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Il Legame tra Trauma e Perversione: da Freud a De Masi

Il legame fra trauma e perversione è stato indagato da molti autori per capire se eventi traumatici possano generare cosiddette perversioni.

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 27 Set. 2012

Aggiornato il 26 Feb. 2018 11:56

 

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Trauma e Perversione. - Immagine: © rudall30 - Fotolia.com

Il legame fra trauma e perversione è stato indagato da molti autori che hanno cercato di capire se uno o più eventi traumatici vissuti nel corso dell’infanzia possano generare, attraverso una causalità lineare, un quadro di comportamenti che possiamo definire perversioni o se al contrario il trauma si innesta in una struttura psichica già orientata verso fantasie patologiche.

Molto interessante al riguardo è il contributo di De Masi (2008), il quale sottolinea un aspetto centrale ma a suo parere non più condivisibile del pensiero freudiano: il primo modello psicoanalitico, la teoria pulsionale, afferma che la sessualità sia un’esperienza unitaria; le fasi orale, anale e fallica rappresentano un quadro unico di sessualità primitiva e i comportamenti sessuali anomali sono riconducibili allo sviluppo abnorme di una delle componenti di base, che si rende autonoma e si fissa impedendo i successivi processi evolutivi (Freud, 1919).

Se invece intendiamo la perversione non come uno dei possibili sviluppi della sessualità ma come una deviazione di essa, costruiamo un quadro più realistico che ci permette di comprendere meglio ciò che davvero si verifica nei processi mentali dei pazienti.

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In particolare abbiamo una visione chiara della distinzione fra sessualità e sessualizzazione, cioè fra un impulso sessuale che si rivolge ad un oggetto esterno ed uno che invece si trasforma in fantasie autoindotte. La sessualizzazione è il ritiro psichico in un’area nella quale il paziente si eccita esclusivamente con le proprie fantasie; non è più necessario un oggetto sessuale esterno e ciò implica una deviazione dello sviluppo sessuale, poiché gli oggetti che elicitano tali fantasie sono contenuti mentali sui quali, nella maggior parte dei casi, viene operata una distorsione.

E’ il caso delle fantasie sadiche e masochistiche; il soggetto non entra in relazione con l’altro bensì produce nella propria mente una serie di immagini che lo vedono coinvolto in un rapporto di sottomissione o di dominio.

L’altro non esiste più, non ha bisogni e desideri propri ma dipende unicamente da ciò che l’impulso sadomasochistica determina. La sessualizzazione si lega alla perversione dal momento che non sempre il ritiro psichico nel piacere autoindotto rimane separato dall’azione; quando esso si sposta in un contesto reale, in cui il soggetto usa una o più persone per soddisfare le proprie fantasie, abbiamo la perversione.

La sessualizzazione, l’incapacità di uno sviluppo sessuale normale che consente l’instaurarsi di relazioni con l’altro, è senza dubbio connessa alla presenza di traumi nella storia di vita del paziente, ma De Masi puntualizza che per capire il rapporto fra trauma e perversione occorre analizzare ogni singolo caso.

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Vi sono infatti soggetti la cui storia è segnata da trascuratezza, comportamenti sessuali anomali da parte dei genitori, incapacità genitoriale di rispondere ai bisogni in modo costante e comprensivo, e in queste situazioni esiste già prima del trauma un’atmosfera ambientale che facilita e induce il processo di sessualizzazione.

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Il concetto di trauma può essere inoltre ampliato includendo non solo gli abusi, le molestie e altri eventi particolarmente stressanti per il bambino (ad esempio delicate operazioni chirurgiche che intervengono su menomazioni del corpo) bensì anche traumi emotivi che si inscrivono nella relazione fra il paziente e una o entrambe le figure genitoriali.

Trovarsi in una condizione di isolamento emotivo, in cui il soggetto non riceve contenimento, né adeguato rispecchiamento alle proprie angosce, provoca uno stato penoso che può essere controllato mediante il ritiro in fantasie autoindotte, che sviluppandosi assumono una valenza erotica; se i genitori, e in special modo la madre, non si accorgono di tale ritiro o addirittura lo consentono attraverso modalità più o meno coscienti, la predisposizione alla perversione è data.

 De Masi, in riferimento al trauma, aggiunge che esso può venire erotizzato proprio come operazione difensiva che il paziente pone in atto per controllare lo stato emotivo col quale non può venire in contatto. Percepire ad esempio i genitori come coppia in cui uno dei due membri è violentemente sottomesso all’altro, può generare nell’individuo un vissuto di angoscia molto profondo che egli può controllare trasformando la rappresentazione di quella relazione in una fantasia eccitatoria.

In conclusione, le conseguenze di un trauma fisico o emotivo possono essere molto gravi; per intervenire in terapia su di esse e sulle eventuali perversioni che compongono il quadro clinico è necessario ricostruire sia il trauma sia le modalità attuali con cui il paziente si relaziona, elaborando i rapporti causa-effetto e agendo affinché il paziente sviluppi la capacità di includere l’altro reale nei propri pensieri e fantasie.

 

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