Report dal Congresso
Nuove frontiere nella cura del trauma
Approcci Integrativi e Centrati sul Corpo per la cura dei
Disturbi Traumatici Complessi
20-22 aprile 2013, Venezia
Coscienza: La seconda giornata del convegno di Venezia, si rivela densissima di riferimenti teorici, grazie agli interventi di Liotti, Tagliavini e Farina.
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La seconda giornata del convegno di Venezia, si rivela densissima di riferimenti teorici sul modello di riferimento, grazie agli interventi di Gianni Liotti, Giovanni Tagliavini e Benedetto Farina.
Organizzatori del convegno e ferventi sostenitori della psicotraumatologia in Italia, introducono tre temi fondamentali che arricchiscono la cornice teorica che guida le giornate: il Dott. Liotti introduce il tema della dissociazione, come sintomo principale del cosiddetto “trauma complesso”, collocandolo in un modello di sviluppo psicopatologico dell’individuo in una prospettiva evoluzionista; segue il Dott. Tagliavini spiegandoci l’affascinante modello di Porges, la teoria Polivagale, e il concetto di neurocezione nell’ambito della fisiologia. Chiude, infine, Benedetto Farina, che raccoglie ricerche e riferimenti teorici a favore dell’ipotesi fondante il modello di riferimento: la dissociazione come effetto del fallimento dei processi “integrativi” della coscienza.
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Il modello proposto da Liotti, e già decritto in precedenti contributi sull’argomento, offre sempre sfumature interessanti e una chiave di lettura “omnicomprensiva” dei comportamenti umani. Nel modello evoluzionista il sistema difensivo umano, descritto nella prima giornata da Janina, viene collocato all’interno del più “evoluto” – presente solo nei mammiferi – sistema di attaccamento, necessario a garantire protezione e conforto a seguito di un’esperienza traumatica. Sarebbe proprio il fallimento di questo secondo sistema a determinare lo sviluppo di psicopatologia in età adulta. Il legame di attaccamento con una figura di riferimento costituisce per l’uomo un secondo e definitivo livello di elaborazione del concetto“pericolo scampato!”. Una figura di attaccamento immobile (still face), spaventata (frightened) o spaventante (frithening) a sua volta, determinerà nel bambino una sensazione di “paura senza sbocco”, lasciando il sistema difensivo per sempre attivo (trauma complesso).
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Il sistema di difesa lavora però “scollegato” dalle funzioni mentali superiori della coscienza (Fonagy, 2008) e dunque i processi di integrazione della coscienza risultano inibiti: questo il principale meccanismo alla base dei sintomi dissociativi in pazienti traumatizzati.
I comportamenti contraddittori e apparentemente incongrui, derivanti da questa mancata integrazione, emergeranno soprattutto all’interno delle relazioni affettive, proprio perché queste sono state in passato contemporaneamente fonte di terrore e di protezione: qui si colloca l’idea di dissociazione come “dis-integrazione funzionale” descritto dal Dott. Farina nel suo intervento (Farina, Liotti, 2011).
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Da Janet (1901) al più moderno Russel Meares (2005), l’idea dominante è che le funzione di integrazione tra diversi processi mentali sia costruita nel tempo, contemporaneamente alla crescita e allo sviluppo delle cortecce associative, nelle quali si va ad imprimere la memoria procedurale legata agli eventi. Se nel corso dello sviluppo si è esposti a particolari eventi traumatici o a situazioni di prolungato neglect affettivo, i circuiti neurali delle cortecce associative risulteranno alterati e non più in grado di controllare l’arousal.
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Gli effetti principali di questa dis-integrazione sono riconducibili a due categorie principali di sintomi (Brown 2006; Holmes, 2005): sintomi di “distacco” (detachment) e sintomi di “compartimentalizzazione”. I primi implicano un distacco da sé e dalla realtà (depersonalizzazione, derealizzazione, déja vù, numbing), i secondi riguardano la separazione di funzioni mentali normalmente integrate tra loro (amnesie dissociative, disturbi somatoformi da conversione, dolori psicogeni acuti, dismorfofobie, personalità multiple).
La dis-integrazione è dunque l’effetto diretto del dolore emotivo e non un meccanismo di difesa dal dolore stesso!
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BIBLIOGRAFIA:
- Farina, B., Liotti, G. (2011). Dimensione dissociativa e trauma dello sviluppo. Cognitivismo clinico, 8(1): 3-17 (LEGGI L’ARTICOLO).
- Liotti, G. & Farina, B. (2011). Sviluppi Traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Raffaello Cortina Editore: Milano.
- Cloitre, M. et al (2009) A Developmental Approach to Complex PTSD: Childhood and Adult Cumulative Trauma as Predictors of Symptom Complexity. Journal of Traumatic Stress, 22(5):399-408. (READ FULL ARTICLE)