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Storie di Terapie #2: Un pomeriggio con il demonio

In questi casi clinici, l’arrosto sostanzioso dei vari pazienti è condito col sugo della fantasia, per rendere non identificabili i pazienti

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 27 Feb. 2012

Aggiornato il 17 Dic. 2012 14:12

STORIE DI TERAPIE

Nei casi clinici che seguono, l’arrosto sostanzioso dei vari pazienti è condito con il sugo della fantasia, per rendere non identificabili le persone e la lettura più avvincente. Spesso ho condensato in un solo paziente più persone e, quasi sempre ci sono scappati pezzetti di me stesso.   – Leggi l’introduzione –   

 

#2 Un pomeriggio con il demonio

Storie di terapie #2: Un Pomeriggio con il Demonio. - Immagine: © lineartestpilot - Fotolia.com - Dieci giorni prima

La signora Anna viene al mio studio certa di avermi già visto, cosa che non ricordo, lamentando una sintomatologia generica di preoccupazione diffusa per il futuro proprio e della figlia in quanto sole con un solo stipendio di assistente sociale e senza nessun contributo da parte del marito che tratteggia rapidamente come un debosciato, violento “senza arte ne parte”. Alla preoccupazione si è aggiunta da alcuni mesi la tristezza generata dalla scomparsa della anzianissima madre morta in clinica psichiatra dove era ricoverata per un delirio mistico che si è presentato nelle varie generazioni in più membri della sua famiglia. Prima di proseguire con il suo affannato resoconto Anna mi chiede se io ci creda o no. Le rispondo affermativamente sia in quanto sono abituato a non deludere l’interlocutore sia in quanto non ha precisato in cosa si aspettasse credessi e dunque non trattavasi di una vera e propria bugia.

Non sono certo che lei sappia che tra pochi giorni incontrerò la figlia e dunque lascio al margine tale argomento e mi concentrò su di lei. Oggi è il suo giorno. Nasce figlia unica 55 anni fa in un minuscolo paesino del Lazio da una famiglia di contadini onesti, lavoratori e timorati di Dio e vive fino ai diciotto anni nella stretta cerchia dei parenti serrata a proteggerla dalle insidie del mondo. Inesperta si invaghisce di un bell’imbusto di passaggio. Un peter pan di Firenze che orfano vive con una zia iperprotettiva con la quale ha un rapporto simbiotico e se la cava con espedienti post sessantottini (collanine e manufatti personalizzati) e non disdegna l’uso di sostanze diffuse tra i figli dei fiori. Forse fu proprio lo stordimento dovuto alle droghe unito alla baldanzosa euforia ormonale dei diciotto anni che consentirono a Marcello di superare il serio ostacolo posto dall’aspetto fisico di Anna (che si distingueva per sgradevolezza anche in un tempo in cui le donne brutte erano molto più diffuse e brutte di oggi) e portarono in un colpo solo alla perdita della verginità che Anna intendeva donare al signore considerato anche lo scarso valore di mercato che aveva tra gli umani e all’annidamento nel suo utero di un assembramento di cellule primo abbozzo della futura Luana.

Storie di Terapie - © Athanasia Nomikou - Fotolia.com
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Forse fu proprio l’innato atteggiamento oblativo da assistente sociale che spinse Anna a volersi dedicare a Marcello cercando di trasformarlo in un responsabile padre di famiglia. Ma lui e la sua forse incestuosa zietta non vedevano di buon occhio il progetto di redenzione dell’orfano dei fiori. Marcello tentò in tutti i modi possibili di far abortire Anna in primo luogo con una strategia fai da te consistente nel massacrarla di botte. Le botte rimasero da allora una costante della loro relazione e più volte la piccola Luana le salverà la vita chiamando i soccorsi dopo averla trovata riversa in un lago di sangue. In questo modo ricambiando il dono fattole dalla madre che la protesse dalla furia abortiva del padre. Ognuna salva e vigila sulla vita dell’altra costantemente minacciate da tutto ciò che è esterno alla loro diade simbiotica. Anna raggiunge Marcello a Firenze decisa a fargli accettare il suo ruolo di padre e durante la sua assenza suo padre si suicida con un colpo di pistola in bocca. Il gesto e la sua assenza in quel frangente saranno sempre vissute da Anna come una sua gravissima colpa per riparare la quale si dedica totalmente alla cura della madre vedova.

