Un degli errori cognitivi più ricorrenti alla base del pensiero negativo, soprattutto di tipo ansioso, è la sottovalutazione delle proprie capacità di fronteggiare e gestire la minaccia. Ma, più che sottovalutazione, occorre parlare di vera e propria dimenticanza e negligenza. Il paziente ansioso è completamente focalizzato sui problemi che lo preoccupano, e la loro stessa esistenza è già motivo di sensazioni di minaccia.
Con l’attenzione completamente assorbita dalle sue preoccupazioni, il paziente ansioso tende a non pensare a come affrontare queste minacce. La sua immaginazione è congelata sul momento in cui la minaccia si presenta, senza approfondire cosa potrebbe accadere dopo. Per lui o per lei, la semplice presenza della minaccia è già prova della sua ingestibilità.
Proprio per questo è bene invece chiedere come potrebbe reagire ai problemi tramite il disputing delle risorse. Es:
(Terapeuta): “Lei ha ragione, questo potrebbe essere un problema. Ma cosa potremmo fare in quella situazione?”
(Terapeuta): “Mi sembra che per lei tutto si risolva nel fatto che esiste questo problema. Ma potremmo anche pensare a cosa fare per risolverlo. Che ne dice?”
L’idea da far passare è che “Tu sei più forte di quel che pensi” (Clark, Beck, 2010, pag. 187). Il paziente ansioso, poco abituato a ragionare su come si affrontano le minacce, spesso sottovaluta la sua capacità di gestire i problemi. Eppure, se il paziente è qui da noi in terapia, questo vuol dire che in qualche modo in passato il paziente ha già saputo superare i suoi momenti difficili. Occorre quindi raccogliere informazioni su episodi passati.
(Terapeuta): “Bene, mi ha raccontato questa sua difficile esperienza passata di ansia e, forse, addirittura di panico. Ma ora mi racconti come a fatto a cavarsela, quella volta”.
In questo modo, sarà possibile scoprire che in realtà l’esito finale fu meno catastrofico di come se lo ricordasse il paziente. In fondo la tecnica rimane sempre quella: non dare mai nulla per scontato, mai nulla per garantito. Formulazioni e definizioni generiche vanno evitate. Occorre verificare se veramente gli episodi rievocati dal paziente come prova della realtà dei suoi problemi siano stati così negativi come lui sostiene. Le descrizioni dettagliate e non le definizioni vaghe e generiche, ci danno vera informazione.
BIBLIOGRAFIA:
- Clark, D. A., Beck, A. T. (2010). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders. Science and Practice. New York: Guilford Press.