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SITCC 2012 – Cinema e Letteratura come Strumenti Terapeutici

SITCC 2012: il Simposio si rivela un interessante viaggio tra cinema e letteratura come strumenti terapeutici.

Di Valentina Davi

Pubblicato il 06 Ott. 2012

 

 

Roberto Lorenzini @ SITCC 2012 RomaUtilizzare l’ironia come strumento terapeutico: nessuno di noi scherza volentieri sulle proprie aree problematiche e la capacità di ridere della propria patologia è sicuramente un grande progresso per il paziente.

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Sarà perché leggere e andare al cinema sono due mie grandi passioni, ma ho trovato il Simposio “Film e libri in psicoterapia” tra i più interessanti presentati fino ad ora ed indubbiamente il più divertente a cui abbia assistito. 

Iniziato con la proiezione di uno spezzone tratto dal film Il discorso del Re, il Simposio si rivela un interessante viaggio tra cinema e letteratura come strumenti terapeutici. Roberto Lorenzini, con il suo caratteristico stile ironico, regala più di una risata ad un pubblico attento e partecipe, tra aneddoti di vita e consigli vari per utilizzare al meglio libri e film come ausilio nel trattamento dei pazienti.

Lorenzini ci ricorda come sia ormai stato ampiamente dimostrato che terapie che fanno uso di homework  sono più efficaci e più brevi (ed in tempo di crisi è un punto a favore per la terapia cognitiva). Posto che il termine “compito” ha spesso una valenza negativa, prescrivere di guardare un film o leggere un libro è anche un modo per sdoganare il piacere e passare ai nostri pazienti, spesso più attenti ai bisogni degli altri che ai propri interessi, il messaggio “Divertiti che ti fa bene!”

L’uso di libri e film come homework è indicato, per esempio, quando si ha difficoltà a spiegare ad un paziente un concetto: pensate al noto personaggio di Carlo Verdone, Furio, esemplificazione perfetta di una personalità ossessiva. 

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I vantaggi per il paziente sono molteplici: la possibilità di rendersi conto di non essere il solo a soffrire del proprio disturbo, la possibilità di vedersi dall’esterno e quindi aumentare la propria metacognizione e l’occasione di apprendere nuove strategie risolutive rispetto al disturbo; inoltre, perché no, farsi quattro risate e utilizzare l’ironia come strumento terapeutico: nessuno di noi scherza volentieri sulle proprie aree problematiche e la capacità di ridere della propria patologia è sicuramente un grande progresso per il paziente.

Non dimentichiamo i vantaggi per il terapeuta: “la possibilità di leggere libracci e vedere filmacci con la scusa di farlo per la professione!”

Lorenzini sottolinea che la prescrizione deve avvenire in base ad un obiettivo preciso e deve essere sempre legata alle credenze bersaglio terapeutiche. Ovviamente il terapeuta deve aver letto e visto ciò che prescrive e trasmettere al paziente la propria passione. E se invece è il paziente a consigliare un libro o un film al proprio terapeuta, è compito del terapeuta seguire il suggerimento ricevuto.

Durante il Simposio Scarinci illustra una ricerca esplorativa condotta in Italia sull’utilizzo di film e libri nella pratica terapeutica. Da questo studio emerge che “gli psicoterapeuti di approccio cognitivo comportamentale ritengono utile assegnare libri e film come homework durante il trattamento dei pazienti ed esprimono quasi unanimamente l’interesse per una rivista che li proponga come supporto per l’attività professionale, ma utilizzano molto meno questi strumenti rispetto ai colleghi d’oltreoceano”.

Il Simposio termina con un’interessantissima rassegna di casi clinici illustrata da Anna Segre in cui vengono associate problematiche portate dai pazienti e film/libri prescritti. Ecco alcuni spunti:

– I film “Moonsoon Wedding“ e “Faster” e l’idea che l’abusatore debba essere smascherato davanti a tutti

– “In un milione di piccoli pezzi” e l’idea che si possa uscire dalla tossicodipendenza

– La serie tv “Will & grace” e il tema dell’omosessualità

– I libri di Bennett e il rapporto con il corpo

Il pubblico che ha assistito al Simposio ha contribuito al dibattito con una serie di spunti interessanti, tra cui approfondire l’uso di cartoni animati nella terapia in età evolutiva, e richieste di consigli su come gestire pazienti che guardano libri/film pericolosi (es. un paziente con disturbo borderline di personalità che ha visto “Ragazze interrotte”) e sul perché, a volte, la prescrizione non ha il successo sperato. 

Il libro/film non deve adattarsi solo al disturbo, ma anche allo specifico paziente che abbiamo in cura. La scelta deve essere guidata infatti da un’integrazione tra diagnosi, intuito terapeutico erelazione terapeutica.

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Cosa ne pensate dell’utilizzo di film e libri come strumento terapeutico? Li usate nella vostra pratica clinica? Fatecelo sapere in un commento qui sotto. 

Ricordate solo che “andare al cinema con un paziente rimane violazione del setting terapeutico”. 

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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