La vita di Anna è dedicata completamente al Signore anche senza potergli donare il fiore della sua verginità, alla cura della madre della figlia e del prossimo più sfortunato con il suo lavoro di assistente sociale. E’ un’esistenza di risarcimento ed espiazione. Marcello frequenta moltissime donne ma non abbandona mai la sua zietta fiorentina e continua a malmenare Anna ogni qual volta lei gli si fa sotto. Poi fa perdere le sue tracce in Australia non avendo trovato sul nostro pianeta una terra più lontana dall’Italia. Ad Anna prescrivo ansiolitici per lenire le preoccupazioni che la tengono sveglia la notte (il sonno si vedrà essere un tema drammaticamente ricorrente) e degli antidepressivi blandi per aiutarla nel superamento del recente lutto della madre verso la quale prova anche sensi di colpa per averla “rinchiusa in clinica” e per aver provato nascostamente sollievo alla notizia della sua scomparsa. Ci lasciamo sulle mie rassicurazioni circa la disponibilità ad occuparmi della figlia.

Un pomeriggio dalle suore

Marco, l'ultimo samurai. Immagine: © Diedie55 - Fotolia.com -
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Incontriamo Luana alle 15,00 di un soleggiato pomeriggio invernale in un convento di suore della consolata a due passi da Nepi dove Luana è giunta la mattina stessa in fuga da una cosiddetta comunità terapeutica. Mi accompagna Carlo, uno psicoterapeuta esperto in problemi giovanili, inizialmente smarrito tra gli odori di minestrina, formaggio insipido e verdure lesse che rendono riconoscibile un qualsiasi stabile come un convento di suore con la sua atmosfera rassicurante e laboriosa. Luana arriva accompagnata per mano dalla superiora Suor Simona. Appare come una ventiduenne tipica vestita semplicemente e con qualche chilo di troppo. Soprattutto è visibilmente spaventata e chiede continue rassicurazioni circa il fatto che non sarà più rimandata nella comunità di Perugia dove ha trascorso gli ultimi tre mesi da incubo. Suor Simona, bionda, magra e delicata ma di rocciosa solidità è la giovane superiora con una laurea in psicologia che si pone come figura protettiva e materna e la lascia solo dopo essersi assicurata che Luana sia tranquilla a restare con noi considerato l’aspetto da diavolo buono (Geppo) ma pur sempre diavolo di Carlo. L’arrivo del vescovo cui si affida totalmente la rassicura e la fiducia che lui mostra in noi accresce enormemente la nostra autorevolezza. Accetta di buon grado di rimanere sola con noi.

In un contesto clinico avremmo scritto in cartella “la paziente è orientata nel tempo e nello spazio, accede volentieri al colloquio e non presenta manifestazioni psicopatologiche di alcun genere”. Essendo invece nel salottino di un convento diremo che Luana è una ragazza estremamente lucida, consapevole e molto intelligente che ci racconta volentieri la sua storia ed ha con noi un ottimo rapporto empatico. Mentalmente escludiamo qualsiasi forma psicotica. I matti veri li riconosciamo ad occhio e lei non lo è. Allora però se non è matta come sembra sarà davvero indemoniata. Se non fossimo a conoscenza dei risvolti ultraterreni della vicenda e di tutte le figure che vi ruotano o svolazzano intorno dopo mezz’ora saremmo a chiudere il pomeriggio in un bar di Nepi con una birra. Ma l’attesa del manifestarsi del soprannaturale ci trattiene. Più passa il tempo ed il colloquio procede più iniziamo a temere di aver fatto il viaggio a vuoto e di poter chiedere a Satana il rimborso dei soldi per il mancato spettacolo. Ma la vicenda si fa umanamente interessante e la sua brillante e profonda narrazione ci avvince. Luana ricorda un’infanzia segnata dalla continua guerra tra il padre e la madre. La madre descriveva il padre come un demonio ma la spingeva ad andare da lui a Firenze perché questo spetta ad una brava figlia. Quando il padre era presente le liti tra i genitori esplodevano furibonde e ricorda spesso la madre a terra insanguinata e lei che chiama l’ambulanza. Quando il padre non c’era le liti erano tra la madre e la nonna descritta come una iperansiosa, controllante e fissata con la religione. Il padre non tollerava di stare con loro anche per questa presenza asfissiante per tutti.

