Una delle più preziose intuizioni cliniche di Albert Ellis è stata l’individuazione del cosiddetto problema secondario. Come abbiamo già visto il modello ABC di Ellis aiuta e incoraggia il paziente a non considerare più i suoi stati emotivi e i suoi comportamenti come fenomeno privi di senso psicologico cosciente e frutto di pazzia, di insondabili forze inconsce o di malfunzionamenti organici del sistema nervoso, ma come frutto di operazioni mentali consapevoli, sia pure automatizzate e soggette a bassi livelli di attenzione e controllo deliberato.
Una volta individuati i B, i pensieri associati alla sofferenza psicologica e ai comportamenti disfunzionali, è bene continuare l’indagine e non precipitarsi subito a “disputare” e ristrutturare i pensieri stessi. È opportuno invece cercare altri ABC, ma partendo da quello già trovato. È il cosiddetto ABC secondario.
L’ipotesi dell’ABC secondario in un certo senso anticipa la teoria della metacognizione. Questa ipotesi suggerisce che lo stato patologico dipende non tanto dagli stati d’animo e dai pensieri che si presentano in situazioni problematiche. Questi stati d’animo, essendo collegati a situazioni concrete, sono in sé normali per Ellis. Oppure possono essere incongrui rispetto al contesto, ma non intrinsecamente patologici. Provare imbarazzo in una situazione sociale è normale. Provare eccessivo imbarazzo può essere incongruo, ma non è ancora patologico. Non si tratta di fobia sociale. Ciò che è davvero patologico è il giudizio, la valutazione che diamo di quell’imbarazzo.
L’ABC secondario è quindi la valutazione di secondo livello, e quindi metacognitiva, dei nostri stati mentali. E la patologia nasce nel momento in cui diamo una valutazione di “non normalità” dei nostri stati d’animo. Ovvero nel momento in cui non accettiamo i nostri stati d’animo.
Per Ellis il passaggio dall’imbarazzo alla fobia sociale non è un problema di grado, ma è a sua volta un problema di valutazioni cognitive di secondo livello. Non si tratta di una forma estrema di timidezza, ma di non accettazione della propria condizione di imbarazzo.
Non accettandola, non riusciamo a usare proficuamente le nostre emozioni come segnali che ci informano sul nostro stato rispetto agli altri e al mondo ma attacchiamo loro un’etichetta di anormalità (o anche di normalità, ma è un errore anche questo). In tal modo, perdiamo di vista la situazione reale in cui viviamo (l’A di partenza) e finiamo per concentrarci su un falso problema: siamo normali? Stiamo provando l’emozione giusta, l’emozione normale?
In tal modo, siamo finiti in un vicolo cieco nel quale non sono disponibili soluzioni pratiche a problemi pratici, ma solo giudizi di valore in fondo privi di senso concreto e che tendenzialmente ci portano a conclusioni depressive: sensazione di essere strani, diversi, esclusi, o addirittura derisi e/o perseguitati.
È interessante notare come il concetto di problema secondario contenga in potenza sia le applicazioni cliniche del concetto di metacognizione sviluppate da Adrian Wells che le intuizioni terapeutiche sull’accettazione di Steven Hayes. Concetti di cosiddetta “terza ondata”.
Insomma, citando le parole di Cesare De Silvestri (colui che fece conoscere la terapia e la teoria di Ellis in Italia negli anni ’60):
“Dato un problema emotivo o comportamentale, l’attenzione selettiva dell’individuo può, focalizzarsi sul suo stesso problema o uno dei suoi aspetti e dare inizio a un’ulteriore sequenza che può essere altrettanto disfunzionale e rappresentare quindi un ulteriore problema. Questo secondo problema, che nel modello originario viene chiamato ABC secondario, è in realtà un problema di secondo ordine, cioè superordinato ovvero di ordine superiore rispetto al primo (ABC primario), e può interferire e di solito interferisce pesantemente sul disagio del paziente e sulla situazione terapeutica. La sua individuazione e soluzione preventiva sembra anzi essere una delle chiavi di volta della ricerca diagnostica e della strategia psicoterapeutica. Il nostro modello permette di vedere chiaramente come il problema di secondo ordine ostacoli un accesso diretto a quello iniziale.” (DeSilvestri, 2000)
È sul problema secondario, inoltre, che meglio si applicano le 4 classi di idee irrazionali individuate da Ellis. Ovvero:
- le doverizzazioni
- i giudizi globali e generalizzanti su di sé, gli altri e il mondo
- il giudizio di insopportabilità e intolleranza delle emozioni; la catastrofizzazione
- l’indispensabilità e bisogni assoluti.
BIBLIOGRAFIA:
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- DeSilvestri, C. (1982). I1 problema secondario. In G. Chiari & L. Nuzzo (Eds.), Le prospettive comportamentale e cognitiva in psicoterapia. Roma: Bulzoni.
- DeSilvestri, C. (1984, 19-21 ottobre). Progressi e innovazioni nella RET: Un dettagliato modello dell’organizzazione cognitivo – emotivo – comportamentale dei disturbi psicologici. Relazione al II Congresso Nazionale della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) Firenze
- DeSilvestri, C. (1989). Clinical Models in RET: An advanced model of the organization of emotional and behavioural disorders“. Journal of Rational-Emotive Therapy, (2).
- De Silvestri, C. (gennaio – aprile 2000). Il ruolo dell’attenzione nella teoria e nella prassi della psicoterapia RET. Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria, 38 – 39, pp. 70 – 83 http://www.in-psicoterapia.com/qtorctoanr/38-39/silvestri-attenzione.pdf
- Dryden, W. (1984). Rational-Emotive Therapy: Fundamentals and Innovations. London: Croom-Helm.
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- Ellis, A. (1984), The essence of RET – 1984, Journal of Rational-Emotive Therapy, 2 (1).
- Ellis, A. (1991). The Revised ABC’s of Rational-Emotive Therapy (RET). Journal of Rational-Emotive Therapy & Cognitive-Behaviour Therapy, 9, 3.