La tecnica dell’ABC è molto diffusa in ambito cognitivista, sia perché rappresenta una base fondamentale per l’assessment e per la psicoterapia, sia perché la sua potente semplicità la rende uno strumento applicabile e molto utile ad un range molto vasto di pazienti con caratteristiche psicologiche diverse.
Non mi dilungo sui dettagli della tecnica, perché già descritta e spiegata altrove su State of Mind.
In letteratura ne esistono di diverse forme, utilizzate in fasi diverse della terapia ma che, in breve si possono suddividere in due tipologie: l’ABC comportamentale e l’ABC cognitivo.
L’ABC comportamentale è strutturato in questo modo:
- nella colonna delle A vengono inseriti gli “antecedents” (gli antecedenti) di un certo comportamento (situazioni, episodi…);
- nella colonne centrale dei B vengono inseriti i “behaviors” (i comportamenti) messi in atto in quella data situazione; vale la pena specificare che il B comportamentale comprende sotto l’etichetta behaviors anche emozioni, pensieri e comportamenti (ahimè fonte di gran confusione per i cognitivisti) (Baldini, 2004)
- nella colonna finale dei C, rientrano le “consequences” (le conseguenze) di quel dato comportamento
Un ABC comportamentale potrebbe configurarsi in questo modo:
A (Antecedents) | B (Behaviors) | C (Consequences) |
Sono a casa da solo Noia |
Abbuffata |
Vomito Colpa |
Più interessante, a parere di chi scrive, il noto ABC cognitivo, utile per individuare insieme al paziente le sue convinzioni (credenze) funzionali o, soprattutto in clinica, disfunzionali (nel senso di “poco utili”, in rapporto agli scopi e ai bisogni del paziente, come illustra Giovanni Ruggiero nel suo articolo).
In sostanza, l’ABC cognitivo è così impostato:
- nella colonna delle A vengono inseriti gli “antecedents” (gli antecedenti), ovvero situazioni, episodi ma anche stati emotivi situazionali (come, ad esempio, “sto provando ansia”); per motivi di semplicità espositiva, non divido gli ABC primari e secondari, di specifico interesse clinico.
- nella colonna centrale dei B vengono inseriti i “beliefs” (le credenze), pensieri (più o meno automatici) che il paziente “produce” per dare significato all’A antecedente;
- nella colonna finale dei C, rientrano le “consequences” (le consegueze) in termini emotivi (“cosa provo”) e comportamentali (“cosa faccio”) influenzate dalle credenze in B.
A (Antecedents) | B (Beliefs) | C (Consequences) |
Sono a casa da solo. |
Non sopporto di stare senza far niente. Mi sento inutile. |
Emotive: Noia Comportamentali: Abbuffata |
Leggendo un articolo di Spagnulo e Marchi (2010), prendo spunto dalle loro riflessioni sull’ABC e trovo una terza forma di ABC, ispirata alla cosiddetta terza ondata del cognitivismo: l’ABC che potremmo definire “della scelta”.
Prendendo come riferimento gli approcci cognitivisti che si rifanno alla Relational Frame Theory (Hayes, 2001), che sostengono che non sia tanto il contenuto delle nostre credenze, pensieri o convinzioni a influenzare il disagio e la sofferenza, quanto l’atteggiamento che abbiamo nei confronti dei nostri pensieri, sia esso “agganciato, fuso” oppure “non incastrato, accettante e de-fuso” (Harris, 2011). In altre parole, non sono i pensieri e le emozioni in sé a farmi stare male, bensì il modo con cui li affronto. Se mi sento così agganciato ad uno stato mentale, tanto da considerarlo la realtà assoluta (“ho un pensiero di inadeguatezza” = “sono inadeguato”), questo mi fa stare male e io non ho “spazio mentale” per arricchire e seguire i miei obiettivi personali. Più lottiamo contro i nostri pensieri, più sprofondiamo insieme a loro nelle crisi e nella sofferenza emotiva. Quando invece impariamo ad accettare le nostre convinzioni, emozioni e sensazioni corporee per quello che sono e dirigiamo la maggior parte dei nostri sforzi verso i nostri valori personali, i nostri scopi e obiettivi di vita (piccoli e grandi che siano…), bene questo ci permette di trovare soluzioni più efficaci e funzionali.
Non tutti sono d’accordo con questa ipotesi teorica (e di teoria della tecnica), e una discussione critica andrebbe al di là delle intenzioni dell’articolo, ma non al di là dell’obiettivo dei commenti sotto l’articolo… quindi, amici lettori, apriamo la discussione!
Con questa premessa, un terzo tipo di ABC potrebbe prendere la seguente forma:
- nella colonna delle A vengono inseriti gli “antecedents” (gli antecedenti), ovvero situazioni, episodi ma anche stati emotivi situazionali (come, ad es, “sto provando ansia”);
- nella colonna centrale dei B vengono inseriti i “beliefs” (le credenze), pensieri (più o meno automatici) le emozioni (“cosa provo”) e le sensazioni comporee;
- la colonna finale dei C, si trasforma in choices (scelte), cioè cosa posso fare per raggiungere il mio scopo personale nonostante e accettando di avere quei pensieri, quelle emozioni e quelle sensazioni fisiche, cioè nonostante “quel narratore insistente” che è la mia mente e che racconta al posto mio. Una seconda forma di C potrebbe essere questa: “in che modo e cosa questi B mi impediscono di raggiungere, rispetto ai miei obiettivi e valori personali?”
Per concludere, credo che il modo più funzionale e utile per sfruttare le potenzialità della tecnica ABC nelle sue tre diverse forme con il paziente sia tenere a mente la complessità e l’integrazione e quindi di utilizzare l’ABC in base alle esigenze cliniche e alle caratteristiche della persona che abbiamo di fronte. Dal mio punto di vista, le tre forme di ABC qui descritte possono essere molto utili per i pazienti, e questa costatazione, al di là dell’orientamento o del “movimento” da cui nascono, rappresenta spesso la bussola migliore.
BIBLIOGRAFIA:
- Baldini F. (2004). Homework: un’antologia di prescrizioni terapeutiche. McGraw Hill: Milano.
- Hayes, S. (2001). Relational Frame Theory. Springer: New York.
- Spagnulo P., & Marchi, S.(2010). MCBIT: an integrative approach for mindfulness and cognitive behavioral therapy. www.ecomind.it