Penso anche ad un abuso che giustificherebbe la dissociazione. Invece ricorda il padre stordito dalle sostanze e inaffidabile ma mai direttamente violento nei suoi confronti. La madre invece mai disponibile per lei presa dalle liti con il padre, le cure della vecchia madre e dei suoi utenti. Le chiedo di elencarci i suoi sintomi. Convinta della sua possessione o in alternativa minore della sua follia racconta di aver avuto tutti i possibili disturbi tra cui degli attacchi di panico che non risulteranno essere tali. Il primo infatti consiste in uno svenimento a seguito di una sigaretta fumata a digiuno.

Scivola a terra e la madre lascia perdere tutto per occuparsi di lei. A quel punto consapevolmente resta a terra e si lamenta eccessivamente beandosi dell’attenzione della madre finalmente richiamata. Luana dice di aver compreso allora che l’unico modo per avere l’attenzione della madre era star male.

Insomma “piccole isteriche crescono”. La scuola di perfezionamento la fa alle cosiddette “messe di liberazione” di per sé pratiche innocue in quanto preghiere a favore dei malati dove viene spinta dalla nonna con l’argomentazione che “non si sa mai” e poi “pregare certamente non fa male a nessuno” (stessi argomenti utilizzati in genere a difesa dell’omeopatia e dell’astrologia). L’ambiente però è mal frequentato e Luana assiste a clamorose crisi isteriche di fronte ad un pubblico che esalta entusiasticamente le più teatrali. Ne resta turbata e chiede di non andarci più in accordo con la ferma presa di posizione del padre. Ma agli occhi di chi ha una fede primitiva condita con tanta tanta ignoranza ed una spruzzatina di tendenza al delirio che tutto spiega autoconfermandosi cosa può significare questo rifiuto? Ovviamente che il demonio che si è introdotto nella ragazzina vuole fuggire dall’incontro con Dio che può batterlo.

In questo modo si entra in una terribile spirale autoconfermatoria tipica anche della malattia mentale. Una volta che intervengono gli psichiatri, qualsiasi tentativo di mostrare la propria sanità mentale e magari l’irritazione per essere considerati folli divengono ulteriori prove dello stato di follia (si legga in proposito “La beffa di Roshenam” sul volume La Realtà inventata di Watzlavich, Feltrinelli). Altrettanto con gli esorcisti. Non è forse la prima delle astuzie del demonio quella di far credere che non esiste! Tornando alla sua realtà di quattordicenne bruttina e timida racconta delle difficoltà ad inserirsi nel gruppo classe, dei primi turbamenti sessuali con relativi sensi di colpa. Poi finalmente una cotta per Marco di tre anni più grande e i sogni di normalità. Escono persino un paio di volte insieme e lui mostra un interesse per il suo fisico ma viene respinto fermamente. Mamma Anna, anche forte della sua esperienza con Marcello l’ha messa in guardia: il sesso è la via maestra per l’inferno su questa terra e soprattutto…  

