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Neuroscienze e Psicoanalisi: il contributo di Mauro Mancia

MEMORIA ESPLICITA E MEMORIA IMPLICITA. L'INCONSCIO NON RIMOSSO. Punti di contatto tra Neuroscienze e Psicoanalisi grazie a nuove evidenze.

Di Milko Prati

Pubblicato il 17 Apr. 2012

Aggiornato il 14 Mag. 2012 19:14

Milko Prati.

 

MEMORIA ESPLICITA E MEMORIA IMPLICITA. L’INCONSCIO NON RIMOSSO 

Neuroscienze e Psicoanalisi. Il contributo di Mauro Mancia. - Immagine: © robodread - Fotolia.comFino a non molto tempo fa accostare i termini Neuroscienze e Psicoanalisi sarebbe equivalso ad esprimere un ossimoro. Negli ultimi anni, la ricerca neuroscientifica ha permesso l’individuazione di diversi punti di contatto con la psicoanalisi offrendo una base morfofunzionale a funzioni specifiche della mente sulle quali sono fondate le teorie psicoanalitiche.

In Italia, il progetto di una possibile integrazione tra le neuroscienze e la psicoanalisi è stato portato avanti da Mauro Mancia. Allievo di Cesare Musatti, è stato professore di Fisiologia Umana all’Università degli Studi di Milano e psicoanalista SPI, ha cercato di allontanare progressivamente la psicoanalisi dalla metapsicologia per avvicinarla sempre più alla psicologia aperta alla sperimentazione e alla osservazione scientifica.

Punto di partenza è la scoperta da parte delle neuroscienze dell’esistenza di due sistemi della memoria:

  • La memoria esplicita: a lungo termine, dichiarativa, autobiografica, relativa alla propria identità e storia personale, e che permette il ricordo. 
  • La memoria implicita: che invece non è passibile di ricordo e non è verbalizzabile.

 

Giuseppe Civitarese - Perdere la Testa - Immagine: Immagine di Copertina © Editrice Clinamen
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Questa scoperta permette a Mancia di ipotizzare che le tutte esperienze infantili dei primi due anni di vita, prima dello sviluppo del linguaggio, siano depositate nella memoria implicita e che in questo sistema di memoria siano contenute le esperienze più arcaiche, anche traumatiche, relative alle prime relazioni del bambino con la madre.

Sulla base di tale ipotesi, Mancia introduce un concetto originale che gli consente di individuare un ponte di collegamento tra le due discipline: l’“inconscio non rimosso”.

È possibile mettere in relazione la memoria implicita con un’organizzazione inconscia, cosiddetta “non rimossa”, in quanto la rimozione necessita dell’integrità delle strutture neurofisiologiche (ippocampo, corteccia temporale e orbito-frontale) e della maturazione delle stesse, indispensabili per la memoria esplicita. La rimozione è pertanto collegata espressamente alla memoria esplicita, ma siccome tale memoria non è matura nel bambino prima dei due anni di vita, tutto ciò che avviene prima entra nella memoria implicita e si deposita in una forma d’inconscio che non può essere rimossa.

Le tracce mnestiche depositate nella memoria implicita e nell’inconscio, che non può essere rimosso, costituiscono il marchio, la struttura portante, il carattere e la personalità dell’individuo, e continueranno a condizionare la vita affettiva, emotiva, cognitiva per sempre.

Queste osservazioni permettono un ampliamento del concetto di inconscio, ridimensionando l’aspetto legato alla rimozione a favore di esperienze non rimosse. L’inconscio è considerato come una funzione della mente indispensabile per conoscere anche la coscienza e per poter comprendere i comportamenti, i sentimenti e le sensazioni dell’individuo. In questo senso, i risultati delle ricerche neuroscientifiche aiutano a conoscere le strutture o a comprendere maggiormente come si organizza la memoria, sia quella implicita che esplicita, offrendo una misura di come si organizza l’inconscio.

 

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Una questione di particolare interesse affrontata da Mancia è il rapporto tra il concetto di non conscio o non consapevole (unaware) delle neuroscienze e quello di inconscio (unconscious) della psicoanalisi. Definire chiaramente i due concetti evita confusioni semantiche ed epistemologiche, infatti la non consapevolezza trattata dalle neuroscienze riguarda eventi esterni al proprio Sé (neglet, prosopoagnosia, anosognosia ecc), in quanto non radicati nella storia affettiva ed emotiva del soggetto né nella sua memoria esplicita o implicita mentre, invece, sono proprio questi ultimi aspetti che riguardano essenzialmente il concetto di inconscio della psicoanalisi. Riguardo alle emozioni, alcuni cognitivisti (Kihlstrom, 1987) utilizzano il concetto di “inconscio cognitivo” per sottolineare l’identità tra emozioni e inconscio, suggerendo proprio questo come punto di convergenza tra la psicoanalisi e le neuroscienze.

In relazione alla clinica, Mancia sottolinea che l’inconscio dinamico di Freud, permettendo il ricordo, si manifesta nel transfert attraverso la narrazione, mentre l’inconscio non rimosso si manifesta attraverso le funzioni simboliche del sogno e la musicalità del transfert.

 

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Il sogno ha la capacità simbolo-poietica di trasformare esperienze all’origine pre-simboliche in contenuti verbalizzabili, e l’analisi dei sogni può favorire questo processo ricostruttivo, offrendo immagini pittografiche ed emozioni che permettono di simbolizzare, mentalizzare quindi rendere pensabile ciò che il bambino non poteva pensare.

Il transfert, concetto cardine della psicoanalisi, è rielaborato da Mancia in una chiave originale. Fondandosi sulla relazione stabilita tra memoria implicita e inconscio non rimosso, ritiene che la voce materna sia il primo strumento, il primo stimolo con cui il bambino entra in relazione con l’esterno.

 

 

Ciro Imparato
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La voce materna rappresenta una sorta di imprinting perché attraverso la voce il bambino riconosce il carattere della madre, gli aspetti affettivi-emozionali e il bambino risulta, già in epoca molto precoce, sensibile all’intonazione e alla musicalità della voce materna, rappresentando quest’ultima la radice su cui si fonda la prima relazione affettiva del bambino con la madre. Questo ricomparirà nel transfert e l’inconscio non rimosso sarà presente nelle componenti verbali ed extraverbali. Mentre queste ultime saranno caratterizzate da agiti (postura, espressività facciale, modo di presentarsi ecc), la componente verbale deve essere colta nella doppia semantica del linguaggio che permette di dare un senso alla comunicazione del paziente, non tanto nel contenuto delle parole quanto attraverso tono, timbro, volume, ritmo, prosodia, sintassi e tempi del linguaggio.

La voce assume un determinato valore come esperienza di sé e, nello stesso tempo, come espressione di sé nella relazione psicoanalitica.

I messaggi trasmessi dalla vocalità raggiungono le voci dell’inconscio.

 

 

BIBLIOGRAFIA:  

  • Mancia M., Psicoanalisi e Neuroscienze, Springer Verlag, 2008
  • Mancia M., Sentire le parole, Bollati Boringhieri, 2004
  • Kihlstrom J. E. (1987). The Cognitive Unconscious, Science, 237, 1445-52
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