perdite che ottenere guadagni. E’ così noto che la delusione comporti un dolore “cocente” che molti deliberatamente prendono in considerazione l’ipotesi peggiore al fine di non illudersi  e non provare la successiva delusione a cui conduce l’ottimismo. Questa sistematica e volontaria correzione consapevole della innata tendenza all’ottimismo è ciò che probabilmente fa dire a queste persone di essere pessimiste. Attribuiscono a ciò le loro tribolazioni ma al contrario potremmo ipotizzare che il pessimismo consapevole sia  una contromisura verso la vera minaccia costituita dall’ottimismo innato.
    “L’ILLUSIONE DI SAPERE” di Massimo Piattelli Palmarini. - Immagine: Original Book Cover
    “L’ILLUSIONE DI SAPERE” di Massimo Piattelli Palmarini. – Immagine: Original Book Cover
  2. In secondo luogo il mancato successo associato alla delusione invalida anche lo scopo interno relativo all’identità “di essere un buon previsore. Il soggetto  non soltanto non raggiunge ciò che desiderava ma deve anche prendere dolorosamente atto di non saper fare bene i conti e di prendere “lucciole per lanterne” che può essere ancora più allarmante dell’insuccesso  in sé. Ad esempio è frequente osservare persone che associano al dolore per aver perso inaspettatamente un partner cui tenevano moltissimo e di cui si fidavano cecamente anche l’autosvalutazione per non essersi avveduti di nulla con conseguente sfiducia in sè e ansia sul proprio futuro affettivo.
  3. In terzo luogo l’illusione positiva su un possibile successo porta ad un incremento dell’impegno ed all’impiego di molte  risorse. Se poi si fallisce un’altra considerazione dolorosa si aggiunge alle precedenti:”essendomi fortemente impegnato da un lato ho sprecato risorse e dall’altro ciò vuol dire che sono profondamente inadeguato. Non posso utilizzare   l’argomentazione dello scarso impegno e/o interesse per giustificare  l’insuccesso salvaguardando l’autostima.”

Come abbiamo visto all’inizio la sicumera determinata dall’ottimismo nelle proprie capacità porta a commettere errori proprio nei campi in cui ci si considera più competenti. Ne consegue ovviamente che quando la constatazione dell’errore è inevitabile il riverbero negativo sull’autostima sarà ancora maggiore secondo il ragionamento: “se ho sbagliato laddove sono preparato e competente figuriamoci in tutto il resto”.

In conclusione riepilogando:

  • L’ottimismo comporta una profusione di impegno senza tener conto dello  pseudo-scopo  dell’ “ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse e del tempo per il perseguimento dei propri scopi”.

L’illusione di successo comporta la delusione caratterizzata da una sofferenza maggiore perché:

  • invece di un mancato guadagno si sperimenta una perdita,
  • ci si valuta dei cattivi previsori,
  • si constata di aver sprecato risorse e ci si valuta incapaci di raggiungere i propri obiettivi nonostante l’impegno, anche in ragione del fatto che l’insuccesso è avvenuto in un campo in cui ci si riteneva competenti.

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