…nella successiva vita eterna. Dopo mesi di inutile assedio alla virtù di Luana Marco durante una gita scolastica si mette con una ragazzetta più grande e disponibile. Per Luana è il dolore allo stato puro. Vede confermate le sue previsioni di solitudine, emarginazione e derisione. E’ diversa dalle altre. Si sveglia la notte e rimugina ossessivamente su quanto è successo, cercando le sue colpe e le sue mancanze. Si preoccupa del sonno disturbato che era una caratteristica del nonno nel periodo precedente al suicidio e lo dice alla mamma. Anna allarmatasi inizia a dormire nel letto con la figlia per controllarne il sonno e pensa ad interventi terapeutici più sostanziosi che non le messe di liberazione. Luana ha ottenuto la vicinanza della madre che le dorme accanto ma paga il prezzo di un escalation di esorcismi verrebbe da dire “privati” nel senso di professionisti scaccia diavoli non organici alla chiesa ma dotati di poteri particolari che utilizzano per sbarcare il lunario. Un po’ come gli psichiatri privati, fuoriclasse, rispetto alle truppe dei dipartimenti di salute mentale. Il problema del sonno resta immutato richiedendo interventi sempre più massicci. Attualmente Luana sostiene una cosa inverosimile perché incompatibile con la vita e cioè di non dormire da quattro anni. Leggende analoghe riguardano il nonno suicida. Ogni incontro con gli scaccia demoni se non risolve la sintomatologia aiuta però a confermare la diagnosi per il suo comportamento rifiutante. Luana è piena zeppa di demoni e di quelli importanti. La loro presenza si manifesta oltre che con l’ insonnia con vizi notoriamente ispirati dal maligno come il fumo e l’assunzione di caffè che lei ha infatti eliminato da quattro anni. Durante una pausa dopo due ore ininterrotte di colloquio io prendo un caffè e insisto che lo faccia anche lei. Difficilmente scorderò la sua faccia stupita avvicinarsi al bicchiere di carta fumante stretto con due mani mentre continuava a ripetere”ma davvero posso?” mentre noi ironizzavamo sulla probabile immediata comparsa di Belzebù stesso cui avremmo dovuto offrire un caffè ma pronti ad annientarlo con la bottiglia di acqua di Nepi che Carlo aveva preso (non dorme se prende il caffè il pomeriggio) come demonifugo e lenimento per la sua prostata. Il fatto di essere stata catalogata come indemoniata a motivo delle convinzioni della madre e del delirio della nonna non era la cosa peggiore che potesse capitare a Luana. Il peggio doveva succedere negli ultimi tre mesi quando la gestione è passata agli strizzacervelli. La madre abbattuta dal lutto della propria madre aveva gettato la spugna e Luana era stata inviata in una comunità terapeutica vicino Perugia. Questa comunità mette insieme matti, tossicodipendenti di tutti i tipi, internati sottoposti dal giudice a misure di sicurezza, barboni e ogni sorta di umanità sofferente e marginale. La gestione sotto la guida della chiesa locale è affidata ad ex ricoverati che si gettano con zelo e certezze assolute come solo gli ignoranti possono avere nel recupero delle anime in via di perdizione per ogni tipo di vizio. La filosofia di fondo è che tutto il male provenga dalla mancanza di regole, dal proprio egoismo e dall’orgoglio (lo stesso in definitiva che portò alla rivolta di Lucifero. Di conseguenza la terapia consiste essenzialmente nell’imposizione di regole e nella sistematica vessazione e umiliazione. Il paziente va domato, deve abbassare la