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La Terapia Metacognitiva (MCT): intervista con il Prof. Adrian Wells

In esclusiva per State of Mind: intervista al Prof. Adrian Wells su caratteristiche e specificità della Terapia Metacognitiva (MCT) .

Di Flavio Ponzio, Gabriele Caselli

Pubblicato il 03 Mag. 2012

Aggiornato il 22 Ott. 2021 12:05

 

 

 

In esclusiva per State of Mind: una breve intervista rilasciata dal Prof. Adrian Wells sulle caratteristiche della Terapia Metacognitiva (MCT).

LEGGI L’INTERVISTA ORIGINALE IN INGLESE.

La Terapia Metacognitiva (MCT): intervista con il Prof. Adrian Wells.
Prof. Adrian Wells

1. Gentile Prof. Wells, ci può delineare le caratteristiche fondanti della Teoria Metacognitiva e del suo approccio terapeutico ai disturbi psicologici?

La teoria metacognitiva dei disturbi psicologici si fonda sul principio che la maggior parte dei disturbi/o psicologici è causata da uno schema di pensiero ampliato (extended thinking). Questo schema è chiamato Sindrome Cognitivo-Attentiva (Cognitive Attentive Syndrome – CAS). Si compone di catene di pensieri verbalizzati nella forma di preoccupazione (worry) e ruminazione, uno schema che concentra l’attenzione su minacce e strategie di coping che porta ad effetti paradossali. Invece di fermare il pensiero negativo, lo amplia.

La Sindrome Cognitivo-Attentiva (CAS) è spinta da credenze di fondo riguardo al pensiero che ricadono dentro due categorie di credenze: positive (es. Mi devo preoccupare allo scopo di farcela) e credenze negative (es. certi pensieri sono pericolosi).

La terapia metacognitiva si concentra sul rimuovere la CAS in risposta ai pensieri ed esperienze negative stimolando la consapevolezza di questo processo e promuovendo un controllo selettivo di dello stesso. In questo modo si mettono in discussione le credenze metacognitive. Alla fine del trattamento i pazienti sono più flessibili nelle loro risposte ai pensieri negativi e meno dipendenti dagli schemi mentali consolidati e controllo cognitivo come strategia di coping delle esperienze emozionali.

 

2 Quali sono le principali differenze con i precedenti approcci della CBT?

Wells: Terapia Metacognitiva dei disturbi d'Ansia e della Depressione. Recensione a cura di Gabriele Caselli. - Immagine: Eclipsi Editore
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La MCT è radicalmente diversa dalle prime CBT (Cognitive-Behavioral Therapy). Innanzitutto al cuore della teoria c’è l’idea che i pensieri non sono così importanti. E’ la reazione delle persone a quei pensieri ciò che conta. Questo messaggio è l’opposto di quello della CBT, dove i pensieri negativi automatici sono centrali nei disturbi.

La MCT è anche diversa in quanto si concentra sugli stili di pensiero e regolazione mentale piuttosto che sul contenuto dei pensieri. Non opera dei controlli di realtà sui pensieri o sulle credenze generali riguardo se stessi e il mondo. Il focus nella Terapia Metacognitiva è ridurre la  Sindrome Cognitivo-Attentiva (CAS). Infatti l’azione stessa di indagare e mettere in discussione i pensieri può esser vista come analoga alla CAS: è un’altra forma di pensiero ampliato e non produce direttamente quel tipo di cambiamento metacognitivo ritenuto necessario nella MCT.

Nella MCT le credenze sono al centro del trattamento ma solo quelle metacognitive e non gli altri “schemi”. Questi altri schemi sono visti più che altro come attivatoori della CAS o come il risultato di quel processo e considerati quindi “epifenomeni”.

Naturalmente la CBT è polimorfa e ingloba continuamente concetti da altri modelli teorici e tecnici. La CBT ha iniziato a impiegare alcuni principi della terapia metacognitiva. In questo senso il problema è che i confini sono confusi e diventa difficile definire appropriatamente cosa è la CBT. Inoltre, combinare le terapie della CBT con quelle della MCT rischia di risultare problematico dal momento che sono fondate su posizioni divergenti riguardo come il paziente dovrebbe confrontare e gestire i propri pensieri. Ho descritto i principi e le tecniche della MCT e come queste differiscono dalla CBT tradizionale nel mio recente manuale: Metacognitive Therapy for Anxiety and Depression, edito da Guilford Press ed è disponibile in italiano edito da Eclipsi: Terapia Metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione.

 

3. Il concetto di metacognizione è utilizzato da diversi approcci che ne evidenziano differenti aspetti (ad es. capacità di autoriflessione, mentalizzazione, empatia). Cosa ne pensa di queste concettualizzazioni della metacognizione come funzioni metacognitive invece che meta-credenze?

A me pare che metacognizione stia diventando un termine di moda e dalla mia esperienza di ciò che ho letto di alcuni altri approcci pare chiaro che gli autori non stanno usando il termine correttamente né nella stessa maniera. Per esempio, alcune terapie cognitive standard che si concentrano sul pensiero piuttosto che sulle credenze relative al pensiero o sul controllo cognitivo sono state denominate (erroneamente) metacognitive. C’è un altro livello di incomprensione del concetto. E’ importante tenere a mente che è un costrutto multisfaccettato.

Tu hai parlato di autoriflessività, questa potrebbe del tutto non metacognitiva. Per esempio pensare a come uno può migliorare il proprio swing a golf non è metacognizione. Non è pensare di pensare. Al tempo stesso, pensare a come uno potrebbe migliorare la propria memoria è una auto-riflessione metacognitiva. Il problema con costrutti come empatia e mentalizzazione è che sono confusi o non specificamente riguardanti la metacognizione; in certi casi colgono la metacognizione mentre in altre volte no.