cresta, riconoscere chi comanda. E’ chiaro che una tale impostazione si presta a tirare fuori il peggio da operatori già evidentemente disturbati per il loro passato se persino persone normali e oblative possono diventare aguzzini feroci come ha dimostrato l’esperimento di Zimbardo nel laboratorio di Stantford (riportato nel suo volume “the lucifer effect”). Se questo avviene spesso in queste sedicenti comunità terapeutiche riedizione privata e dunque meno controllata dei vecchi manicomi, la situazione di Perugia è particolarmente grave. Luana vive tre mesi di incubo. Maltrattamenti e umiliazioni di ogni genere, tanto chi crederebbe alle denunce di una povera matta? E’ costretta a riferire, sotto minaccia, al vescovo che si trova bene. Tutti gli ospiti non possono comunicare con l’esterno l’inferno, questo si, che stanno vivendo. Per la prima volta davvero Luana incontra il diavolo. La situazione se possibile peggiora ancora dopo una puntata delle iene che denuncia le violenze di cui è protagonista Don Lucio ora inquisito dalla magistratura. Lui viene immediatamente sostituito e i filmati delle iene scompaiono da internet. Ma il suo vice è un laico ex tossico che sentendosi accerchiato dalla magistratura si fa ancora più minaccioso. Questa mattina Luana lascia la comunità ma per avere la certezza che torni non le permettono di portar via le sue cose e non restituiscono i documenti. Mi impegno formalmente con lei che non tornerà mai più in quel luogo di sevizie. Si sta facendo tardi e l’ultima parte del colloquio è dedicata al futuro. Luana chiede solo di dormire e insieme concordiamo che i farmaci non basteranno. Sarà necessaria anche una vita migliore e lei esprime il desiderio di allontanarsi da Rieti e di studiare scienze infermieristiche o imparare un lavoro più pratico legato al mondo dell’estetica. Ricompare Suor Simona che ci racconta come avesse pensato di trovare una sistemazione per Luana e la madre a Passo Corese in modo che Anna potesse facilmente raggiungere il suo lavoro a Rieti e Luana con il treno rapidamente Roma che offre tutte le possibilità di studio e di lavoro per costruire la sua esistenza lontana da strizzacervelli e scaccia diavoli. Suor Simona riferisce che la madre è contraria a lasciare Rieti e concordiamo per una serie di incontri a tre in cui affrontare il problema. Luana aggiunge una richiesta che denota ulteriormente il suo buonsenso. Vorrebbe anche fare una psicoterapia per rimettersi in carreggiata. Se tutto finisse qui sarebbe stato un pomeriggio utile e perfetto ma c’è ancora una incombenza. La preghiera o il cosiddetto esorcismo che deve tenersi a Capena nella parrocchia di Don Gilberto, padre amoroso e comprensivo per i suoi fedeli di giorno e implacabile cacciatore di demoni dopo il crepuscolo. Luana esprime chiaramente il suo desiderio di soprassedere almeno per oggi. E’ stata una giornata impegnativa. Sveglia nella comunità, poi la fuga poi tre ore con gli strizzacervelli le sembra di aver dato abbastanza. Ma la macchina è già in moto. Noi non ci opponiamo decisamente per non entrare in conflitto con l’ambiente che per il momento accoglie Luana e che ci vedrebbe perdenti e bollati come presuntuosi materialisti e forse persino un tantino in odore di zolfo (meglio non rischiare). Forse anche perché siamo curiosi di vedere l’epifania del soprannaturale, non vogliamo perderci lo spettacolo e per questo ci sentiremo in colpa a non aver agito. 

Non avrei voluto vedere il medioevo contemporaneo 

Una lunga processione di auto si incammina verso Capena. In una Luana e Gilberto. In un’altra tre suore. Nell’ultima Carlo ed io finalmente liberi di confrontarci e concordare su un disturbo ossessivo come causa dell’insonnia su un disturbo istrionico di personalità. La strada è lunga e tutta curve ed io avverto nausea ma Carlo non vuole farmi scendere per farmi vomitare certo che sarebbe verde. Nei gelidi locali di Capena troviamo ad aspettarci altre quattro persone. Frate Gabrielle giovane esorcista che sembra uscito da un volume di Dan Brown con il suo saio elegante e severo e gi avambracci protetti da una guaina di pesante cuoio fermata con delle fibbie in metallo per proteggersi da morsi e graffi. Mario, un ex ammiraglio vedovo che porta il suo contributo immobilizzando con i suoi 90 kg. il corpo dove ha trovato dimora il maligno. Livio un sacrestano sessantenne con l’aria annoiata di chi è costretto agli straordinari rimandando la cena che prepara gli strumenti per il rito: un materassaccio a molle, gettato in terra, cuscini per la testa di Luana e cuscini per coloro che vi si getteranno addosso, l’aspersorio con l’acqua santa che inonderà Luana ma raggiungerà tutti per maggior sicurezza, il libro con il testo del rito, rotoli di scottex per pulire la bava e gli sputi che sono attesi. Luana si siede al centro del materasso con intorno nove persone adulte di cui 6 uomini , mi guarda e dice “ora sono davvero al centro dell’attenzione”. Nel frattempo è sopraggiunta la madre che non vede da tre mesi, si salutano ma la madre la sollecita a non perdere tempo. Si accovaccia al suo fianco e la avvolge in un abbraccio che mi mette i brividi. Mi ricorda quello di una madre in visita al figlio adolescente ricoverato. Ogni volta gli portava dei peluche e poi teneramente lo abbracciava nel letto e lo masturbava per soddisfare i suoi bisogni adolescenziali. Ho sempre pensato che fosse un abbraccio mortale come in effetti fu. Quel giovane si fracassò la testa contro il muro nonostante il caschetto che i medici gli avevano imposto. Dall’abbraccio con la madre Luana è riemersa diversa. Sguardo nel vuoto, inespressiva, direi rassegnata e pronta a recitare la sua parte. Poi è accaduto quanto tutti si aspettavano che accadesse. Uno spettacolo di estrema violenza ancor più inquietante in quanto fatto da soggetti certamente a fin di bene e volto esplicitamente al benessere della vittima. Del resto qualche secolo addietro ci sarebbe stato, sempre a fin di bene, il rogo. Tutti i maschi presenti, perfino Carlo viene precettato e mi guarda implorante perché impedisca il suo utilizzo nel ruolo di peso morto, si gettano su Luana per immobilizzarla. Se mi immobilizzano a me sta la parte di chi si divincola e Luana non delude le aspettative. Scalcia, urla con voce rauca. In perfetta sincronicità con Don Gilberto le sue imprecazioni diventano più forti quando lui affronta in passaggi più enfatici con voce più stentorea e mostra un accanimento maggiore con gli schizzi dell’aspersorio. Si vede che hanno provato altre volte. Comunque la qualità della rappresentazione resta dilettantesca e qualsiasi attore amatoriale farebbe di meglio. Le pie donne (madre e suore) si affaccendano in preghiere di sottofondo e asciugano il volto di Luana madido di sudore e di acqua santa. Il gelo dell’ambiente non si è ancora stemperato e mi accorgo di un clono spastico alla mia gamba sinistra (la guardo preoccupato e mi ricordo che se anche non lo controllo è solo una questione neurologica). Lo blocco immediatamente poggiandovi sopra la destra perché temo di finire anch’io sul materasso. Don Gilberto mi si avvicina e mi fa notare gli sputi di Luana come prova incontrovertibile della presenza del demonio, gli ribatto che se uno è immobilizzato quella è l’unica forma di reazione possibile ad un aggressione. Mi chiede se fermarsi con questa che è la forma breve o proseguire con l’esorcismo completo che durerebbe almeno altre due ore. I postumi della mia malattia e la famiglia in preoccupata attesa sono una scusa sufficiente per scegliere la versione breve e porre fine alla tortura. Appena data la benedizione finale tutti si abbracciano provati e soddisfatti del lavoro compiuto. Io mi rivolgo a Luana con voce normale e le dico “rimettiti i calzettoni che con tutto questo casino ti si sono sfilati e fa freddo”. Si tira su i calzettoni e infila le scarpe poi chiede di rivederci e ci scambiamo i cellulari per un futuro appuntamento anche con mamma Anna. Durante il parapiglia tra le forze del male e del bene non ho assistito a nessun fenomeno soprannaturale ( a meno che non si voglia considerare tale il fatto che Luana abbia un paio di volte mandato tutti a fare in culo e invocato Satana tre volte, due lucifero e abbia dichiarato di essere il diavolo) e nemmeno paranormale ma semplicemente ad una crisi isterica di entità e qualità piuttosto mediocre.

Insomma non posso escludere l’esistenza del demonio mentre sono certo di quella del male che ho visto spesso dentro di me e negli altri. Quello di cui sono certo è che se il maligno esiste l’altro giorno non si è scomodato a venirci a trovare 

P.S: La contraddizione tra l’osservazione di persone colte e non facilmente suggestionabili come il vescovo e suor Simona che accreditano la presenza del demonio e l’ipotesi esclusivamente psichiatrica sostenuta dagli psicologi potrebbe spiegarsi supponendo che lo stesso estensore della presente relazione sia proprio…….. 