Mi hai anche chiesto delle funzioni e credenze metacognitive. Come ho detto la metacognizione è multi-sfaccettata: ci sono strategie metacognitive come cercare di controllare i pensieri sopprimendoli, credenze come le credenze positive o negative riguardo ai pensieri ed esperienze metacognitive come le valutazioni degli stati mentali e delle sensazioni esperite (felt-sense) come ad esempio l’esperienza metacognitiva di avere una parola “sulla punta della lingua”.  E’ probabile che ci siano “funzioni” metacognitive che non sono riconducibili all’esperienza diretta e cosciente ma agiscono sul pensiero in maniera più automatica.

A mio parere, il progresso in quest’area dipende sullo sviluppo di modelli che distinguano queste componenti e che possano stabilire i loro effetti sui disturbi psicologici all’interno di un sistema cognitivo multi-livello. Quello era il mio obiettivo più di 20 anni fa e la base del modello metacognitivo è stata descritta nel mio libro del 1994: Attention and Emotion.

 

4. Dal suo punto di vista, la MCT può essere considerata un approccio della terza ondata e se si dove si colloca?

Non mi piace il termine “terza ondata” perchè non è descrittivo. Sembra suggerire che c’è un nuovo movimento ma non fornisce indicazioni sulle differenze che sussistono tra le diverse terapie che formano questo movimento. Non considero la MCT come facente parte delle terapie della terza ondata (ACT e MBCT) perchè non attinge da pratiche meditative. Certi aspetti della meditazione (aumento del self-focus, reindirizzamento dell’attenzione e tecniche immaginative) non sono strumenti raccomandati dalla MCT per raggiungere un cambiamento.

 

5. Una delle tecniche più pertinenti proposte dalla MCT è la Detached Mindfulness. Quali sono le differenze e le convergenze tra detached mindfulness e il concetto di mindfulness così come è proposto dalle terapie cognitive fondate sulla mindfulness? (MBCT)

Detached Mindfulness
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La detached mindfulness si riferisce a uno stato mentale specifico e ben definito che abbiamo teorizzato e introdotto nel 1994. Con mindfulness noi intendiamo consapevolezza dei pensieri (awareness of thoughts) che identifica la specifica consapevolezza metacognitiva e l’abilità di distinguere un pensiero negativo dalla preoccupazione (worry) conseguente o dalla risposta ruminativa a quel pensiero. Per detached mindfulness intendiamo il fermare o disconnetere ogni risposta a quel pensiero e in chiave più profonda, esperire il sè come separato dal pensiero e semplice osservatore di esso. Questo è molto più specifico del concetto di mindfulness così come è usato nella meditazione. Diversi professionisti della meditazione propongono differenti descrizioni di cosa intendono per mindfulness. Può essere consapevolezza del respiro, o l’esperienza del momento presente o consistere di uno stato mentale non giudicante. A me sembra che uno dei limiti degli approcci basati sulla meditazione per lo sviluppo delle terapie sia che mancano di un impianto teorico sufficientemente rigoroso e che questi costrutti non abbiano la precisione necessaria per collegarsi in modo soddisfacente ai processi patologici.

Detto questo, devo anche sottolineare che la detached mindfulness è una tecnica che ha uno specifico obiettivo e che non è una componente necessaria della MCT.

 

6. La MCT è una terapia focalizzata sui disturbi di ansia e depressione o può anche essere applicata a un più vasto range di disturbi psicologici (ad es. disturbi di personalità)? E con quali differenze?

Adrian Wells: considerazioni critiche
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La MCT è un’approccio terapeutico generale che nel principio può essere applicato a un ampio spettro e forse a tutti i disturbi psicologici. Ci sono gruppi di ricercatori che stanno testando l’efficacia del trattamento per i disturbi d’ansia, la depressione, le psicosi, i disturbi alimentari, le dipendenze, i disturbi borderline di personalità e per le conseguenze psicologiche dovuti a problemi di salute. Abbiamo proceduto a usare dei modelli specifici per ogni disturbo che ne cogliessero la natura e gli effetti della CAS e della metacognizione. Comunque, è anche possibile astrarre su un livello più generale utilizzando una versione transdiagnostica del modello. Questo può essere un utile punto di partenza per sviluppare forme più specifiche di intervento.

 

7. Quali saranno gli sviluppi futuri dell’approccio MCT? Ci saranno problematiche o aree che resteranno scoperte?

Manchester congresso terapia metacognitiva
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Al momento si stanno esplorando nuove aree e gli studi si espanderrano ancora in futuro. Queste aree includono l’applicazione a nuovi gruppi di pazienti come bambini e adolescenti e nuovi sviluppi nei campi dei disturbi di personalità e delle psicosi. Un’area che abbiamo recentemente iniziato ad esplorare è la terapia MCT di gruppo che offre l’opportunità di terapie alternative brevi e altamente convenienti (cost-effective).

Aree ancora da esplorare sono le correlazioni neurocognitive delle tecniche MCT come l’ attention training e la detached mindfulness. E’ incoraggiante vedere trials controllati e comparativi della terapia comparire in letteratura e ci sono diversi studi ad ampio raggio in corso che presto daranno i loro risultati.

Per i lettori interessati ai lavori più recenti e ad approfondire l’argomento, consiglio di consultare le informazioni e gli aggiornamenti sul nostro sito: www.mct-institute.com

 

 

BIBLIOGRAFIA:

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Flavio Ponzio
Flavio Ponzio

Direttore operativo di State of Mind

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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