Roberto lorenzini 29 gen 2012 

 

Infine riporto alcune note sul fenomeno dell’esorcismo scritte alcuni mesi fa in relazione alla richiesta del vescovo di ragionare su questo fenomeno: 

Esorcismo 
Scrivo alcune osservazioni sul fenomeno dell’esorcismo partendo però da cinque premesse indispensabili. 

Scrivo alcune osservazioni sul fenomeno dell’esorcismo partendo però da cinque premesse indispensabili. 
1. L’interesse per il fenomeno è dovuto semplicemente alla richiesta di Romano di darci un’occhiata e, conseguentemente, dall’aver incontrato in Don Gilberto e Don Gabriele due persone serie, intelligenti e disponibili al confronto. 
2. Se fossi uno studioso serio prima di dire una sola parola e ancor più di scriverla mi andrei a leggere tutta la bibliografia in proposito che credo copiosa. Ma non lo sono e comunque preferisco prima fermare le mie impressioni per evitare di farmi influenzare da quanto già detto da altri, salvo leggerli dopo. 
3. La mia esperienza è molto modesta perché ho letto un resoconto su una giovane e ne ho vista un’altra (ragazzina di 16 anni) parlandoci per poco tempo. 
4. Non è mio compito valutare l’effettiva presenza del Maligno. Mi limito a fare lo psichiatra ed a cercare spiegazioni in tal senso (potremmo dirle maligno free) di quello che ho visto o mi è stato raccontato. 
5. Concluderò dando una serie di suggerimenti banali . 

Si tratta di persone che per età e condizione hanno una spiccata tendenza alla suggestionabilità. 
Vivono in un contesto familiare conflittuale in cui si fronteggiano, nel presente ma anche attraverso le generazioni, due anime: una profondamente religiosa di una religiosità piuttosto magica che chiameremo A, e un’altra assolutamente atea e caricaturalmente avversa alla chiesa ( modello:mangiapreti) che chiameremo B. Il conflitto tra queste due anime ha probabilmente altre e più profonde radici che non la divisione sul problema della fede, ma su questo terreno si esplicita.. 
Il soggetto soffre di questa situazione conflittuale presentando sintomi più o meno intensi di ansia. 
Tali sintomi sono interpretati da A come segno di possessione e ne viene attribuita la colpa all’ateismo di B. B interpreta questi sintomi come prova dell’influenza negativa di A che ha suggestionato il soggetto. A e B possono continuare ad agire il loro conflitto attribuendosi reciprocamente la colpa della sofferenza del soggetto. 
Il soggetto nella sua posizione di posseduto mantiene appartenenza a entrambe le fazioni. Se è posseduto è ad un tempo di Dio e del diavolo. Tutto ciò che fa ed è contrario ad A non dipende da lui ma dal maligno. 
Si aggiunga che i sintomi d’ansia iniziali vengono moltiplicati enormemente dalla credenza di essere posseduti dal demonio e quindi si entra in un circolo vizioso di auto mantenimento: più pensi di essere indemoniato e più ti agiti…. e più ti agiti e più sei indemoniato. 
Al di là di questo schemino generale credo che in alcuni casi (come quello visto da me) ci sia una vera e propria “follia a due” in cui il soggetto veramente matto o posseduto (a piacere) non è il soggetto ma una sua figura parentale che ha forte influenza su di lui. 
Suggerimenti: 
prima di qualsiasi intervento che automaticamente innesca il circolo di mantenimento raccogliere una accurata anamnesi o storia di vita individuale e familiare. Conoscere a fondo prima di fare alcunché, perché il fare modifica definitivamente il quadro. 
Cercare di immaginare esperimenti cruciali che eliminano il fattore suggestione (ostia non consacrata, acqua non benedetta ecc.) 
Garantirsi da possibili reazioni di B che potrebbero agire legalmente per abuso di professione medica pur di continuare ad agire il conflitto con A 


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